Quando ho bisogno di rilassarmi, di distrarmi, o semplicemente di alienarmi un po' dal solito tran-tran quotidiano, adoro rifugiarmi nella prima libreria che mi capita sotto tiro. Vagare tra gli scaffali colmi di tomi, manuali, volumi e libriccioli, sfogliare quelle pagine e passarci sopra le dita (non sopporto le pagine troppo lisce, quelle che creano un effetto tipo unghia spezzata sulla lavagna, mi vengono i brividi solo a scriverlo), captare stralci di parole e di frasi random (da "osservò l'impronta lasciata dal rossetto rosso sul suo bicchiere" a "mantecare con una noce di burro" a "l'assassino, strano ma vero, era proprio il maggiordomo!"), osservare gli acquisti delle altre persone e trarne spunto, a mio parere riesce a distendere i nervi più del Saluto al Sole o di una seduta zen. Da piccola rimanevo affascinata ogni volta che guardavo La Bella e la Bestia e la Bestia regala a Belle quell'enorme biblioteca e lei deve servirsi della scala per afferrare i tomi desiderati; oppure Pagemaster in cui Macaulay Carson Culkin, che fa il protagonista e che ora è nella droga fino al collo (secondo me colpa dei traumi derivanti dalla realizzazione di Mamma ho perso l'aereo e di Mamma ho perso l'aereo 2), ha tre amici-libri fatti a cartone animato, uno di avventura, uno di fantascienza e uno di amore; e ancora Harry Potter, mi è sempre sembrato ingiusto che le scuole italiane non avessero una biblioteca al pari di quella di Hogwarts (e che soprattutto non si studiasse Erbologia o Storia della Magia). Il fatto è che io adoro leggere, immergermi in quelle storie, racconti, riflessioni e non uscirne, immaginarmi i personaggi e le situazioni, immedesimarmi nelle medesime, diventare empatica con quello che sto leggendo, soffrire quando leggo l'ultima pagina del libro e lo chiudo, e so che è finito e, avida di quelle parole, devo mettermi il cuore in pace. Ovviamente non sempre è così. Delle volte inizio libri che è impossibile seguitare a leggere, figuriamoci finirli! Una volta lessi un consiglio di uno psicologo o di un espertone moderno, che diceva di non forzarsi a leggere ciò che non piace, ma di mettere il libro da parte e di cominciarne uno nuovo, perché altrimenti sarebbe solamente una grande perdita di tempo, e il tempo, ai giorni d'oggi, è poco, veramente poco. Ma per me è quasi una sfida finire un libro troppo pesante, troppo contorto, troppo anomalo, quindi finisce che lo tengo sul comodino per almeno tre mesi, leggo una pagina al giorno e intanto inizio un altro libro: l'80% delle volte non riesco a terminarlo. Altre volte invece capita di leggere libri che ti chiedi come possano essere stati editi, che li scriverebbe meglio il tuo gatto a occhi chiusi. Il caso Moccia, per fare un esempio. Giuro che scriverebbe meglio un bambino delle elementari: tuttavia, quella storia fatta di aggettivi patetici, di frasi che si ripetono, di dialoghi inesistenti, di storia inconsistente, ha ammaliato moltissimi giovani italiani, e ciò la dice lunga sul popolo di lettori della nostra nazione. Ma vogliamo mettere Step con un Mr. Darcy o con un Heathcliff? Stiamo forse scherzando? Sempre sulla scia del filone-spazzatura tanto in voga, sono arrivate le storie di vampiri della Stephenie Meyer: io, conscia del fatto che "se non lo leggi non puoi dare giudizi", ci ho provato. Giuro che ci ho provato. Ma al terzo sguardo languido tra Bella e Edward ho dovuto lasciare perdere, la situazione stava diventando insostenibile! Il Dracula di Bram Stoker si starà rivoltando nella tomba, sempre se è vero che Jonathan Harker è riuscito ad infilzare quel palo di frassino nel suo cuore e poi a decapitarlo. Tutto questo è molto indicativo: la lettura dei libri porta ad una maggiore padronanza della lingua, ad una maggiore cultura, e anche ad una competitività economica utile al bilancio del Paese - infatti esiste una strettissima correlazione tra indice di lettura e Pil. Riprova del fatto che in Italia si legge davvero poco. Complice della triste situazione è anche la scuola: poco fornite le biblioteche scolastiche, assurde le imposizioni sulla lettura date da maestri e professori. Ogni libro di cui viene imposta la lettura è automaticamente odiato o accantonato. Non è un caso se i Promessi Sposi e la Divina Commedia vengono "riscoperti" solo in età più matura. Le interminabili ore di lezione passate su un singolo termine dantesco oppure i riassunti sui capitoli del Manzoni, hanno creato in me una specie di repulsione verso quelli che sono pilastri della letteratura non solo italiana, ma anche mondiale. Il Gattopardo fatto leggere in seconda media si può considerare la stoccata finale. Gli studenti, in parte per sdegno verso una difficile imposizione, in parte perché è più facile starsene a vedere Tina che sbraita in Uomini&Donne, accantonano i libri, preferendo di gran lunga la Nintendo Wii, si specializzano in errori di grammatica e ortografia, pensano che il Decadentismo sia il nome del nuovo profumo di Estée Lauder. È stato stimato, per l'appunto, che gli Italiani spendono per i libri solo 65 euro all'anno, l'equivalente di una cena in trattoria per due persone. Peccato che la fame di cultura sia un evento più unico che raro.
(Vi prego di partecipare alla simpaticissima iniziativa Leggere, leggere, leggere! prevista per il 26 marzo. L'obiettivo? Regalare un libro ad uno sconosciuto. Cliccate sul link per tutti i dettagli!)
Oggi vi propongo la ricetta di friabilissimi pasticcini, che si sciolgono in boccat. Si consiglia di accompagnarli ad una buona tazza di tè e - perché no?, ad un libro.
Pasticcini di frolla montata
Ingredienti:
150 g burro
225 g farina 00
75 g zucchero a velo
1 uovo intero grande
½ cucchiaino di lievito vanigliato per dolci
2 bustine di vanillina
un pizzico di sale
Procedimento:
In una ciotola mettere il burro leggermente ammorbidito e lo zucchero a velo, montare con le fruste elettriche per almeno 5 minuti, fino ad ottenere una bella crema montata. Aggiungere l'uovo e la vanillina, e continuare a sbattere finché saranno bene assorbiti; a questo punto le fruste elettriche non servono più. Aggiungere in due volte la farina mescolata con lievito e sale, poi mescolare delicatamente da sotto a sopra con un mestolo di legno. Riempire con il composto una sac à poche con la bocchetta a stella da 1 cm e spremere i biscotti su una teglia rivestita di carta da forno, dandogli la forma desiderata (per quelli alla ciliegina candita, dividere una ciliegina e porre una metà sul pasticcino prima di infornarlo). Mettere in forno preriscaldato a 200° per 8-10 minuti circa: se i pasticcini cominciano a colorarsi, toglierli subito dal forno. Farli raffreddare, quindi decorarli spolverandoli con zucchero a velo, o ricoprirli con cioccolato fondente, nocciole, cioccolato bianco, granella di pistacchi, farina di cocco a scelta.
mercoledì 24 febbraio 2010
Leggere, leggere, leggere! - Pasticcini di frolla
mercoledì 10 febbraio 2010
D.ssa Stranamore - Baci di Perugia
Domenica si festeggerà una delle feste più patetiche e consumistiche del globo: S. Valentino. Coppie stucchevoli e gné-gné, se ne staranno mano nella mano, o a cenare a lume di candela, o a visitare questa o quella città italiana, con tanto di mazzi di fiori e palloncini a forma di cuore gonfiati a elio. Voi, mi rivolgo a voi, single ormai a prova di colpo di fulmine, ve ne starete in disparte, professando quanto è triste festeggiare S. Valentino e che l'amore non si dimostra solamente una volta all'anno. Baggianate: ovviamente vi piacerebbe tantissimo ricevere come dono uno di quegli inquietanti peluche che stringono tra le zampette cuori di cioccolato, o perlomeno poter snobbare con classe la festività, decidendolo però insieme al partner. A vostro favore, però, potete tirare fuori delle valide motivazioni alle vostre amiche che vi racconteranno per filo e per segno dei progetti per domenica 14 febbraio, su quanto sia inutile spendere così tanto per un qualcosa di così labile. A mio parere Carlo Verdone, con L'amore è eterno finché dura, ha superato se stesso. Non tanto per la pellicola in sé (più pregevole è sicuramente Viaggi di nozze, con Tosca e famolostrano!), quanto per l'appropriata scelta del titolo. Sì, perché anche secondo me l'amore in una coppia non è infinito. Dopo l'euforia e la passione iniziale, questo si esautora, e più si va avanti nel tempo, più diventa abitudine e consuetudine. Mentre in alcuni casi sparisce proprio, in altri diventa una diversa tipologia di amore, ecco. Ci si conforma alla vita che, da un po' di tempo, si conduce con il partner, e ci si adegua ad essa. Perché molte volte, dopo il matrimonio, avviene il tradimento? Se talvolta questo è puramente erotico, sessuale, mentre spiritualmente e psicologicamente si rimane legati ed attratti alla persona che abbiamo scelto come compagna di vita, talaltra invece è causato proprio dallo scocco di una scintilla che va a sostituire quella ormai affievolita dal tempo. A comprovare il fatto che la mia teoria non sia solo dettata da una sorta di pessimismo inconsueto per una ragazza della mia età che ora come ora l'amore non lo vede neanche in cartolina (e quando sei innamorato, a quanto pare, sembra che la tua storia sia la migliore di tutte, la più bella del mondo e che durerà più dei nuovi seni al silicone della Ventura), interviene la scienza. Secondo una ricerca condotta dall'Università di Pavia condotta sulla sostanza presente nel cervello in grado di fare innamorare, infatti, il tutto è riducibile a delle proteine. Delle piccole catenelle aminoacidiche riescono ad influenzare il Sentimento per eccellenza, quello che ha fatto parlare tanti pensatori, quello che ancora oggi rimane un grande mistero per la specie umana. La prima "molecola dell'amore" è stata scoperta dal premio Nobel (1968, per gli studi condotti appunto sui fattori di crescita del sistema nervoso) Rita Levi Montalcini: si chiama NGF, sigla che sta per Nerve Growth Factor. Per studiare il fenomeno sono stati analizzate diversi gruppi di persone divisi in base alla durata del rapporto di coppia. Nelle persone dove la relazione era iniziata da poco, sono stati riscontrati dei valori di NGF più alti rispetto alle coppie che stavano insieme da più di un anno. Un altro aspetto che è emerso dalla ricerca è che i livelli di NFG calano con il passare degli anni: nell'iniziare una nuova relazione un ventenne avrà dei livelli della proteina più alti rispetto a un trentenne. Tuttavia i ricercatori tengono comunque a precisare che dopo il primo anno non finisce l'amore, finisce solo questa fase "acuta" che lascia il posto ad altre sensazioni. Tutto ciò convalida la teoria di cui sono sostenitrice ormai da un po' di tempo. La vostra amica ovviamente vi guarderà scettica e piena di disappunto, e se ne andrà a cercare un delizioso portafoto per il suo ragazzo pensando a quanto siete sfigate e anche un po' invidiose, inconsapevole del suo livello di NGF che sta progressivamente calando.
