domenica 27 settembre 2009

Come stipare un armadio in un mini-trolley


Cobbler di pere alla cannella, inserito originariamente da la tartina.

L'esaltazione della partenza, le aspettative di un viaggio - o di un trasloco, o di un trasferimento, o di una gita campestre, il brivido di intraprendere una nuova esperienza che potrebbe essere rivelatrice e/o illuminante, sono frenati sempre da un particolare non trascurabile e neanche di poco conto: la valigia (sacca, borsa, zaino che sia). Soprattutto per noi donne, ridursi a portare l'essenziale, è più traumatico di un salto nel vuoto; e non funziona come nei film, in cui basta sedersi sopra la valigia e questa clack, si chiude autonomamente. No, nella realtà mutande, reggiseni, magliette, scarpe e trousse, non vogliono proprio trovare un ordine logico all'interno della valigia, ma si distribuiscono in malo modo e caoticamente: solitamente il deodorante si apre, il fard si rompe e i vestiti diventano tutta una piega. Poi c'è sempre il timore di aver dimenticato qualcosa, e sorge proprio nel momento in cui siamo riusciti a stipare il nostro armadio nel trolley, chiudendolo a fatica. Allora si riapre, e si va alla disperata ricerca della cosa che ci era venuta in mente, la quale giaceva innocente tra i 20 pacchetti di fazzoletti e le pantofole da camera. Quando ci si appresta a fare un viaggio che implichi prendere un aeroplano, la mia paura più grande è quella che la mia valigia vada persa. Tutti i miei vestiti, i miei accessori, le mie cose! Non hanno solamente un valore economico, ma anche affettivo e simbolico. Cadrei nella disperazione più totale, anche se sento che succede di frequente. Per esempio, è successo anche a Lindsay Lohan, ma credo che per lei non sia stato poi un grande problema perdere la sua Louis Vuitton, e neanche ricomprare tutto ciò che vi era dentro. A me getterebbe nello sconforto, invece: probabilmente resterei lì a fissare il nastro trasportatore con infinita angoscia finché la security non mi porterebbe via. Comunque sia, stasera non dovrò prendere un aereo, bensì un treno. Tralasciando gli enormi disagi che anch'esso può provocare, almeno sono sicura che la mia valigia da un quintale e mezzo sarà sempre con me. Ecco, la valigia. Siamo alla questione principale: vestiti ordinatamente ripiegati, scarpe imbustate e cibi impacchettati giacciono sul mio letto placidi e tranquilli. Credo sia giunto il momento di cercare di infilarli in valigia, oppure potrei anche decidere, quando sarò a Firenze fino a venerdì, di indossare gli stessi abiti di oggi. Sarei trasgressiva, anticonvenzionale e menefreghista. Ma anche no.

Oggi si viaggia anche in cucina con la ricetta di un dolce squisito, proveniente dall'ultimo numero di Sale&Pepe, la cui ricetta ha origini texane.
Ci leggiamo/scriviamo venerdì ;)


Cobbler di pere alla cannella

Il cobbler è una sorta di crostata in versione soffice, dove alla frolla si sostituisce un impasto lievitato ed ammorbidito dal latte. In Texas si prepara con frutti succosi, come pere o pesche, e un po' di cannella per profumare. È la tipica merenda dei bambini, spesso servita con panna o gelato. Perché il dessert abbia un aspetto scenoografico, adagiate le pere sull'impasto con delicatezza, altrimenti durante la cottura affondano fino a scomparire.


Ingredienti:

250 g farina 00
160 g zucchero
200 g burro (io l'ho diminuito, portandolo a 150 g)
4 dl late
6 pere William
un limone
un cucchiaino di cannella in polvere
10 g lievito vanigliato

Procedimento:

Sbucciare le pere, eliminare il torsolo, ridurre ognuna in 6 spicchi e bagnarle con il succo del limone per evitare che anneriscano. Setacciare la farina e il lievito in una ciotola capiente e aggiungere 120 g di zucchero. Unire quindi 120 g di burro (io 100) molto morbido e lavorare il tutto con la punta delle dita in modo da ottenere un composto di briciole. Incorporare il latte, poco alla volta, mescolando con un cucchiaio di legno finché l'impasto sarà morbido ed omogeneo. Mettere il burro rimasto (io 50 g) in uno stampo di 20x24 cm di lato e passarlo in forno caldo a 180° finché si sarà sciolto. Afferrare lo stampo con una presina e inclinarlo in modo che il burro ne ricopra bene il fondo e le pareti. Versare subito l'impasto nello stampo e allinearvi sopra le pere. Mescolare lo zucchero rimasto con la cannella, distribuirlo sulla frutta e cuocere il cobbler in forno caldo a 180° per 45 minuti. Servire a piacere tiepido o freddo.

venerdì 25 settembre 2009

Passion for obsession


Sfoglie di pasta alla ricotta, inserito originariamente da la tartina.