Per questo S.Valentino, vi propongo la ricetta dei famosi Baci di Perugia, trovata su Sale&Pepe di questo mese. Questi golosissimi cioccolatini sono nati negli anni '20 da un'idea di Luisa Spagnoli e Giovanni Buitoni, tra i fondatori storici della Perugina. Lei inventò la ricetta e li chiamò "cazzotti" per la forma a pugno; lui ne addolcì il nome in "baci". Rivestiteli di carta stagnola, ponendo all'interno di ognuno una citazione famosa: il risultato sarà sicuramente più soddisfacente di quello dato dai dolcetti acquistati.
Baci di Perugia
Ingredienti:
240 g cioccolato gianduia
120 g granella di nocciole tostate
30 g nocciole intere
70 g panna fresca
300 g cioccolato fondente al 70%
Procedimento:
Scaldare la panna in un pentolino con il cioccolato gianduia spezzettato e mescolare fino ad ottenere una crema omogenea. Unire la granella di nocciole e continuare a mescolare finché sarà incorporata perfettamente. Trasferire il composto in una tasca da pasticciere senza bocchetta, distribuirlo su un vassoio foderato con carta da forno formando tante palline grosse come una noce, lasciarle raffreddare in frigo per un'ora e poi sistemare una nocciola intera su ogni bacio, premendola leggermente. Grattugiare fine il cioccolato fondente, raccoglierlo in una ciotola e lasciarlo sciogliere dolcemente a bagnomaria. Togliere i baci dal frigo e immergerli uno alla volta nel cioccolato fuso, aiutandosi con una pinza da pasticceria o con una forchetta, in modo da ricoprirli interamente. Fare sgocciolare bene i baci, quindi metterli su un foglio di carta da forno e lasciarli riposare finché si saranno asciugati completamente.
giovedì 4 febbraio 2010
Un mondo al contrario - Marmellata di arance
«È una marmellata ottima», disse la regina.
«Tanto oggi non ne voglio.»
«Anche se tu ne avessi voluta, non avresti potuto averne», ribatté la regina. «La regola è marmellata domani e marmellata ieri, ma non marmellata oggi.»
«Ma prima o poi ci potrà essere marmellata oggi!», obiettò Alice.
«No, replicò la Regina. «La marmellata c'è negli altri giorni; e oggi non è un altro giorno, come dovresti sapere.»
«Non vi capisco» disse Alice. «È spaventosamente confuso.»
(da Attraverso lo specchio, Lewis Carroll)
Perché noi, oggi, siamo abituati alla logica paradossale, contorta e spiazzante che fa da padrona nelle opere di Carroll. Siamo abituati a politici che fanno tante promesse, ma poi non vediamo neppure l'ombra della "marmellata del domani". Ci si chiede quanto l'opera del grande scrittore, sebbene irreale, possa essere distante dal mondo odierno, e dalla sua inverosimile razionalità. Non è contorto un mondo in cui si è ricchissimi oppure poverissimi? Non è contorto un mondo in cui un futuro non è assicurato per nessuno? Non è contorto un mondo in cui bene e male si confondono? Non è contorto un mondo dove si è in guerra continua? Non è contorta la realtà che ci circonda? Quasi quasi preferisco il Gatto del Cheshire.
Oggi la ricetta della marmellata d'arance, che ha letteralmente conquistato casa mia. Barattoli su barattoli spariscono alla velocità della luce: è ottima sia come dolce, sulle fette biscottate, sul pane col burro o nello yogurt, sia come stuzzichino salato, accompagnata da dei formaggi. La marmellata in questione è proprio quella di cui Alice trova il vasetto (vuoto), mentre cade nel pozzo. La bambina non osa buttarlo giù, perché pensa che potrebbe cadere in testa a qualcuno. La domanda sorge spontanea: non dovrebbe cadere con la stessa velocità di Alice che già sta cadendo?
Marmellata di arance
Ingredienti:
1,5 kg arance bionde, non trattate
1 limone
1,5 l acqua
1,5 kg zucchero
Procedimento
Tagliare le arance e il limone in sei spicchi, quindi ridurre a fettine sottili ognuno di essi. Raccogliere le fettine di agrumi in una ciotola di vetro o di porcellana (non di plastica), versarvi sopra l'acqua e coprirle con della pellicola trasparente. Lasciare riposare tutto per una notte in un luogo fresco. Il giorno dopo versare il contenuto della ciotola, arance ed acqua, in una casseruola di acciaio con il triplo fondo. Unire lo zucchero, mescolare bene finché risulti sciolto e continuare la cottura a fuoco vivo per 30 minuti circa. Lasciare riposare qualche minuto, quindi riempire i vasetti e sigillarli con chiusura ermetica. Se aperta, la marmellata si conserva per qualche giorno in frigo. Altrimenti, il barattolo sigillato può conservarsi per circa 6 mesi.
lunedì 1 febbraio 2010
Cha no yu - Green tea sweets
I tabloid impazzano: Prince of Wales and Lady Grey just married. Matrimonio in grande per il Principe del Wales e l'amata Lady Grey: lei, un abito sontuoso color lavanda e fiordalisi intrecciati tra i capelli, lui un rigoroso smoking nero. Preserveranno la nobile dinastia, e la porteranno avanti con sapienza ed eleganza. Lui proviene dalla Cina, è delicato e apprezzato da tutti; lei, Mary Elizabeth, dai tipici tratti orientaleggianti, è decisa e forte, vitaminica direi. Il padre Earl Grey, orgogliosissimo, ha portato fiero sua figlia all'altre, non riuscendo a nascondere una lacrima scendere sulla guancia solcata dalle rughe. Tantissimi illustri invitati ai festeggiamenti, tra cui la bella indiana Darjeeling, la ex del Principe mollata brutalmente davanti ad un aereo per Thaiti, che afferma di essere realmente felice per le nozze. O almeno così dice. Nascosto dietro una colonna di pasticcini di frolla, si scorge anche Bancha, magnate di un grande impero economico: raffinato e altero, appare sempre un po' riservato e piuttosto burbero con la stampa. Grande amico di Lady Grey, nonché suo compagno al college, si vocifera su un plausibile amore non ricambiato da parte di lui. Ma si sa, sono solo gossip, e io non voglio certo esprimere giudizi avventati sullo sguardo perso e affranto dipinto sugli occhi di Bancha quando guarda la futura Principessa del Wales scendere le gradinate con grazia! Le sorelle di Lady Grey, Sencha e Tencha, pur essendo gemelle, non potrebbero mai essere così diverse. Tencha si gira attorno, controlla che tutto proceda per il meglio, vorrebbe che la cerimonia della sorella fosse perfetta, saluta gli invitati, li accoglie, pensa alle tartine all'avocado e al salmone. Brillante e pungente, dirige una casa di moda; è al suo terzo matrimonio e ha due figli, ma sembra essere presa più dalle sue incombenze che dalle esigenze familiari. Sencha è l'opposto: pallida e remissiva, nel suo abito verde scuro, sembra invisibile. Si muove con circospezione tra la folla. Sembra quasi non voglia farsi notare, e probabilmente non vede l'ora di tornare sui suoi amati libri. Il cugino del principe, nonché suo migliore amico Karkadè, spicca tra i presenti per il deciso colore rosso del suo smoking. Noto casanova, è alla ricerca della sua prossima preda. Uh-oh, sembra proprio che l'abbia trovata: ma sarà contento il marito di Tencha della cosa? Intanto il pestifero Pai-mu-tan, fratello minore del Principe, semina panico nel bel mezzo della festa: alza la gonna a Yin-chên, che sembra così una moderna Marilyn Monroe, rovescia il punch addosso a Gunpowder, non conoscendo forse la sua proverbiale irascibilità. Quieta e serafica è invece la piccola Jasmin, figlia del Principe e di Lady Grey: nata da pochi mesi, osserva tutto con grande cura, non lasciandosi sfuggire neppure il dettaglio più minuto. Compreso Matcha, il prezioso animale domestico di famiglia: un grande gatto di razza pregiata, la cui coda viene immediatamente afferrata dalla piccina, che non gli lascia scampo. La grande cerimonia, la famosa Cha no yu, celebrata alle 5 del pomeriggio dall'esimio Cappellaio Matto, è ormai giunta al termine. Quanto durerà l'amore tra il Principe e Lady Grey? Nessuno può dirlo con sicurezza, ma una cosa è certa. Sembra essere infinito quando il Principe e Lady Grey si sussurrano piano a vicenda: "Ho voglia di tè."
(Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale. I personaggi non esistono, o perlomeno solamente sul mio scaffale, tra bustine di tè, infusi e tisane.)
Poiché sono riuscita finalmente a mettere le mani sulla preziosa e costosissima polvere verde di tè Matcha, ormai celeberrima nella blogsfera, ho messo subito in pratica una ricetta trovata sul Cavoletto e da Tuki. La consistenza friabile dei biscottini è deliziosa, mentre il sapore... beh, presente la sensazione che si ha nell'addentare del tè verde solido? Ecco.
Green tea sweets
Ingredienti:
90 g di zucchero a velo
140 g di burro a pezzetti
3 tuorli grandi (60 g)
1,5 cucchiai da tavola di matcha
220 g di farina
200 g di zucchero semolato per la copertura
Procedimento
Setacciare il matcha con lo zucchero a velo e versarli nel recipiente della planetaria, unirvi il burro e lavorare con la foglia (o gancio K) fino ad ottenere un impasto perfettamente liscio ed omogeneo; unire la farina setacciata, continuando a lavorare, ed impastare fino a quando il tutto non risulta ben amalgamato; infine, aggiungere i tuorli e lavorare velocemente fino a quando non saranno ben incorporati nell'impasto. Formare un disco con l'impasto, coprirlo e lasciarlo in frigo per circa 30'. Preriscaldare il forno a 160-170°C, stendere l'impasto ad uno spessore di poco superiore ad 1 cm (io li ho fatti più bassi) e, con un tagliapasta di circa 5cm di diametro, ricavare i biscotti e passarli nello zucchero semolato. Sistemare i biscotti su una teglia rivestita di carta forno e cuocere per circa 15-20 minuti, i biscotti devono essere appena dorati sui bordi. Trasferire su una griglia di raffreddamento e lasciare che si raffreddino completamente. Conservare in una scatola di latta.
lunedì 25 gennaio 2010
Avereventanni, auguri a me! - Mattonella con bavarese al caffè e ganache al cioccolato
È strano pensare come un giorno preso a caso possa rappresentare per alcuni un giorno come tanti, in cui continuare con la solita routine e le solite occupazioni, e rappresentare invece una data importante per altri. Prendiamo come esempio questo grigio lunedì, fatto di freddo e umidità. Ecco, questo lunedì per uno studente potrebbe significare solamente l'inizio di una estenuante settimana, fatta di compiti e interrogazioni, dopo il relax del week-end. Per una donna di casa potrebbe significare solamente che è giunto il momento di cambiare le lenzuola e mettere a lavare quelle vecchie. Per un buisness-man potrebbe voler dire esclusivamente che oggi dovrà presenziare ad un noioso convegno, come ogni lunedì. La normalità, in definitiva, niente più e niente meno. E invece per me, la vostra tartina, oggi è un giorno speciale: è il mio compleanno. Ebbene sì, compio 20 anni, proprio oggi, il 25 gennaio, dico addio al mondo dei teenagers. Il compleanno è un evento importante, soprattutto se l'età è di questa portata. Secondo me sono i 20 che inaugurano l'ingresso nel mondo degli adulti, non i 18. Non c'è più quell'1 davanti, ma un 2 pieno di aspettative per il futuro. Che poi, se ci si pensa bene, perché festeggiare un anno che se ne va, un anno in cui diventiamo più vecchi? Sembra non avere senso, eppure, il giorno del proprio compleanno, c'è sempre quella leggera euforia, quel sentirsi speciali per un giorno, e ricoperti di mille attenzioni. Sorprese, regali, le persone più disparate che fanno gli auguri (ma è sempre un piacere riceverli). Sono più grande, è vero, ma non mi sembra di certo di essere cambiata da ieri o da una settimana fa. Eppure c'è quel qualcosa in più che grava su di me, quel qualcosa che, almeno per l'entusiasmo iniziale, mi fa assumere la consapevolezza di essere più grande, e di doverlo dimostrare. Maturare per alcuni è un processo lento, per altri repentino e segnato da un singolo avvenimento, per altri ancora quel momento non arriverà mai; delle volte l'età non conta niente. Io non lo so, ancora ho molto da imparare e troppe esperienze da fare. Se ripenso ai miei anni trascorsi però, non posso che farlo sorridendo. Tornassi indietro cambierei qualcosa, questo è ovvio, ma il bilancio, in fin dei conti, è positivo. Adesso sento solamente il bisogno di buttarmi, come un salto nel vuoto, in questo nuovo anno che per me, mi perdoni il calendario, comincia proprio oggi.
Oggi non posso che proporvi il dessert che mi sono auto-confezionata per festeggiare i miei 20. L'ho inventato io, assemblando 3 diverse ricette e 4 tipi di gusti e consistenze: il biscotto alla nocciola spugnoso e morbido, la ganache al cioccolato fondente cremosa e scioglievole al palato, la bavarese al caffè che ben si combina con lo strato di soffice panna montata finale. Per augurarvi un buon NON-compleanno (:
E già che ci sono, partecipo con questa ricetta al contest indetto da Chefs Sans Frontieres (cliccando sul nome trovate il bando!), associazione senza fini di lucro che si occupa di insegnare il mestiere della ristorazione a ragazzi in difficoltà, condudendoli per mano fino alla completa autonomia nella gestione di un'attività. Per le migliori ricette sono previsti anche alcuni premi messi in palio da Neronero. uniamo l'utile al dilettevole, su!
Mattonella con bavarese al caffè e ganache al cioccolato
Ingredienti
per il biscotto alla nocciola:
100 g nocciole
3 albumi
80 g zucchero
20 g farina
per la ganache:
100 ml panna fresca
150 g cioccolato fondente
30 g burro
per la bavarese:
2 tuorli
250 ml latte
1 cucchiaio di caffè solubile
50 g zucchero semolato
1 cucchiaio e mezzo di zucchero a velo
100 ml panna fresca
4 g gelatina in fogli
un baccello di vaniglia
per decorare:
50 ml panna fresca
20 g zucchero a velo
Procedimento
Preparare il biscotto alla nocciola, tritando innanzitutto col mixer le nocciole fino a ridurle in polvere. Montare a neve ben ferma gli albumi, poi unire le nocciole e la farina. Versare l'impasto in una pirofila di 26x18cm foderata con carta da forno, e infornare a 200° per 20 minuti. Far raffeddare, quindi, servendosi di un coltello con la lama seghettata (in questo modo non si sbriciolerà), tagliare in due la pasta, delle dimensioni di uno stampo da plum cake di 24 cm.
Preparare quindi la ganache: versare in una casseruola la panna con 100 ml scarsi di acqua, portare al limite dell'ebollizione, unire il cioccolato spezzettato e, fuori dal fuoco, mescolare fino a quando il cioccolato sarà completamente sciolto. Lasciare intiepidire il composto e, poco alla volta, unire il burro molto morbido. Trasferire la ganache in frigo a rassodare (20 minuti circa).
Foderare uno stampo da plum cake con della carta da forno, quindi porvi il primo rettangolo di pasta alla nocciola opportunamente tagliato e ridotto alle giuste dimensioni. Prelevare la ganache dal frigo, quindi montarla con le fruste elettriche per 2-3 minuti, finché inizierà a diventare più chiara e addensarsi. Spalmare la ganache sul primo biscotto alla nocciola, coprire con il secondo rettangolo, premere leggermente e porre nuovamente in frigo.
Intanto, preparare la bavarese al caffè. Scaldare il latte con il baccello di vaniglia inciso nel senso della lunghezza senza portarlo ad ebollizione. Nel frattempo ammorbidire la gelatina in acqua fredda. Spegnere il fuoco, mescolare il caffè al latte finché si sarà sciolto ed eliminare la vaniglia. Montare i tuorli con lo zucchero finché diventeranno chiari e incorporarli al latte. Unire la gelatina strizzata e farla sciogliere per 5 minuti a fuoco lento, continuando a mescolare. Spegnere il fuoco e far raffreddare. Montare la panna con lo zucchero a velo, incorporandola al composto a base di latte.
Prelevare lo stampo e versarvi la bavarese, quindi porre nuovamente in frigo a rassodare per almeno 4 ore.
Trascorso questo tempo, tirare fuori lo stampo dal frigo, e tirare fuori la mattonella aiutandosi coi lembi sporgenti della carta da forno. Pareggiare col coltello eventuali irregolarità nella forma (in particolare agli estremi). Se i lati dovessero risultare esteticamente poco piacevoli, ricoprirli con granella di nocciole.
Prima di servire, montare la panna rimasta, quindi, servendosi di una sac-à-poche dalla boccuccia a stella, decorare la mattonella.
venerdì 22 gennaio 2010
Le relazioni pericolose - Bavarese al cioccolato e frutti di bosco
Rubrica femminile: I miti da sfatare sull'amore, inteso come sentimento e relazione tra un uomo e una donna. Astenersi le più sentimentaliste.
Prima di tutto, l'esistenza di un Principe Azzurro. Da piccole, influenzate dalla Disney e dalle fiabe più comuni (Cenerentola, Biancaneve) - in sostanza, prima che arrivasse Shrek sugli schermi, ci immaginavamo, da un giorno all'altro, l'arrivo del nostro uomo perfetto, ovviamente bello, ricco, affascinante, scaltro ed intelligente. Tutte qualità che contemporaneamente non si potrebbero trovare nemmeno in un personaggio del gioco di ruolo The Sims. Il principe sarebbe arrivato, prima o poi, in sella ad un possente cavallo bianco. Non mi importava di non essere mai salita su un cavallo o semplicemente su un pony, perché ci sarebbe stato Lui (Filippo) che mi avrebbe sollevata e posta delicatamente vicino a sé, per poi partire al galoppo verso il tramonto. Immagine romanticamente idilliaca, per carità, ma estremamente distante dalla realtà. Se il cavallo poteva funzionare bene nell'Ottocento, adesso si speri arrivi in groppa ad una Porsche. Le aspettative sono sempre deluse: sembra quasi che il binomio bello&intelligente non si contemplato da Madre Natura, e spesso e volentieri anche il binomio carino&unminimoastuto. Si scade quasi sempre sul decente&minorato. Ed è vero che non importa che sia ricco, che i soldi non fanno la felicità, ma ovviamente aiutano parecchio.
Poi, il fatto che se un uomo ti tratta male, significa che gli piaci. No, non è assolutamente vero: se noi donne siamo quelle complesse, gli uomini sono quelli troppo semplici. Non ci sono spiegazioni se ci trattano male, se chiedono il numero e poi spariscono, se di punto in bianco non si fanno più vivi. Tutto ciò non è razionale, ma significa solamente una cosa: non gli piacciamo! Se da piccoli il bambino che condivideva il banco con noi ci faceva lo sgambetto ogni volta che passavamo, non voleva attirare la nostra attenzione, giammai. Significava solamente che gli stavamo nettamente antipatiche, che presto ci avrebbe appiccicato la gomma da masticare tra i capelli se non fosse intervenuta la maestra con tempestiva iniziativa.
Le frasi come "tu meriti di meglio, credimi", "noi siamo perfetti l'uno per l'altra, è solo il tempo ad essere sbagliato" e "non i voglio ferire", sono solamente modi eleganti per decretare la fine di un rapporto. Anche la cosiddetta "pausa di riflessione" è solo un espediente per porre fine ad una relazione: chi conoscete che dopo una pausa-di-riflessione, hanno meditato a lungo per poi rimettersi insieme? Ecco, appunto.
È da porre fine anche alla divulgazione di un'altra bestialata: gli uomini si prendono per la gola. E voi dite che se mi presento da uno che mi piace con una teglia di muffins appena sfornati mi propone subito il matrimonio? Questa è un'altra tipica cavolata che si insinua nelle menti delle giovani bimbe per avviarle al fantastico mondo della cucina. Pensando che, se riusciranno a sfornare un arrosto al pari di quello della nonna, si mariteranno quanto prima, le giovani fanciulle ottenebrate dall'immagine del Principe Azzurro, si mettono subito ai fornelli. Risultato? Quei cibi finiranno sul girovita delle fanciulle nella fase della pubertà e sarà estremamente difficile mandare via la componente lipidica in eccesso.
Infine, l'amicizia tra uomo e donna. È possibile, soprattutto se lui/lei è gay o tra i due intercorre un rapporto di parentela, ma anche in altre situazioni è possibile. Che poi questo rapporto possa sfociare nell'amore, è anch'esso possibile; tuttavia, si può avere un amico maschio senza per forza pensare di mettere su casa con lui.