Senza sfociare necessariamente in una malattia ossessivo-compulsiva, è facile notare che ognuno di noi, anche il meno superstizioso, anche il più controllato, ha delle piccole manie, ossessioni, atteggiamenti ricorrenti e abitudinari che costituiscono una sorta di rituale, o uno stato d'animo non chiaramente espresso. Se le ossessioni nascono dal bisogno di ridurre l'ansia di chi le pratica, trascorso un po' di tempo, il rituale diventa un fenomeno indipendente, che va avanti solamente perché ormai è un'abitudine e trasgredirlo sarebbe come tradire il fidanzato o un'amica. Ovviamente, in alcuni casi, le manie si trasformano in un vero e proprio disturbo patologico e psicologico, ma questo - per fortuna, non accade sempre. Piccole manie vengono conservate e custodite gelosamente da ognuno di noi senza farle sfociare in qualcosa di più grave. Io devo ammettere di avere avuto un bel po' di manie. All'età di 9 anni avevo il costante bisogno di lavarmi continuamente le mani, qualunque cosa facessi: sto leggendo proprio adesso che chi lo fa è perché si sente "sporco dentro", e ha bisogno di pulirsi in qualche modo l'anima, oppure per evitare il contatto col mondo esterno che sentiamo pericoloso ed estraneo. Tranquilli, non facevo parte di nessuna baby-gang, né ero una bambina particolarmente bugiarda, forse era semplicemente un'ossessione verso la pulizia e la perfezione presente in potenziale dentro di me. C'è stata anche la fase in cui, quando mi trovavo a dover stare ferma e in piedi, magari parlando con qualcuno, mi mettevo ad oscillare le braccia avanti e indietro, alternativamente; è durata un'estate circa. Quando ho iniziato a trascorrere la maggior parte del tempo sui libri, con intervalli poco frequenti alla televisione, i miei poveri occhi stanchi e miopi si sono ribellati, ed è iniziata la fase dello "strabuzzamento della pupilla", portandomi ad avere occhi più grandi di quanto già non lo siano. Mia mamma aveva paura mi rimanesse come tic nervoso, era abbastanza inquietante e aveva un che di psicotico; per fortuna si è esautorato nel giro di pochi mesi. Per esempio però, non sono mai ceduta all'ossessione di mangiarmi le unghie, atteggiamento invece molto frequente, soprattutto tra le mie amiche: rivela un certo nervosismo della persona che lo mette in atto, che può derivare dalle situazioni più disparate; è più frequente nelle donne che negli uomini; indica il bisogno di sfogare una certa aggressività verso se stessi piuttosto che verso il mondo esterno. C'è chi si attorciglia continuamente i capelli (tricotillomania), chi controlla ogni volta prima di uscire se ha chiuso il gas, chi va continuamente al bagno anche senza averne veramente bisogno, chi alza le sopracciglia, chi, di fronte ad un foglio bianco, non sa resistere alla tentazione di scarabocchiarci su, chi tende a mettere in ordine sempre con lo stesso sistema (ordine alfabetico, ordine di altezza...) Giorni fa Maya del blog L'ape felice ha chiesto a noi foodbloggers di rivelarle le manie che ci sono rimaste, quelle buone e innocue che ci contraddistinguono; la curiosa domanda è capitata a fagiolo, stavo proprio pensando alle piccole ossessioni che mi sono rimaste. Per esempio, quando mia mamma tira una sfoglia di pasta fresca, o io stessa lo faccio, non riesco dal trattenermi dall'assaggiarla così, cruda. Anche i tortellini o i ravioli, crudi mi fanno impazzire (da piccola riuscivo a sgranocchiare pure la pasta di semola in busta, poi il mio babbo mi spiegò di quanto fosse nocivo per i miei denti, quindi smisi). Quando cammino su un lastricato di pietra, ripropongo un gioco che facevo da piccola: cercare di non toccare le linee di congiunzione tra una pietra ed un'altra, altrimenti sfiga. Di fronte ad un biscotto farcito, lecco prima il ripieno, poi passo ai due gusci di biscotto. Mi sono accorta anche che, quando parlo di fronte a qualcuno seduta ad un tavolino, cerco qualcosa con cui giocherellare, preferendo solitamente le bustine di zucchero, o i tappi delle bottigliette appena aperte. Quando accedo a Internet, prima di fare qualsiasi altra cosa, clicco su ogni sito appartenente alla mia cartella Preferiti. Ogni sera mi piace apparecchiare per la colazione del giorno dopo e pensare a come posso vestirmi, questo forse più per manie di organizzazione e per evitare perdite di tempo inutili. Ok, forse ho seriamente bisogno di uno psicologo. Uno bravo, eh.

Oggi la ricetta di un piatto che mi mangerei volentieri anche crudo (leggere su per evitare incomprensioni).


Sfoglie di pasta alla ricotta e salvia

Ingredienti:

per la pasta: (5 persone)

4 uova
1 cucchiaio di olio di oliva
farina q.b. (più o meno 400-500 etti)

per il condimento:

400 g ricotta fresca
un mazzetto di salvia
burro
olio extravergine di oliva
sale
parmigiano reggiano

Procedimento:

per le sfoglie:

In una terrina, porre la farina a fontana, poi sbattere dentro a questa le uova e l'olio. Lavorare l'impasto finché diventa omogeneo ed elastico (aggiungere della farina, se necessario). Formare con esso 4 sferette, e lasciarle riposare per una mezz'ora. Trascorso questo tempo, riprenderle, disporle sulla spianatoia infarinata e, con il mattarello, tirare delle sfoglie rettangolari, molto allungate e abbastanza sottili. Con un coltello dalla lama infarinata, tagliare dei rettangoli di sfoglia, delle dimensioni di 15x8 cm.
Lessare le sfoglie in una pentola di acqua bollente precedentemente salata, scolandole non appena vengono a galla e ponendole su un panno ad asciugare per poco tempo. Conservare un po' di acqua di cottura della pasta.

In una padellina antiaderente, far sciogliere un po' di burro con qualche cucchiaio di olio e la salvia, quindi ungere la teglia con questa miscela. Porre quindi il primo strato di sfoglie. Preparare la crema di ricotta, stemperandola con poca acqua di cottura della pasta e condendola col composto di burro, olio e salvia. Stendere uno strato di crema, quindi porvi sopra un altro strato di sfoglia, procedendo fino ad esaurimento. Si possono conservare in frigorifero per un giorno.

Al momento del consumo, porre qualche attimo in forno a riscaldare, quindi aggiungere dell'abbondante parmigiano reggiano grattugiato.

lunedì 21 settembre 2009

Di gusci e di ripieni - Tartellette au citron meringuée


Tartellette au citron meringuée, inserito originariamente da la tartina.

Oscar Wilde, insieme a Woody Allen e a Coco Chanel, è uno dei miei guru per eccellenza delle citazioni. In quei brevi aforismi, in quelle piccole frasi d'impatto, si può capire come lo scrittore irlandese fosse certamente un passo avanti rispetto agli altri e avesse compreso aspetti della vita che molti ancora, sebbene giunti al capolinea, ignorano. Oggi mi sono imbattuta in un aforisma, frutto delle sue riflessioni, di cui non ero a conoscenza (non il solito So resistere a tutto, tranne che alle tentazioni oppure Al mondo non esistono persone buone e persone cattive: le persone o sono interessanti o sono noiose, nonostante siano tra i più interessanti): Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze. In un periodo come quello in cui viviamo in cui il superficiale è proprio colui che giudica esclusivamente dalle apparenze, può suonare un po' strana, eccessivamente provocatoria. In realtà, ha il suo perché. Senza prenderci tanto in giro, confessiamo che, la prima cosa che ci colpisce di ciò che vediamo, sono le apparenze, il guscio esteriore. Se non ci fosse l'apparenza avremmo certamente difficoltà a trovare la voglia di conoscere una determinata persona o cosa. Che poi i gusti sono soggettivi, anche questo è vero: io potrei essere interessata a conoscere un ragazzo perché mi attrae esteriormente, mentre la mia amica potrebbe affermare di non voler avere contatti con lui neanche fosse l'ultimo maschio della specie umana; ma questo è un altro discorso. Trovo davvero squallido chi si ostina ad affermare di non essere minimamente toccato dall'aspetto esteriore di una persona, quei benpensanti che fanno finta di voler conoscere a fondo una persona prima di darle un giudizio. Anche senza volerlo, non appena vediamo qualcuno/qualcosa, siamo portati ad elaborare una nostra idea personale: una volta lessi in un giornale che il giudizio che ci facciamo di una persona nel primo minuto in cui la vediamo, condiziona il nostro parere su di lei anche quando riusciamo a conoscerla più approfonditamente. Il primo impatto esiste per tutti, sia quando incontriamo una persona che non conoscevamo, sia quando sperimentiamo qualcosa che non avevamo mai provato prima. Ovviamente è anche vero che, molte volte, l'apparenza inganna: il trucco sta infatti dal non lasciarsi condizionare dalla prima impressione per sempre, giudicando solamente quando si è più consapevoli della persona/cosa che ci troviamo davanti. Mente e corpo lavorano in sintonia, molte volte sono proprio alcuni atteggiamenti e modi di fare che ci suggeriscono qualcosa che le parole invece ci vogliono nascondere, e a quel punto il famoso sesto senso diventa fondamentale, ed è necessario fidarsi del nostro istinto. Wilde ha sicuramente esagerato con tale affermazione, ma bisogna ricordare che fu uno dei primi dandy, un cultore dell'Estetica e che, spesso e volentieri, i suoi aforismi avevano lo scopo proprio di creare scalpore all'interno di quella società così vuota da cui lui voleva tirarsi fuori. Anche questa volta, nell'apparente superficialità di questa frase, c'è una ben più profonda verità. La persona cosiddetta profonda è infatti colei che non si lascia condizionare dalle apparenze, ma neanche solamente da quello che sta sotto di esse. È colei che non si ferma ad una conoscenza parziale, ma che tiene conto di ogni aspetto, interiore o esteriore che sia.