Si tenga presente che tali considerazioni sono state fatte in seguito ad un errato e inappropriato (ma anche mancato!) approccio all'amore da parte mia, ma che talvolta si rivelano estremamente veritiere.
Per altri interrogativi irrisolti rivolgersi alle puntate di Sex And the City, manuale più che esplicativo su ogni comportamento riguardante le relazioni uomo/donna.
Oggi vi propongo la ricetta di un dessert strepitoso, che ho ripreso dal blog di Paoletta, Anice&Cannella. Ho modificato la quantità di colla di pesce, e ho utilizzato i frutti di bosco surgelati, in assenza di mirtilli freschie e/o, nella fattispecie, surgelati. Nessun mito da sfatare stavolta, la torta dà sempre un ottimo risultato, riuscendo sempre fedele alle aspettative: celestiale il contrasto tra la dolcezza del cioccolato e il sapore asprognolo dei frutti di bosco, tra la soffice morbidezza del pan di spagna e la consistenza gelatinosa della bavarese.
Bavarese al cioccolato e frutti di bosco
Ingredienti
per il pan di spagna:
40 gr di tuorli d'uovo
100 gr di albumi
110 gr di zucchero a velo
15 gr di cacao
20 gr di fecola
per la bavarese:
300 gr di frutti di bosco
300 gr di zucchero
17 gr di gelatina in fogli
300 gr di panna montata
per il topping:
150 gr di frutti di bosco
35 gr di zucchero
60 gr di acqua
5 gr di gelatina in fogli
Procedimento
per il pan di spagna:
Montare i tuorli con 40 gr di zucchero a velo.
Montare a neve l'albume aggiungendo 70 gr di zucchero a velo, unire i due impasti e incorporare la fecola e il cacao, amalgamare bene il tutto.
Mettere in una tortiera imburrata e infarinata (io ho usato una tortiera a cerniera di 26 cm di diametro) e cuocere in forno per 15 minuti a 200°. Far raffreddare.
Frullare, con il frullino a immersione, i frutti di bosco con lo zucchero.
per la bavarese:
In una casseruola far bollire 50 gr della salsa di mirtilli ed unire la gelatina in fogli, precedentemente ammollata in acqua fredda. Amalgamare il tutto e aggiungere la restante salsa di mirtilli. Far raffreddare bene il composto e prima che si addensi unire la panna montata, mescolare bene.
Mettere il pan di spagna dentro un cerchio metallico foderato di carta acetata, versarvi la bavarese e mettere a rassodare in frigo. Nel frattempo preparare il topping: far cuocere lo zucchero con l'acqua, unirvi la gelatina in fogli, precedentemente ammollata in acqua fredda, quindi unire i frutti di boscoi. Far cuocere per 3 minuti circa, quindi lasciar raffreddare a temperatura ambiente.
Quando la bavarese è un po' rassodata e il topping è freddo, ricoprire la superficie della bavarese e mettere nuovamente in frigo per due ore.
domenica 17 gennaio 2010
... da leccarsi le dita! - Cheesecake di cioccolato al profumo di limone
Non sono mai stata una persona competitiva. Né a scuola, né in ambito sportivo, né in nessun altro luogo. Quando, nel corso di una partita di pallavolo, le avversarie segnavano un punto e mi ruggivano in faccia urla spaventose, io non battevo ciglio e, quasi intimorita, quando arrivava il momento del mio riscatto, mi limitavo a sorridere compiaciuta, come se il punto non l'avessi segnato io, ma una mia compagna di squadra. Quando prendevo un bel voto a scuola me ne stavo zitta, non come quella psicopatica di classe mia (denominata Broccolo per i capelli dalla forma a cavolo bitorzoluto) che sbandierava i suoi 8 e i suoi 9 a destra e a manca, compiacendosi anche per un mezzo voto in più; e quando mi chiedevano "Com'è andata?", io rispondevo sibillina "Bene." Quando l'allenatore mi obbligava a sfogarmi, a mostrare un po' di sana competitività, io, quasi per ripicca, recitavo la parte dell'agnellino votato al sacrificio durante l'allenamento, un anellide senza midollo spinale. Quando una mia idea o una mia proposta si dimostra superiore alle altre, sono solamente contenta di aver trovato la soluzione, non facendolo pesare a nessuno. Diciamo che l'agonismo è cosa che non mi riguarda. Per questo motivo, quando Ele di dEliciously mi ha invitata a partecipare al contest da lei indetto ... da leccarsi le dita!, mi sono trovata un po' spiazzata, come se la cosa non mi potesse neanche riguardare. Però ho visto che la giuria è strepitosa, composta non solo dai migliori foodbloggers in circolazione, ma anche dal Mastro Pasticcere Silvio Bessone. E i premi sono davvero appetibili, tutti strumenti che in cucina sono più che utili. E poi ancora la cara Ele, invitandomi a partecipare, mi ha in qualche modo lusingata, innalzando un po' l'autostima (scarsa) che ho nei miei confronti. Allora mi sono detta: proviamoci. Fin da piccoli ci insegnano che l'importante non è vincere, ma partecipare: sebbene non abbia mai avvertito il livello di adrenalina innalzarsi vertiginosamente in seguito ad una competizione, trovo il contest troppo interessante per rinunciarvi. Le regole prevedono la preparazione di un dolce al cioccolato. Un altro problema, dal momento che il cioccolato mi piace sì, ma non ne vado pazza nei dolci. Preferisco piuttosto addentare una barretta al 70% fondente, invece di un tortino al cioccolato, di un brownie o di un fondant al cioccolato. E, per esempio, la Nutella mi stucca proprio, mi avvolge la lingua e mi impasta tutta. Forse in me c'è qualcosa di geneticamente sbagliato, ma il mio obiettivo era quindi quello di trovare un dolce al cioccolato che non venisse a noia. Beh, direi che l'ho trovato. Il dessert che vi propongo oggi è quello con cui parteciperò al contest. Un dolce non eccessivamente dolce, in cui il Cioccolato fa da padrone indiscusso, ma il cui sapore non stanca; curiosamente piacevole è risultato il contrasto col sapore di limone, agrume che ho usato in sostituzione della solita arancia e che sembra quasi pulire la bocca da ogni sapore precedente; le decorazioni, oltre che esteticamente gradevoli, sono anche davvero buone; mia mamma, che il cioccolato quasi lo detesta, se neè servita ben due fette; ultima cosa, ma non per questo meno importante, oltre al cioccolato presente, la quantità di grassi è ridotta al minimo, quindi ideale per questo periodo post-festività. Tutte valide motivazioni per provare almeno a farlo, no? :)
Cheesecake di cioccolato profumato al limone
Ingredienti
per la base:
200 g biscotti al malto e miele Osvego
80 g burro
2 cucchiai di cacao amaro
per il cheesecake:
300 g ricotta
300 g yogurt greco
3 uova
150 g cioccolato fondente
40 g cacao amaro
120 g zucchero
un limone non trattato sale
per decorare:
un limone non trattato
100 g zucchero
cacao amaro
Procedimento
Tritare i biscotti al mixer e mescolarli in una ciotola col burro fuso e il cacao amaro setacciato. Distribuire il composto sul fondo di uno stampo tondo a cerniera di 24 cm di diametro rivestito con carta da forno, schiacciarlo con un cucchiaio livellandolo e farlo riposare in frigo per 30 minuti.
Tritare il cioccolato e scioglierlo a bagnomaria. Sgusciare le uova e separare i tuorli dagli albumi: montare i primi con lo zucchero e i secondi con un pizzico di sale. Mescolare la ricotta e lo yogurt con il composto di tuorli, il cioccolato fuso, il cacao, la scorza grattugiata del limone e gli albumi montati e versare il tutto nello stampo.
Cuocere il cheesecake nel forno caldo a 150° per 55 minuti circa. Toglierlo dal forno, metterlo nel frigorifero e lasciarlo raffreddare per almeno 2 ore.
Per la decorazione, tagliare il limone a fettine sottili, quindi cuocerle per 10 minuti a fuoco basso in uno sciroppo fatto con 1 dl di acqua e lo zucchero. Disporre le fettine sul dolce, precedentemente spolverizzato di cacao amaro.