Oggi vi propongo la ricetta "miniaturizzata" della famosa tarte au citron meringuée, caposaldo della pasticceria francese. L'asprezza della crema al limone contrasta con la dolcezza delle meringhe, il tutto rivestito da un guscio di pasta frolla: e stavolta, l'apparenza non inganna, potete starne certi.


Tartellette au citron meringuée

Ingredienti: per 10/12 tartellette (dipende dalla dimensione degli stampini)

per la pasta frolla:

300 g farina 00
150 g burro
100 g zucchero
2 tuorli
scorza di un limone
un cucchiaino di lievito

per la crema al limone:

200 g zucchero
70 g farina
3 limoni
3 tuorli d'uovo
500 ml acqua
50 g burro

per la meringa:

3 albumi
100 g zucchero a velo

Procedimento:

Per la pasta frolla: Tagliare a pezzi non troppo piccoli in una ciotola il burro, precedentemente messo a temperatura ambiente (per almeno 20 minuti). Unire vanillina e zucchero e strizzare velocemente il composto con le mani, finché burro e zucchero si saranno ben amalgamati tra loro. Aprire l'uovo nel composto, e lavorarlo grossolanamente servendosi di una frusta a mano. Aprire la farina a fontana sulla spianatoia, e versare all'interno il composto. Compattare con le mani molto velocemente, in modo che il burro non si scaldi. Formare una palla e porla in frigorifero per almeno 2-3 ore.

Per la crema: Lavorare i tuorli d'uovo con lo zucchero. Aggiungere 70 g di farina setacciata e il succo dei 3 limoni filtrato. Unire infine l'acqua fatta bollire insieme al burro. Porre il tutto sul fuoco per 10 minuti, girando la crema continuamente con un mestolo di legno.

Prelevare la pasta frolla dal frigorifero e rivestire con essa gli stampini, precedentemente imburrati ed infarinati. Con una forchetta, bucherellare la superficie dei gusci di pasta frolla, quindi porre nel forno già caldo a 175° per 20-25 minuti circa, la pasta dovrà risultare leggermente dorata. Quando le crostatine si saranno raffreddate, versare la crema al limone, ed infornare a 150° per 10 minuti circa.

Per la meringa: Montare gli albumi a neve ferma, aggiungendo lo zucchero mano a mano solamente quando avranno iniziato a solidificarsi.

Prelevare le crostatine dal forno e farle intiepidire. Quindi, servendosi di un sac-à-poche, disporre sulla superficie delle nuvolette di meringa. Infornare di nuovo a 100° per 40 minuti circa, facendo attenzione a non scurire le punte della meringa.
Lasciar raffreddare completamente prima di servire e conservare in frigo (se poste in frigo anche prima di essere consumate, sono più buone).

giovedì 17 settembre 2009

Seconda stella a destra


Pasta al pesto di pistacchi, inserito originariamente da la tartina.