domenica 10 gennaio 2010
Ci vuole un fisico bestiale - Barrette ai cereali e frutta secca
Da piccola avevo una strana fobia: quella di fare la doccia. Non pensate che volessi andare in giro come una tartina puzzolente, affatto! Piuttosto, mi rifiutavo di lavarmi se non immersa in una vasca di acqua calda con una enorme quantità di schiuma prodotta da saponi profumati (tanto meglio se colorati, o dalla confezione a forma di Sirenetta Disney). Potevo passarci anche le ore, in quella vasca, fino a quando i miei polpastrelli, raggrinziti perché immersi per troppo tempo in una soluzione ipertonica, imploravano pietà, oppure l'acqua diventava fredda ed ero costretta ad uscire, invocando l'aiuto della mia genitrice (ci leggevo anche, nelle vasca). Urli e strepiti erano riservati invece al tentativo di infilarmi sotto la doccia: ne avevo paura ancor prima di vedere il film horror IT, senza un razionale motivo. Fu allora che mia mamma pensò bene di togliermi questa paura di dosso e, ricorrendo ad un rimedio drastico così come aveva fatto col ciuccio (mi fregò dicendomi che un topino ci aveva fatto sopra la pipì: io, anche se di pochi mesi, ero già così tanto schifiltosa che lo abbandonai subito), pensò di tagliare la testa al toro iscrivendomi ad un corso di nuoto. Ebbene sì, nonostante la mia idrofobia, alla graziosa età di 3 anni, mi ritrovai scaraventata in una vasca troppo grande e troppo alta per la mia costituzione fisica, con tanto di doccia obbligatoria al termine del corso. La trovata di mia madre, non senza evidenti traumi, funzionò: non solo superai la mia avversità verso la doccia (che adesso addirittura prediligo al bagno nella vasca), ma detti anche l'inizio ad una duratura carriera sportiva. Dopo averci insegnato a fare la "stellina" e il "morticino" in acqua (odiavo la stellina, nonostante il macabro nome dell'altro esercizio acquatico), l'istruttore ci buttò nell'acqua alta, armandosi di bastone a cui farci attaccare nel momento in cui avessimo presentato delle difficoltà (di movimento e respiratorie, presumo). A 7 anni facevo le vasche con i ragazzini di 11, ed ero contenta di quel doppio impegno settimanale, che comportava anche l'utilizzo di una cuffia di una plastica così rigida e poco elastica da far lacrimare dal dolore quando, al momento della sua collocazione o rimozione dal cranio, entrava in contatto col cuoio capelluto. Mia mamma era realizzata per questa mia attività sportiva che dicono faccia tanto bene ai bambini in quanto forma il fisico (come no, grazie al nuoto adesso mi ritrovo le spalle di un giocatore di rugby con divisa e due polpacci come due palloni aerostatici); mio padre pure era felice, meno che quando doveva sorbirsi l'afa collosa e umidiccia dell'edificio, ragazzini urlanti e tutto quanto comportava lo sport praticato. All'età di 9 anni cominciarono ad avanzarmi proposte sul nuoto agonistico: sapendo quanto mi avrebbe impegnato e non volendo passare la mia vita, appunto, in una piscina, declinai l'offerta, e continuai a fare vasche su vasche senza pretese di agonismo. A 10 anni questa situazione cominciò a starmi stretta: soprattutto, non riuscivo più a sopportare quella sensazione di solitudine che comporta il nuoto. Quando nuoti ci sei solo tu e la vasca (o tu e il mare, o tu e il fiume ecc.). Avevo voglia di interagire, di parlare e non di boccheggiare, insomma di un gioco di squadra. E così, senza neppure avere imparato a fare la capriola sott'acqua (tutt'oggi ne sono incapace), sulla scia del cartone animato Mila&Shiro tanto in voga quegli anni, mi buttai a capofitto nella pallavolo. Il mio rapporto con la pallavolo è durato ben 8 anni. 8 anni di partite, di trasferte interregionali che facevano perdere giornate intere, allenamenti massacranti 4 volte a settimana (manco fossi stata in serie A o in uno squadrone importante, cioè) a cui dovevo presenziare per forza, cognome più volte storpiato dall'arbitro di turno, allenatori vari solitamente uno peggio dell'altro, tifo da stadio, pressione, sudore; ma anche soddisfazioni in caso di vittoria, risate, adrenalina a fiumi e sensazione di dominare il mondo dopo un punto conquistato. Ebbi il ruolo di centrale: potevo sfruttare la mia altezza per schiacciate potenti e muri ben solidi. Sono stati begli anni, a volte il gioco della pallavolo mi manca proprio; tuttavia sono stati ben più i sacrifici che ho dovuto fare, soprattutto quando mi chiamavano a giocare partite anche in categorie più alte della mia. Due partite alla settimana, allenamenti distruttivi, tante pretese e aspettative che non dovevano essere deluse, e le compagne di squadra più grandi che guardavano dall'alto in basso o che non passavano mai la palla. Quando, in seconda liceo classico, il carico di studio stava diventando esageratamente improponibile e il mio entusiasmo verso questo sport era anche decisamente calato, decisi di abbandonare il team. Pur di non restare in panciolle però, mi iscrissi ad un corso di fit-boxe in palestra, che ho praticato per un anno. Di sicuro era ottimo per scaricare stress e nervosismo, ma mi riduceva in condizioni pietose le nocche delle dita (nonostante usassi le fasce di protezione) e le mie compagne di corso erano tutte over 30. Insomma, un anno di saltelli, ganci e destri al ritmo di canzoni dai ritmi più che incalzanti, un'autodifesa sicuramente migliorata e smisi anche la fit-boxe. Complice della scelta, anche l'ingresso all'ultimo anno di liceo con esami di maturità incombenti e un acuto disprezzo e disgusto maturato verso l'ambiente della palestra. Palloni gonfiati fissati col fisico, ragazze anoressiche che si sfinivano sulla cyclette, discorsi su quanto è buona la carne e su quanto fanno bene le proteine in dosi industriali, i soffitti bassi che davano un senso di oppressione, l'odore certamente non dei migliori quando arrivavo io a fine pomeriggio, l'obbligo di essere sempre tirati/truccati/impeccabili e la mia insegnante che mi propinava sempre come compagno di sacco il più inabile alle cui mancanze dovevo sopperire io da sola. Dopo 16 anni di sport ininterrotti, il vuoto: niente yoga, niente ginnastica, niente capoeira o pilates. Comunque sia, poiché sono consapevole dell'importanza di un'attività fisica costante, cerco di condurre in ogni caso una vita attiva e abbastanza frenetica; quando posso, vado a camminare nella campagna desolata che circonda casa mia (ho letto che camminare ad una velocità abbastanza sostenuta è migliore persino di una corsa). E poi ci sono sempre ditness e click del mouse: richiedono poco sforzo e non costringono neanche ad una doccia forzata!
Ideali prima o dopo un'attività sportiva, sono le barrette che vi propongo oggi. La ricetta è tratta dal blog Meringhe alla Panna (ho apportato però delle modifiche sulla scelta degli ingredienti), ed è davvero ottima: sono buonissime a colazione o a merenda, o come spezza-fame. Anche per chi non fa sport ;)
Barrette ai cereali e frutta secca
Ingredienti
80 g zucchero di canna
80 g miele d'acacia
90 g burro
150 g fiocchi di riso e frumento integrale*
50 g uvette
30 g granella di nocciole
50 g semi di girasole
70 g semi di sesamo
1 pizzico di sale
Ingredienti
In un pentolino, far fondere il burro con il miele e lo zucchero, mescolando in continuazione fino a che lo zucchero si sarà sciolto. In una ciotola capiente mescolare i cereali, l'uvetta fatta precedentemente ammollare in acqua tiepida, la granella di nocciole e i semi di sesamo, unendo anche un pizzico di sale. Unire nella ciotola anche il composto di burro, zucchero e miele e mescolare bene. Versare in una teglia rettangolare rivestita da carta da forno il composto e infornare per 35 minuti in forno preriscaldato a 180°. Lasciare raffreddare completamente, quindi tagliare le barrette della forma prescelta. Si conservano rinchiuse in una scatola di latta anche a lungo; si possono rivestire di carta stagnola per portarle e sgranocchiarle dove vogliamo.
*si può scegliere di mettere anche granella di pistacchi, cocco disidratato o muesli, l'importante è che il peso tra cereali e frutta secca sia sempre di 350 g circa; si può aggiungere, se piace, anche un pizzico di cannella
sabato 2 gennaio 2010
Anno nuovo, vita...? - Cavallucci
Primo post del primo mese dell'anno nuovo. Non mi colloco né tra quelli del club New year, same old shit (una forma un po' meno elegante di "Anno nuovo, vita vecchia"), né tra quelli eccessivamente esaltati per la sostituzione del calendario in cucina. La vita è sempre la stessa, questo è ovvio; tuttavia, c'è in me una sorta di aspettativa in un qualche reset, come se cambiare anno equivalga a voltare pagina. A ricominciare. I famosi buoni propositi, il più delle volte, si esautorano una volta fatti: pensare positivo e ottimisticamente, per esempio, sarà facile finché capiterà una di quelle giornate-no che ti fanno pensare che qualcuno ce l'abbia con te e te la voglia far pagare. Insomma, i buoni propositi a mio parere rimangono tali: solamente con un cambiamento radicale può avvenire la Svolta che andavamo cercando nella nostra vita. La Svolta però, si può avere anche il 21 marzo, con l'equinozio di primavera, oppure in piena estate, oppure a metà dicembre, non necessariamente comincia con l'anno nuovo - come la dieta, voglio sfatare il mito che deve essere cominciata di lunedì (e per questo assurdo motivo, continuamente rimandata). Anzi, i buoni propositi tendono di solito a fallire miseramente, e questo comporta un dilagante senso di sfiducia verso le nostre potenzialità che è bene non incrementare; il trucco è scegliere propositi di standard basso, facilmente realizzabili, non quelle chimeriche utopie che solitamente mettiamo nella lista delle cose-da-fare. Nonostante tutto ciò che comporta stilare progetti per il 2010, i primi giorni dell'anno ci incentivano comunque ad essere persone migliori, a partire col piede giusto, per capirsi.
Che cosa propone, quindi, il Signor Duemiladieci?
Nel mondo della moda e dello spettacolo, sembra alzarsi una protesta contro Photoshop: un Basta pronunciato in coro a fotoritocchi eccessivi, make-up virtuali, eccessivi dimagrimenti, imperfezioni occultate. Inoltre, nelle copertine di questo gennaio, sembrano più frequenti fotografie scattate a modelle plus-size. Un nuovo anno all'insegna di immagini reali e non modificate? Sembra impossibile, penso che questo sia proprio il classico buon proposito che non verrà rispettato.
Con l'anno nuovo, gli italiani si ritroveranno costretti a stare attenti al loro portafogli più di quanto non debbano farlo adesso: secondo un'indagine di Federconsumatori-Adusbef, l'esborso aggiuntivo sarà di 596 euro a famiglia, tra bolletta della luce e dell'acqua, canone Rai, rate dei mutui, carburanti e ricorso al Giudice di Pace per multa. La ripresa economica tanto proclamata, sembra essere decisamente lontana, nonostante la televisione e i politici ci vogliano convincere che "la crisi è scongiurata". Come possa essere accaduto in un anno, sembra inspiegabile, a meno che non sia avvenuto il miracolo.
L'eta pensionabile per le donne passa dai 60 ai 61 anni: la mèta da raggiungere è quella dei 65, nel 2018. Ci si chiede se si arriverà a morire sul posto di lavoro. La risposta è sì.
Si prevedono inoltre maggiori iscrizioni alle scuole italiane: classi più affollate, dispersione, stress di alunni ed insegnanti, e ci si chiede chi abbia veramente voglia di lavorare, sia nel corpo Studenti, sia nel corpo Docenti. Arduo è capire dove verranno piazzati tutti questi studenti in più, visto che già oggi gli edifici scolastici italiani non sono attrezzati e/o adeguati.
Il premier promette invece di attuare delle riforme entro la fine del 2010: c'è quanto mai da temere, visto che purtroppo i propositi di Papi solitamente (ed inspiegabilmente) trovano tutti un compimento.
Sul fronte salute, i cardiologi europei chiedono la legge antifumo (divieto di fumare nei luoghi pubblici) per tutti i Paesi europei. Questo sarebbe proprio un bel traguardo, anche se, nonostante la legge sia attiva qui in Italia, ogni volta che passo una serata in un locale chiuso, c'è chi inevitabilmente fuma dentro senza essere punito. Il giorno dopo, mia madre si lamente per i miei abiti impregnati, necessariamente da lavare.
Per quanto mi riguarda, nel mio piccolo, scelgo un proposito quanto meno realizzabile, e sicuramente buono: provare a preparare, entro la fine dell'anno appena cominciato, i celeberrimi macarons, dolcetti golosi ed accattivanti d'aspetto (forse più scenografici che realmente buoni) che, l'anno scorso, impazzavano in ogni foodblog italiano e non. Non mi sono mai presa la briga di aspettare che invecchiassero gli albumi, di pesarli, di comprare un termometro da cucina e di pensare a che gusto realizzare la ganache. Prometto che entro dicembre ci provo (voi mi sarete testimoni!).
La prima ricetta dell'anno è quella dei cavallucci, dolcetto tipico di questo periodo di origine senese. Pensando di non riuscire nell'impresa, sono rimasta piacevolmente sorpresa quando aspetto, gusto, forma e profumo dei suddetti ha evocato in me il ricordo di quelli che da piccola mi facevo comprare al forno (quelli home-made però sono meno duri e anche più buoni!). La ricetta che ho utilizzato è quella di Paoletta del blog Anice&Cannella, a cui ho apportato leggere modifiche in seguito al commento che le è stato lasciato da un senese d.o.c. La consistenza ottenuta è proprio quella fondente dei cavallucci originali, morbidi e consistenti; si conservano perfettamente nelle bustine di solito utilizzate per il congelatore e addirittura, più passano i giorni, più questi migliorano.
Cavallucci
Ingredienti per circa 18 pezzi
250 g farina 00
3 g ammoniaca
70 g canditi (cedro e scorze d'arancia)
100 g gherigli di noce spezzettati
250 g zucchero
75 g acqua
scorza di un'arancia
3 g cannella
5 g semi di anice passati al mixer
Procedimento
In una terrina, mescolare la farina, l'ammoniaca, i canditi, le noci, le spezie e la scorza d'arancia grattugiata non troppo finemente. Preparare il caramello, ponendo in un tegame lo zucchero e l'acqua e facendo andare a fuoco medio, fino a quando l'ultima goccia "fila" (prendendo il caramello tra pollice ed indice senza scottarsi, deve fare un filo, appunto): il caramello, infatti, non dovrà imbrunire eccessivamente, altrimenti i cavallucci risulteranno granitici. Incorporare velocemente il caramello ancora caldo nella terrina dove si avevano uniti precedentemente gli altri ingredienti, aiutandosi con un mestolo. Amalgamare bene l'impasto, e aggiungere più farina se dovesse risultare troppo molle (un massimo di 70 g circa, solo se necessario). Formare delle palline del diametro di 7 cm e dallo spessore di 3 cm, rotolarle in abbondante farina, quindi posizionarle su una teglia rivestita da carta da forno, schiacciandole leggermente al centro con il pollice Distanziare i cavallucci l'uno dall'altro e non schiacciarli troppo, dal momento che in cottura tenderanno a dilatarsi e ad allargarsi. Cuocere in forno preriscaldato a 200° per 12 minuti circa (devono rimanere bianchi senza imbrunire!), quindi sfornare e far raffreddare bene. Sono più buoni i giorni a venire.
martedì 22 dicembre 2009
Buon Nachele! - Bon bon di cioccolato plastico
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
- Giuseppe Ungaretti
Col Natale ormai alle porte, non posso che farvi tanti auguri.
Auguri a chi mi segue e commenta i miei post, frutto di ricette e divagazioni personali.
Auguri a chi mi segue, anche se in silenzio (come facevo io prima di aprire il blog a febbraio).
Auguri agli/alle altri/e foodbloggers, e a tutte le loro ricette che danno spunti e fanno venire l'acquolina in bocca.
Auguri a chi del cibo ne fa un'arte.
Auguri a chi teme il cibo, che possa imparare ad apprezzarlo.
Auguri a chi metterà a disposizione la casa per il cenone della Vigilia o per il pranzone del Natale e che ha già deciso il menu per l'occasione. Tanti auguri anche a chi ha da trovarlo ancora (come me e mia mamma).
Auguri a chi ha ancora dei regali sotto l'albero, perché io li ho già aperti tutti.
Auguri a chi festeggia il Natale come evento religioso, a chi lo festeggia come momento familiare, a chi lo festeggia come occasione per dedicarsi al prossimo.
Auguri a chi non ha tanta voglia di fare il bagno tra i parenti il 25 dicembre, ma che alla fine si troverà bene.
Auguri a chi sarà costretto a giocare a Tombola tutto il giorno, magari coi fagioli al posto dei tasselli, perché questo proprio no, non si augurerebbe a nessuno :P
Oggi la ricetta dei simpaticissimi bon-bons di Fiordilatte, il cui impasto è decisamente versatile e pronto a mille impieghi. Più sodi dei tartufini, sono ottimi se accompagnati dal caffè, o semplicemente come elemento decorativo dei vostri pacchetti o delle vostre tavole.
Ci rileggiamo dopo Natale!
Bon bon di cioccolato plastico
Ingredienti
100 g cioccolato fondente
30 g glucosio (io non ne avevo, e l'ho sostituito con il miele)
15 g sciroppo di zucchero
3 cucchiaini di caffè solubile
zuccherini colorati (ma anche granella di nocciole, o cocco grattugiato, o zucchero a velo)
Procedimento
Preparare lo sciroppo di zucchero: mettere in una pentola 20 g di acqua e 20 g di zucchero, portare quasi a bollore. Sciogliere in questo sciroppo 3 cucchiaini di caffè solubile (evitare i liquori che rovinano il cioccolato fuso). Fondere il cioccolato e aggiungere il glucosio (il miele per me) e 15 g dello sciroppo caldo (in questo ordine mi raccomando! sarà più facile). Mescolare bene. Lasciare riposare il cioccolato una notte in un luogo fresco.
Il giorno dopo prendere il composto, formare delle palline, quindi rotolarle nelle codette di zucchero colorate premendo leggermente e poi infilzarle con uno stuzzicadenti (mi sembrano più carine da vedere e mangiare! concordo con Giada!). Per questa fase, utilizzare un paio di guanti di lattice per non sporcarvi troppo e per evitare di sciogliere eccessivamente il cioccolato con il calore delle mani. Si possono anche usare gli stampi in policarbonato: in questo caso, prendere un po' di composto, spolverarlo di zucchero a velo, spolverare anche lo stampo e premere la pallina al suo interno. Livellare il tutto, girare lo stampo e dargli un colpo secco cosicché il cioccolatino si stacchi.
In ogni caso, lasciare poi riposare i bon bon per qualche ora.
In alternativa, si può rovesciare il composto caldo su un foglio di carta forno, appoggiarvi sopra un altro foglio di carta forno e stenderlo con il matterello per ottenere una lastra. Fare riposare questa lastra per una notte e poi tagliarla come più vi piace: a quadratini, oppure servendosi degli stampini per biscotti si può dargli le forme più disparate (simpaticissima l'idea di infilzarli poi in uno stecco da spiedo realizzando così dei lecca-lecca di cioccolato). Spolverare di zucchero a velo.
sabato 19 dicembre 2009
Da tartina con amore - Biscotti al cocco e cioccolato bianco
A meno di una settimana al Natale (già meno di una settimana?!), sono ancora molte le cose a cui pensare: il menu del cenone, del pranzone e del merendone (a proposito, si accetta qualunque idea in casa tartina, ancora abbiamo da decidere gli antipasti!); gli addobbi (ritardatari, apprestatevi a mettere su un alberello decente! Sono invece da abolire quegli orribili Babbo Natale di plastica che si arrampicano su per le terrazze dei condomini, che più che diffondere lo spirito natalizio fanno venire le lacrime agli occhi per la tristezza); i regali, i presenti, le strenne natalizie. Tutti adorabili sinonimi per andare ad indicare pacchetti colorati tenuti insieme da nastri e fiocchi che è ormai consuetudine scambiarsi il 25 dicembre (o insomma, nei pressi di questa data). Anzi, oggi come oggi la parola Natale viene automaticamente associata al regalo, allo spendere, al consumismo. Sono finiti i tempi di a Natale si è tutti più buoni: diamo il benvenuto all'era di a Natale si dilapida il conto in banca. Infatti, mentre prima donare qualcosa era un atto di generosità e una dimostrazione di affetto verso le persone a cui si teneva veramente, adesso è diventato quasi un obbligo, una forzata consuetudine. Si partecipa alla colletta per regalare un perizoma leopardato alla collega che invece strozzeremmo volentieri con quel filo di tessuto; si regala al compagno di classe che vedremmo bene in una scuola tibetana per asceti un'orrenda candela a forma di putto alato assai inquietante. Quando arriva il Natale, diventa infinita la lista di persone a cui fare un pensierino, finendo per farlo anche a gente che proprio non sopportiamo: l'atto del regalare si trasforma quasi in un obbligo a cui adempiamo per pura cortesia. Un po' come quando festeggiamo il nostro diciottesimo anno di età e facciamo una grande festa a cui invitiamo anche gente che ci sta antipatica. Come caldeggio un ritorno alle feste con pochi intimi, con le persone a cui siamo realmente affezionati, incito anche il ritorno al donare solo a chi ci sta a cuore: ipocrita è fare un pensiero a chi poi parliamo dietro le spalle. Un'altra avvilente questione è la scelta del regalo. I telegiornali supportano l'acquisto di regali improponibili, capaci di prosciugare risparmi e conti in banca: massaggi e acque termali, le ultime novità in campo tecnologico, fughe d'amore negli hotel italiani. I regali proposti dalla Parodi la sera sono più o meno gli stessi tutti gli anni, se ci fate caso. Minimo comun denominatore è che denotano mancanza di originalità, costano un sacco e non significano niente. Quanto è più sincero e sentito regalare per esempio qualcosa che si è fatto con le proprie mani? Significa innanzitutto che il regalo è veramente pensato, poi che è fatto col cuore piuttosto che col portafoglio. E di sicuro troverà maggiore apprezzamento un dono di questo tipo rispetto a una seduta di fanghiglie da appiccicarsi al volto. Importante è anche fare un regalo mirato a chi si vuole bene: se vostra madre desidera tantissimo uno schiaccianoci nuovo perché a forza di rompere il guscio col coltello ha rischiato svariate volte di amputarsi il dito indice, avete già trovato il vostro regalo. E non importa se non è un profumo (banale!) o un set per le unghie o qualcos'altro di estremamente raffinato, perché la cosa fondamentale è che voi l'avete ascoltata, e avete compreso le sue reali esigenze accontentandola. E poi, anche se il dono fatto non è pari alle aspettative di chi lo riceve, non importa: sarà ugualmente apprezzato se fatto con passione e affetto, perché ricevere è bello, ma dare lo è a volte di più.
Accanto alla sciarpa realizzata coi propri ferri mentre si è spaparanzati sul divano del salotto, nella top-list dei regalini home-made, ci sono sicuramente i prodotti culinari: conserve, marmellate, cioccolatini, salse e biscotti. Che cosa c'è di meglio del delicato profumo del cocco e della dolcezza sprigionata dal cioccolato bianco su biscottini dalla friabile consistenza?
Con questa ricetta partecipo alla simpatica iniziativa di Paoletta del blog Anice&Cannella, Io a Natale regalo questi.