Da bambina, se da un lato ero fortemente attratta dalle conversazioni sulla politica ed economia mondiale, dal fatto di poter guidare un'automobile, dai tacchi e dai trucchi, da un altro non avevo la minima voglia di crescere e diventare adulta. Mille domande si affollavano nella mia mente, tra cui: com'è possibile che da grandi non si abbia più voglia di giocare con le Barbie? E perché preferire un film ad un bel cartone animato targato Disney? E ancora perché accantonare due fette di pane con la Nutella, optando per una mela o - peggio ancora, per nessuna merenda? Semplicemente, è chiaro che non avevo voglia di crescere perché avevo paura di perdere una cosa a me preziosa, l'immaginazione (e la meravigliosa caratteristica di poter ingurgitare grassi e merendine senza preoccuparmene tanto). Io capivo cosa provava Peter Pan quando, pur avendo trovato una famiglia che lo accogliesse e una Wendy che lo amasse, aveva preferito rimanere sull'Isola Che Non C'è, insieme a quel balordo di Capitan Uncino e al coccodrillo con la sveglia incorporata. Avevo il terrore di poter perdere quella trascinante fantasia che riusciva a farmi giocare anche solamente con due bastoncini, a realizzare oggetti e pupazzi con carta e pennarelli, ad improvvisarmi barista o infermiera o veterinaria (poveri i miei pupazzi!). Mi sembrava inconcepibile smettere di giocare, di dormire dopo pranzo, di guardare La Bella e la Bestia più volte senza annoiarmi. L'immaginazione è, in effetti, una caratteristica propria dei bambini, che molti grandi purtroppo perdono. Quello che però non avevo compreso, è che l'immaginazione non muore, ma si evolve, cambia forma e dinamiche. Io posso dire di averne conservata tanta, i cosiddetti sogni a d occhi aperti o film mentali sono per me indispensabili, quando la realtà ci è scomoda, e ci vogliamo rifugiare in qualche nostra aspettativa o sogno o desiderio. La fantasia e la creatività sono due aspetti che mai e poi mai dovremmo permetterci di perdere! Per esempio, entrano in gioco quando mi immagino i personaggi di un libro. Molte volte i film tratti dagli stessi libri deludono, perché disintegrano l'idea che ci eravamo fatti di determinate situazioni e soggetti in malo modo (Draco Malfoy doveva essere un figaccione, Lisbeth Salander doveva essere più giovane e minuta). Per questo motivo sono curiosa di vedere una foto anche di voi foodbloggers che seguo quotidianamente: io vi immagino in base alle informazioni che reperisco dai vostri commenti, dai vostri blog, dalle vostre foto e ricette. Interessante è poi verificare se le mie ipotesi e supposizioni erano esatte! Per la cronaca, siete tutte un po' delle Bree Van de Kamp, con tanto di capelli all'insù e teglia di muffins appena sfornati in mano.


Pasta al pesto di pistacchi

Ingredienti:

200 g pistacchi non salati sgusciati
un mazzetto di basilico
olio extravergine di oliva
sale
parmigiano reggiano

Procedimento:

Porre nel mixer i pistacchi,un pizzico di sale ed un cucchiaio di olio, quindi tritare il tutto, aggiungendo mano a mano altro olio, fino ad ottenere un composto granuloso, cremoso ed omogeneo. Lessare la pasta e, dopo averla scolata, farla saltare in padella insieme al pesto e a del parmigiano reggiano grattugiato.

martedì 15 settembre 2009

1, 2, 3... surprise! - Totani ripieni


Totani ripieni, inserito originariamente da la tartina.

Nel linguaggio virtuale delle emoticons la faccina :-O corrisponde ad un'espressione shockata, allibita, sorpresa. Non importa che la sorpresa sia bella o brutta: la reazione è la medesima in entrambi i casi, occhi sbarrati e bocca semiaperta, come se si fosse stati sottoposti ad una lobotomia. Una sorpresa, infatti, rappresenta qualcosa che non ci saremmo mai e poi mai aspettati, un qualcosa di imprevedibile che non avremmo mai messo in conto. Per esempio, una festa di compleanno a sorpresa. Se poi il festeggiato avesse preferito passare una tranquilla serata in famiglia o con gli amici più intimi, questa è un'altra storia: poi sarà costretto a conversare amabilmente con tutti e a mangiare il millefoglie farcito di panna e crema scansando palloncini facendo finta di essere felicissimo del party a lui dedicato; tuttavia non potrà non ammettere di essere stato sorpreso, che lui proprio non se lo aspettava. O ancora, ci meravigliamo quando veniamo a conoscenza di una notizia shock, come che i vicini, quella coppia così tranquilla ed educata, pratica scambismo con tanto di accessori bondage. Prendiamo ancora lo scartare un regalo, o semplicemente un uovo di Pasqua: mentre le nostre mani avide di sapere scartano convulsamente la carta del pacco o del guscio di cioccolato (fondente al 70%), in noi cresce il desiderio che si tratti di qualcosa che volevamo avere (nel caso delle uova si può aspirare al massimo ad un braccialetto di plastica laccata, se è di qualità). Il momento in cui capiamo di che cosa si celava sotto il rivestimento è proprio quello che corrisponde all'attimo in cui veniamo sorpresi. Molte volte, quindi, prima della sorpresa, vi è un attimo di speranza, in cui appunto speriamo che la sorpresa che ci aspetta sia di quelle buone. A questo proposito, credo proprio che le sorprese migliori siano quelle buone, che pensavamo invece pessime. Cioè quando accade il contrario di quello che pensavamo, e quando quello che pensavamo corrispondeva ad una realtà scomoda ed infelice, non all'altezza delle nostre aspettative. A questo punto, dopo tutto il mio sproloquio, immaginatevi la faccia della vostra tartina quando ieri pomeriggio, dopo mezz'ora di "Errore caricamento pagina" con tanto di imprecazioni varie, è riuscita ad accedere alla pagina del MIUR e a venire a conoscenza di essere stata ammessa all'Università di Medicina e Chirurgia di Firenze. Ha lanciato un urlo di gioia, decisamente una bella sorpresa.

Per festeggiare, totani a sorpresa (apparentemente innocui, nascondono un ricco ripieno). Ricetta elaborata, ma decisamente soddisfacente, tratta dal Sale&Pepe di agosto.


Totani ripieni

Ingredienti: per 4 persone

800 g totani puliti ma non spellati
uno spicchio d'aglio
una piccola cipolla
una costola di sedano
una carotina
la mollica di un panino piccolo
poco latte
un uovo
50 g mortadella di Bologna
80 g foglie di bietola (o altra erba di stagione)
40 g parmigiano reggiano grattugiato
un mazzetto di maggiorana (io l'ho omesso)
un rametto di rosmarino
vino bianco secco
400 g polpa di pomodoro
olio extravergine d'oliva
sale, pepe

Procedimento:

Lavare e asciugare i totani, staccare i tentacoli dalle sacche e tritarne metà; far soffriggere in una padella lo spicchio d'aglio tritato con 2 cucchiai di olio, aggiungere il trito di tentacoli, cuocere a fuoco basso 2-3 minuti e sfumare con mezzo bicchiere di vino.
Trasferire i tentacoli cotti in una ciotola, unire la mortadella sminuzzata, il parmigiano, la mollica di pane bagnata nel latte, strizzata e spezzettata e l'uovo leggermente sbattuto. Profumare con le foglioline di maggiorana, mescolare bene e regolare di sale e pepe.
Portare ad ebollizione in una casseruola 2 dita di acqua leggermente salata, tuffarvi le foglie di bietola e appena si saranno ammorbidite (bastano 3-4 minuti) scolarle con un mestolo forato. Passarle sotto l'acqua fredda, strizzarle, tritarle e mescolarle al ripieno.
Prelevare il ripieno con un cucchiaino da tè e farcire le sacche dei totani spingendolo bene fino in fondo: riempire poco più della metà, poi chiudere fissandole con un paio di robusti stecchini.
Tritare la cipolla, la carota, il sedano e le foglie di rosmarino: far soffriggere il trito in una padella (o in un tegame di coccio) con 4 cucchiai di olio, unire i totani farciti e farli rosolare da tutte le parti girandoli delicatamente con un cucchiaio di legno.
Aggiungere i tentacoli interi rimasti, sfumare con un bicchiere di vino e lasciarlo evaporare; unire la polpa di pomodoro, salare, pepare e continuare la cottura a fuoco basso per 30-35 minuti, bagnando, se il sugo si asciuga troppo, con poca acqua calda.
Per servire i totani come piatto unico, aggiungere del riso basmati o selvaggio, oppure delle trenette, facendole saltare in padella dopo averle scolate al dente con circa un terzo del sugo dei totani.

sabato 12 settembre 2009

Socialnetworkevolution


Muffins al malto e noci, inserito originariamente da la tartina.

Bill gates creò MSN, ed era cosa buona e giusta. Invece delle solite chat da forum, in cui potevi essere contattata benissimo da un pervertito come da un parroco (o entrambe le cose contemporaneamente), da qual momento sceglievi i tuoi contatti, li aggiungevi e ci potevi parlare, inserendo oltretutto emozionanti faccine che descrivessero appieno il tuo stato d'animo. Ne diventai appassionata seguace, tanto da stare a chattare con gli amici anche a notte fonda, presentando poi delle terribili occhiaie al mattino. Poi il momento di gloria toccò a Tom Anderson e al suo Myspace, trovata geniale. Potevi uploadare fotografie, creare album, personalizzare il profilo, esprimerti e far vedere agli altri chi eri. Divenne il mezzo principale per gli artisti di diventare famosi: gli Arctic Monkeys devono il loro meritato successo a questo veicolo di musica e informazioni. Ovviamente avevo il mio profilo anche lì, curatissimo, seguiva l'evoluzione del mio stile. Nacque con uno sfondo nero e fuxia da vera punk-emo-girl, ha passato la fase minimalista con foto d'autore in bianco e nero, ora è pure minimalista, ma più colorato e originale, con tanto di citazioni e gif in movimento. Lentamente, a cavallo tra il 2007 e il 2008, Myspace è stato però abbandonato. Marck Zuckerberg ebbe la malaugurata, ma fortunatissima idea di aprire Facebook. E luce fu. La novità, rispetto a Myspace, era il non celarsi dietro un nickname, ma presentarsi col proprio nome e cognome. Condividere video, foto e musica, chattare in tempo reale con gli amici in linea, personalizzare lo status con aforismi fulminanti o idiozie improvvisate. Pensate forse che tartina si sia sottratta all'evoluzione dei social network più in voga? Giammai. Facebook è diventato di epiche proporzioni: ci puoi trovare la vicina di casa come il maestro che vi insegnava a contare alla scuola materna. Purtroppo non viene più utilizzato per il nobile scopo di ritrovare persone che hanno fatto parte della nostra vita e che non abbiamo più visto (che poi magari loro non avrebbero neanche voglia, di rivederci). Facebook adesso viene usato per perdere tempo, principalmente (con tutta quella miriade di giochi!), per farsi gli affari altrui (secondo me è questo il vero scopo per cui è nato, sembra di essere in un grande Grande Fratello virtuale!), per parlare con persone che dal vivo non ti guarderebbero neanche con la coda dell'occhio, tentando un qualunque approccio. Facebook, come ogni cosa, ha i suoi pro e i suoi contro: certo è che può essere anche un pericoloso strumento mettere in piazza le proprie informazioni, pensieri ed opinioni personali, tant'è che molte aziende non assumono lavoratori provvisti di Facebook. Tuttavia non va neanche completamente demonizzato: in questo modo ci si può tenere in contatto con i nostri amici ovunque essi si trovino, e volete mettere il risparmio che si ha utilizzando i messaggi privati piuttosto che gli sms? Inevitabilmente però, anche Facebook sta per essere scalzato via. Come si chiama il nuovo spettro? Twitter, un servizio on-line che ti permette di far sapere che cosa tu stia facendo in quel determinato momento. Sembra strano che un network così ridotto ai minimi termini possa vincere quel bestione di Facebook. Eppure ce la sta facendo, e io, neanche a dirlo, ho già anche lì il mio account (che per il momento giace inutilizzato, riservato al momento in cui Twitter prenderà ancora più campo e Faccialibro si svuoterà). Che si voglia oppure no, questo è il futuro.
ore 15:10 tartina sta postando una nuova ricetta