Biscotti al cocco e cioccolato bianco
Ingredienti
per la pasta frolla:
300 g farina 00
200 g burro
120 g zucchero
100 g cocco grattugiato
2 tuorli d'uovo
un pizzico di sale
per la copertura:
200 g cioccolato bianco
100 g cocco grattugiato
Procedimento
Sbattere i tuorli con lo zucchero, quindi unire il burro fuso. Aggiungere anche la farina mescolata col cocco e impastare, fino ad ottenere una palla da avvolgere con pellicola trasparente e da porre in frigorifero per un'ora circa. Riprendere la pasta e stenderla col mattarello: con le formine prescelte, ritagliare dei biscotti da porre su una teglia rivestita da carta da forno. Infornare a 180° per 10-12 minuti circa, finché si saranno dorati leggermente. Quando saranno pronti, sfornare e lasciare raffreddare. Una volta freddi, zupparli nel cioccolato bianco fuso e passarli nel cocco grattugiato.
giovedì 17 dicembre 2009
Quel lieve tuo candor - Crostata con mele e crema pasticcera
Una terribile morsa di freddo, proveniente dalla Siberia, sta attanagliando l'Italia e - almeno così ci dice il Colonnello Giuliacci durante il Meteo della sera, anche tutta l'Europa. A meno di una settimana a Natale diventa insostenibile stare ad aspettare l'autobus per più di 5 minuti, non indossare la famigerata canotta di lana, che tanto piace alla mamma, e i collant ascellari antistupro e non attaccarsi a termosifoni e/o stufette quando si è dentro le mura domestiche. Nel nostro Bel Paese ha già cominciato a nevicare, persino a basse quote. L'immagine della casetta immersa nella neve, col fumo che esce dal caminetto e le finestre illuminate, il caminetto acceso, una scodella di zuppa calda tra le mani, la coperta di pile sulle ginocchia, circondati dalla famiglia e dal gatto che si struscia sulle nostre ginocchia è edificante ed estremamente romantica (se ci aggiungiamo anche una ghirlanda di pungitopo appesa alla porta diventa una perfetta cartolina di Natale). Guardare i cristalli di neve che, lievemente e lentamente, si depositano sul suolo, è pure alquanto rilassante. Indossare sciarpa, guanti e stivali e andare fuori a fare a pallate di neve, regredendo all'età di 5 anni, è onirico ed emozionante. Per carità, tutto ciò non lo metto in dubbio. Ma, realisticamente parlando, rompendo l'illusione data da queste immagini frutto di racconti natalizi e di pubblicità di biscotti Mulino Bianco, è alquanto improbabile. Coi tempi di oggi, in cui tutti vanno di fretta, in cui si ha mille cose a cui pensare, una nevicata può essere letale. Probabilmente l'avversione per la neve mi è stata trasmessa da mia madre, sempre occupata più a soffermarsi sui disagi che tale agente atmosferico può provocare, piuttosto che sul suo lato romantico (vedi sopra). In effetti però, una nevicata come si deve, non quella neve che si scioglie non appena tocca terra creando quella poltiglia fangosa orripilante, ma una bella neve soda, candida e compatta come un albume ben montato e abbastanza alta, non è proprio il massimo della comodità per quanto riguarda i trasporti. Chi ha da intraprendere un viaggio è sicuramente timoroso di farlo se la strada è ricoperta dalla neve: esistono le catene per l'automobile, ma tutto è più rallentato e pericoloso e una continua scocciatura. Non mi sto riferendo solamente al viaggio da fare per arrivare al supermercato per comprare il salmone affumicato del cenone della Vigilia, piuttosto a chi ha da viaggiare per lavoro, a chi deve necessariamente spostarsi per questioni di salute o per andare a trovare dei parenti. Inoltre c'è anche da dire che, mentre gli altri Paesi europei sono tutti più organizzati, in Italia, come per ogni lavoro, è tutta una disorganizzazione, e prima che passi il Comune a spargere il sale per liberare le strade si può aspettare anche fino al prossimo mese, quando la neve si sarà sciolta da sola e inizieranno a spuntare le prime gemme. Un altro motivo complice del mio astio verso la neve, è sicuramente il fatto che io non sono mai stata in montagna. No, non ci sono mai stata. Non ho mai messo ai piedi un paio di sci, non ho mai bevuto cioccolata calda in un cottage, non o mai preso la funivia. Mai in tutta la mia vita, mentre i miei amici e conoscenti, almeno una volta questa esperienza l'hanno provata: tuttavia non ci aspiro proprio, alla Settimana Bianca preferisco di gran lunga un week-end trascorso in qualche capitale oltralpe. Comunque sia, penso che il mio imbarazzo quasi, il mio pudore per non aver mai sperimentato un'attività così comune (e anche ammetterlo quando tutti ti guardano sbalorditi, come se avessi messo su le antenne, che so, o fossi diventata verde), fomenti la mia reticenza verso un paesaggio innevato come si deve, anche là dove è più frequente che ci siano gelo e neve, piuttosto che pascoli verdi e climi temperati. Diciamo che gli sport invernali non sono proprio il mio forte: anche sulla pista da pattinaggio che viene puntualmente improvvisata in ogni città italiana in concomitanza con l'arrivo del Luna Park, ho fatto le mie discrete magre figure. Una volta, una giapponese imbranata, cadendo si appigliò a me, facendomi franare a mo' di valanga in terra, e rendendomi il sedere una lastra ghiacciata. Esperienza terrificante, è dall'età di dieci anni che non mi infilo un paio di pattini per andare sul ghiaccio (che tra l'altro mi lasciavano delle vesciche sui piedi grandi come crateri lunari e dolorosissime). Insomma, per quanto mi riguarda, ben vengano pupazzi di neve e paesaggi imbiancati, purché restino almeno a 300 km da me (tollerabili quelli su biglietti d'auguri, fotografie e quadretti idilliaci virtuali e non).
Come una lieve nevicata lo zucchero a velo si posa sul dessert che vi propongo oggi: scenografico, ma anche gustoso q.b. La frolla croccante, la crema avvolgente (vi consiglio di provare questa nuova ricetta che ho sperimentato per la crostata: totale assenza di grumi e un gusto fantastico) e la consistenza umidiccia delle mele, rendono irresistibile questa crostata tipicamente invernale.
Crostata con mele e crema pasticcera
Ingredienti
per la pasta frolla (delle sorelle Simili):
200 g farina 00
100 g burro
50 g zucchero a velo
2 tuorli
poca acqua fredda
una bustina di vanillina/scorza di limone grattugiata (a piacere, io ho messo la scorza di limone)
per la crema:
500 g latte
150 g zucchero
2 tuorli d'uovo
40 g farina
estratto di vaniglia (o una bustina di vanillina)
per la copertura:
2 mele Golden
(poca marmellata di albicocche)
Procedimento
per la pasta frolla:
Mettere il burro freddo di frigo tagliato a pezzetti sulla farina disposta a fontana, quindi sbriciolarlo velocemente con le dita (passandolo tra pollice e indice) insieme alla farina. Appena il composto diventa una specie di farina, disporlo a fontana e porvi al centro i tuorli d'uovo e lo zucchero a velo. Con una forchetta, sbattere le uova con lo zucchero: inizialmente senza aggiungere farina, poi incorporandola piano piano al composto. Usando una spatola, lavorare velocemente l'impasto, sollevandolo dai lati e premendo bene verso il centro. Se fosse troppo secco, aggiungere qualche cucchiaio di acqua (circa 3). Continuare a lavorare l'impasto con la spatola, senza mai toccarlo con le mani: infine, quando avrà raggiunto la giusta consistenza, farlo rotolare sul tavolo col palmo della mano, senza stringerlo. Avvolgere il panetto nella pellicola e mettere in frigorifero per mezz'ora o più.
per la crema pasticcera:
In un pentolino versare il latte, metà dello zucchero e la vaniglia, quindi lasciare scaldare sul fuoco. A parte sbattere leggermente i tuorli con il restante zucchero, aggiungendo poi l'amido di mais setacciato. Quando il latte sarà caldo, ma non avrà raggiunto l'ebollizione, versarlo a filo nei tuorli sbattuti, mescolare bene e versare di nuovo il tutto nel pentolino. Cuocere a fuoco basso, mescolando continuamente con la frusta per non far attaccare il composto. Quando avrà raggiunto la consistenza desiderata, togliere dal fuoco e lasciar intiepidire.
Prendere la pasta frolla dal frigo e disporla sulla carta da forno che poi andrà sullo stampo (del diametro di 24 o 26 cm). Poiché risulterà piuttosto dura all'inizio, darle dei colpi col mattarello, appiattendola il più possibile; stenderla solo alla fine. Disporre la carta da forno sulla teglia e rifinire i bordi. Praticare sulla base dei buchi con una forchetta, porvi sopra un foglio di carta da forno e dei legumi secchi, e cuocerla in bianco in forno preriscaldato a 200° per 10 minuti circa.
Quando sarà pronta, toglierla dal forno, eliminare legumi e carta, e versarvi sopra la crema pasticcera.
Sbucciare le mele e tagliarle a spicchi sottili, passandoli per poco nell'acqua affinché non anneriscano (oppure usare del succo di limone). Disporre gli spicchi sulla crema, dandogli una forma circolare.