Muffins al malto e noci

Ingredienti:

250 g farina 00
160 g zucchero di canna
2 uova
un vasetto di yogurt al malto
10 g lievito per dolci
60 ml olio di semi
10 cl latte
60 g noci spezzettate

Procedimento:

Unire gli ingredienti secchi (farina, zucchero e lievito) da una parte e quelli umidi (uova sbattute, latte, olio e yogurt) da un'altra. Quindi versare gli ingredienti umidi in quelli secchi e mescolare grossolanamente, lasciando il composto abbastanza granuloso ed unendo solo alla fine i gherigli di noce precedentemente spezzettati. Porre mezzo gerighlio di noce intero sulla sommità di ogni dolcetto. Infornare a 180° per 20 minuti.

giovedì 10 settembre 2009

Maggioranza di risposte A


Tagliolini con zucchine e pinoli, inserito originariamente da la tartina.

Ogni giornale, rivista o fumetto che si rispetti, poco prima dell'oroscopo o poco dopo le parole crociate, dedica almeno due pagine ad un test. Che sia "Quale colore ti rappresenta di più?", o "Dimmi come muovi il mouse e ti dirò chi sei" o ancora "Sei più coccoloso-teneroso o più rude-cinghialone?", il test si rivela essere uno dei passatempi preferiti dei lettori. Armati di penna, segnano accuratamente le loro risposte, controllando poi febbrilmente cosa dice il profilo sulla loro personalità, futuro o stile di vita. Il lettore solo raramente si chiede come quattro domande da tre risposte ciascuna possano intuire il suo quoziente intellettivo o sapere cosa pensa la gente di lui senza neanche sapere chi sia; il più delle volte, il commento spontaneo che sorge quando si ripone la penna è "Però un po' ci ha preso!", non tenendo conto che il suo profilo si potrebbe adattare alla maggior parte degli italiani o, peggio ancora, alla maggior parte della popolazione mondiale. I test sono riduttivi, schematizzano eccessivamente le sfumature della personalità di ciascuno, incasellano le persone in false tipologie, soprattutto perché c'è chi ci crede veramente. Tuttavia non mi sto riferendo solamente ai test che si possono trovare su Novella 3000 o su Focus, la mia ira va piuttosto contro i fatidici test d'ammissione. Non ho niente contro le domande a risposta multipla o contro le crocette, ce l'ho piuttosto con le ingiustizie alle quali portano di conseguenza i test. Che si tratti di un posto di lavoro o di un posto all'università, la formula è sempre la stessa: il talento ha un ruolo quasi marginale, è più importante essere raccomandati o averla vinta se si tira ad indovinare (scarsa probabilità di riuscita, è vero, ma a volte funziona). Chi ha studiato e si è applicato, molte volte rimane fuori. La darwiniana legge del più forte purtroppo vige ancora, anzi c'è di peggio: ultimamente è stata sostituita dalla legge del più furbo, dove furbo non significa certo intelligente. Comunque sia, rimane il fatto che qualche test si rivela essere sicuramente un curioso passatempo. Per esempio al bagno.


Tagliolini alle zucchine e pinoli

Ingredienti:

per i tagliolini: (5 persone)

4 uova
1 cucchiaio di olio di oliva
farina q.b. (più o meno 400-500 etti)

per il condimento:

1 spicchio d'aglio
400 g zucchine
200 g pinoli
olio extravergine di oliva
parmigiano reggiano grattugiato
sale

Procedimento:

per i tagliolini:

In una terrina, porre la farina a fontana, poi sbattere dentro a questa le uova e l'olio. Lavorare l'impasto finché diventa omogeneo ed elastico (aggiungere della farina, se necessario). Formare con esso 4 sferette, e lasciarle riposare per una mezz'ora. Trascorso questo tempo, riprenderle, disporle sulla spianatoia infarinata e, con il mattarello, tirare delle sfoglie rettangolari, molto allungate e abbastanza sottili. Con un coltello dalla lama infarinata, tagliare delle striscine di pasta sottilissime.

per il condimento:

Lavare le zucchine, mondarle e farle a rondelle; tostare i pinoli. In una padella, far soffriggere l'aglio con dell'olio a fuoco basso, quindi togliere l'aglio ed aggiungere le zucchine, alzando la fiamma. Far cuocere con il coperchio per 7-8 minuti circa in modo da mantenerle croccanti, ricordandosi di girarle ogni tanto.

Lessare la pasta e, quando sarà venuta a galla, scolarla e gettarla nel condimento, aggiungendo i pinoli e il parmigiano grattugiato e facendola saltare per 2 minuti circa. Impiattare e, se si vuole, decorare con fiori di zucca fritti.

martedì 8 settembre 2009

Ricominciaaaamo


Soufflè glacé ai frutti di bosco, inserito originariamente da la tartina.

Col meeting di Rimini che si è tenuto domenica scorsa, si può dichiarare ufficialmente la fine dell'estate. L'afa e il caldo che non fanno dormire la notte e che rendono la pelle appiccicosa, lasciano spazio ai primi freddi, alle prime giacche, alla brezza settembrina e ad un azzurro diverso del cielo. La vita ricomincia, con il solito tran-tran e la solita routine quotidiana. Dunque, perciò, quindi, ergo, mi sembra anche l'ora di riaprire il blog. Si riprende anche con la scuola, l'università e il lavoro: non prendiamoci in giro, il nuovo anno non inizia a gennaio, bensì a settembre! Comincia una nuova vita, insomma. Non credo a quelli che dichiarano con sicurezza che starebbero sempre in vacanza. Forse perché io proprio non ce la farei: stare in panciolle dalla mattina alla sera non è la mia vocazione! Che c'entra, le vacanze non si disdegnano, ma proprio perché sono vacanze, ossia sono un momento di transizione, qualcosa di non permanente e duraturo. Proprio per questo motivo sono anche molto attese! Stessimo sempre sul divano non le aspetteremmo con uguale intensità e frenesia. Sono consapevole anche del fatto che questi sono discorsi da chi - per l'appunto - è appena uscito dalle vacanze, che ancora non sa quello che lo aspetta, che ancora non si è stufato di riniziare perché ancora non ha neanche riniziato. Detto questo, auguro a tutti un buon rientro, e un buon anno nuovo.

Per salutare l'estate, un dessert sicuramente fresco e appagante, da non disdegnare neppure d'inverno.


Soufflé glacé ai frutti di bosco

Ingredienti:

250 ml panna fresca
2 uova + 1 tuorlo
170 g zucchero
2 cucchiai di zucchero a velo
1 bustina di vanillina
500 g frutti di bosco (anche surgelati)

Procedimento:

Frullare i frutti di bosco grossolanamente. Servendosi delle fruste elettriche, sbattere in una ciotola le uova e il tuorlo con lo zucchero e la vanillina, quindi cuocere a bagnomaria per circa 5 minuti. Togliere dal fuoco e sbattere ancora un po', quindi lasciar intiepidire il composto. Unire la purea di frutti di bosco e mescolare delicatamente il tutto. Montare la panna fresca, avendo l'accortezza di riporre in frigo almeno 15 minuti prima dell'operazione, le fruste e il tegame dove verrà montata. Aggiungere lo zucchero a velo a pioggia mano a mano che si monta. Quindi, incorporarla delicatamente al composto precedentemente preparato e mescolare. Versare il tutto in ciotoline e/o bicchierini rivestiti all'esterno con carta da forno fissata con elastici da cucina o con lo spago, in modo che questa superi il bordo di almeno 2 cm. Riempire i recipientini in modo che il composto superi i bordi, poi porre a riposare in freezer per almeno 6 ore. Togliere dal freezer qualche minuto prima di servire e decorare a piacere.