Cuocere la crostata in forno già caldo a 180° per 35 minuti circa. Dopo averla sfornata, se si vuole rendere lucido l'aspetto delle fettine di mela, spennellare un po' di marmellata di albicocche; altrimenti, lasciare raffreddare e spolverizzare di zucchero a velo. Porre la crostata in frigorifero per almeno due ore prima di servirla.
sabato 12 dicembre 2009
A due a due - Plum cake al miele e yogurt greco
Ci sono quelle coppie inossidabili che mai per niente al mondo potrebbero separarsi, o avere lo stesso valore se poste da sole. Prendiamo, per esempio, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini: lei una lumaca rugosa dai capelli posticci, dagli enormi occhiali e dalla battuta pronta; lui un tenero e anziano anellide. Insieme: un'accoppiata vincente, storica nella televisione italiana, unita fino alla fine. Oppure Sherlock Holmes e Watson: lo scaltro investigatore e il suo coinquilino/amico che lo accompagna in tutte le sue avventure. Per non parlare di Topolino e Minnie, Asterix e Obelix e Ugo e Pina Fantozzi. Sono quelle coppie che staranno insieme per tutta la loro esistenza, e di cui ultimamente sentiamo la mancanza nella vita di tutti i giorni. Ormai rare sono le coppie destinate a non separarsi, ad affrontare ogni momento di rottura con forza, trovando appoggio e conforto vicendevolmente. Passando oltre, ci sono anche quelle coppie che si esaltano a vicenda, che si completano stando insieme, ma i cui singoli elementi possono essere concepiti benissimo anche fuori dal contesto della coppia. Prendiamo il connubio cioccolato&arancia, ormai super collaudato dal settore della cucina e della profumeria. I due gusti, stando insieme, acquistano un altro spessore. Tuttavia sono infingardi e traditori: il cioccolato sta stupendamente anche col peperoncino, l'arancia con la cannella. I tradimenti sono all'ordine del giorno. Jennifer Aniston e Brad Pitt, per esempio, sembravano appartenere alla prima categoria: adesso il bel Brad se la fa con l'Angelina però - mica scemi! Sempre più frequenti sono rotture e separazioni, molte volte anche per motivi futili e sciocchi, su cui si potrebbe benissimo passare oltre. Giovani coppie che si sposano troppo presto, per poi divorziare dopo pochi mesi. Se c'entra il tradimento, però, diventa un'offesa alla propria autostima. Tradimento non solo sessuale: ancora peggio può essere un tradimento affettivo, o culturale, o di pensiero. Sentirsi più libera di parlare col collega di lavoro piuttosto che con il partner, tradire la fiducia di un'amica. Infine, ci sono le coppie antagoniste, i cui componenti, pur essendo in contrasto, trovano completezza in questo rapporto tormentato. Chi sarebbe stato Achille se non ci fosse stato Ettore? Un eroe acheo tra i tanti, non certamente uno dei maggiori personaggi dell'"Iliade". E Federer trova maggiore gloria nello sconfiggere Nadal in una partita a tennis, invece che una delle Williams. O, più semplicemente, nell'ambito scolastico o lavorativo: se siamo in competenza con qualcuno, siamo spinti comunque a fare sempre del nostro meglio e a superare noi stessi.
I rapporti in una coppia, dunque, possono essere molteplici: bello è trovare quell'elemento che ci completa, che sia un uomo, che sia un paio di scarpe, tuttavia va sempre tenuto presente il detto "meglio soli che male accompagnati".
Oggi la ricetta di un cake nato dalla mia torbida mente e dall'unione di due ingredienti che costituiscono ormai una coppia di fatto: lo yogurt greco e il miele. La dolcezza del miele si sposa alla perfezione con il sapore acidulo dello yogurt, e la sua viscosa consistenza con la compattezza propria del prodotto caseario tipico della Grecia. Ho pensato, non sbagliandomi, che sarebbero stati bene anche in compagnia di uova, farina e zucchero e che avrebbero così rappresentato un'accoppiata vincente per la colazione.
Plum cake al miele e yogurt greco
Ingredienti
250 g farina 00
200 g yogurt greco Total 0%
100 g zucchero di canna
2 cucchiai colmi di miele d'acacia (o millefiori)
70-80 g latte
2 uova
50 g burro
mezza bustina di lievito per dolci
un pizzico di sale
una bustina di vanillina
50 g zucchero raffinato
Procedimento
Lavorare bene con la frusta, in una terrina, le uova e lo zucchero di canna. Quindi aggiungere anche lo yogurt greco, il burro fuso e il miele, amalgamando bene. Unire, poco alla volta, la farina setacciata col lievito, il sale, la vanillina e il latte (aggiungerne ancora se l'impasto non dovesse sembrare abbastanza morbido), continuando a mescolare. Ungere di burro uno stampo da plum cake, e ricoprirlo con lo zucchero raffinato, facendo in modo che aderisca alle pareti. Versarvi l'impasto appena preparato ed infornare in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti circa (vale la celeberrima prova-stecchino).
martedì 8 dicembre 2009
Serviamo il numero... - Strudel di ricotta alle mele
Tra le mansioni tipiche del "mondo dei grandi"c'è sicuramente quella di fare la spesa: quando, da piccola, mia madre mi piazzava sul seggiolino del carrello riservato ai bambini, osservavo quegli scaffali con enorme curiosità, molte vole infilando di soppiatto barattoli impropri quando la mia progenitrice era occupata a fare altro. Il mondo del super o iper o rionale mercato che sia, mi ha da sempre affascinato: l'oculata scelta tra migliaia di prodotti, nuovi gusti da sperimentare. Tutto ciò non sembrava tanto una necessità, quanto un piacere. Adesso, fare la spesa, è un'incombenza in più che devo necessariamente svolgere quando torno a Firenze. Procacciarsi il cibo è comunque un bisogno che risale alla comparsa del primo uomo sulla terra, per non parlare delle specie animali che ci hanno preceduto. Se in antichità le armi da utilizzare erano lance, frecce e una buona dose di coraggio per poter affrontare un mammuth di mastodontiche dimensioni, adesso dobbiamo munirci di carrello, sacchetto della spesa (preferibilmente la sacca di tela, ecologica e riutilizzabile) e borsello. Ingrediente fondamentale per affrontare Coop, Esselunga, Penny Market, Ikea, Obi che sia, è anche un'esagerata quantità di pazienza. Il supermercato si è trasformato praticamente in una vera e propria giungla sociale. Non appena si varca la soglia provvista di porte a scorrimento automatico, ci si trovano di fronte le più disparate tipologie di persone. C'è la signora anziana che si sofferma di fronte agli yogurt, chiedendosi se quelli alla prugna saranno più efficaci per migliorare la sua peristalsi. C'è il vecchino che si sistema gli occhiali sul naso cercando di decifrare la lista della spesa scrittagli dalla moglie o dalla figlia,e che si piazza preciso in mezzo al corridoio impedendovi l'accesso ai mandarini. C'è la mamma coi pargoli viziati al seguito, che non si preoccupa se questi corrono, strepitano e urlano facendo deragliare il vostro carrello; il più delle volte questi esserini poco simpatici si prendono la licenza di trangugiare merendine appena prelevate dal banco-frigo, senza che i genitori si preoccupino di impedirglielo. C'è il single incallito, ormai fedele ai soliti prodotti: tra questi, estate e inverno, sono presenti wurstel e buste di cibi precotti. C'è la rompiscatole, che strazia i poveri operatori impegnati a trasportare casse di banane o a riporre i barattoli di fagioli al loro posto, facendosi finta di non accorgersi dei quanto mai esplicativi pannelli posti su ogni riparto ad indicare che cosa vi si può trovare. C'è il/la furbo/a che vuole saltare la fila a tutti i costi, anche se ci si trova alle casse veloci: il più delle volte sono gli stessi che vi passano davanti alle poste o in banca. C'è la Famiglia: mamma, babbo, figli, nonni, cugini e zii tutti insieme al supermercato, come fosse una gita fuori-porta. Invadono interi corridoi come una mandria di bufali, e se si è nei paraggi occorre scappare immediatamente oppure incunearsi nello scaffale più vicino. C'è l'amante degli animali, che riempie il carrello di mangimi e bocconcini al salmone aromatizzati alla paprika, che si preoccupa più del suo amico a quattro (o due) zampe (o pinne) che di se stesso. C'è l'attenta alla linea, in dieta perenne, che va spedita al reparto "prodotti salutistici" e che poi sta le ore a guardare (senza toccare, sia chiaro!) quello che offrono i reparti "gelati" e "caramelle, snack e merendine", anelando ad un briciolo di biscotto al cioccolato. E infine c'è il foodblogger, perenne indeciso per cui fare la spesa è un'arte, che si chiede se per una volta può sgarrare, e comprare la vanillina invece dell'estratto naturale di vaniglia che è tanto più buono e sano, ma che costa circa il triplo di più. E il riso basmati forse è meglio comprarlo ad un NaturaSì? E c'è differenza tra il pepe in grani e quello da macinare? Ecco, il foodblogger che va a fare la spesa deve mettere in conto che per le prossime due ore non sarà reperibile.
Oggi vi lascio la ricetta di una sorta di esperimento: ho messo insieme le ricette più svariate in circolazione (sul web e non) dello strudel, tipico dolce invernale, che mi riporta la memoria a quei deliziosi mercatini natalizi del Trentino Alto-Adige, ottenendo un esito sicuramente positivo. Ho optato per un impasto alla ricotta e un ripieno alle mele, piuttosto fedele alla tradizione. Il fatto è che ero davvero indecisa... sono o non sono una foodblogger?
Strudel di ricotta alle mele
Ingredienti
per la pasta:
100 g farina 00
85 g zucchero a velo
100 g ricotta
75 g burro
un cucchiaino di lievito per dolci
una bustina di vanillina
per il ripieno:
3 mele Golden
60 g zucchero di canna
50 g uvetta sultanina
30 g pinoli
3 cucchiai colmi di pangrattato
scorza di un limone e succo di una metà
un pizzico di cannella
per spennellare:
30 g burro
Procedimento
per l'impasto:
Passare al mixer la farina, lo zucchero e il burro. Unire anche la ricotta, il lievito e la vanillina. Frullare fino ad avere un composto omogeneo, formare una palla (se risultasse troppo morbida, incorporare un po' di farina), avvolgerla nella pellicola trasparente e riporre in frigorifero per almeno un'ora prima di stenderla.
per il ripieno:
Porre le uvette a rinvenire in una tazza di acqua tiepida. Nel frattempo, sbucciar e tagliare le mele a pezzi non troppo sottili, quindi bagnarle col succo del limone. Fare imbiondire il pangrattato sul fuoco con una noce di burro (per 2 minuti circa); aggiungervi la scorza del limone, la cannella e lo zucchero. Mescolare e unire anche le mele e le uvette ben strizzate.
Stendere la pasta, che deve risultare sottile, su un foglio di carta da forno ben infarinato. Disporvi sopra il ripieno in modo omogeneo, quindi, facendo attenzione a non rompere la pasta, avvolgerla con cautela, fino ad ottenere un "rotolo" da spennellare col burro fuso, dopo averlo posto sulla teglia rivestita da carta da forno. Infornare a 180° per 40-45 minuti circa. Aspettare che diventi tiepido, quindi spolverizzare di zucchero a velo e servire.
domenica 6 dicembre 2009
Caro Babbo Natale... - Chocolate Crinkle Cookies
Babbo Natale nasce in realtà come San Nicola, vescovo bizantino vissuto nel IV secolo, che si dice abbia regalato a tre fanciulle la dote affinché potessero sposarsi, anziché andare a prostituirsi. Diffusasi questa leggenda nel Medioevo, cominciò a diventare abituale lo scambiarsi dei doni nel giorno dedicato al santo (6 dicembre): successivamente l'usanza si spostò al giorno di Natale, e il santo divenne una figura popolare non solo nei paesi protestanti (assumendo altri nomi, come quello di Santa Klaus), ma anche in Europa. Va ricordato però che, fino a quel momento, Santa Klaus aka Babbo Natale era un essere alto, magro e macilento, vestito con una tunica verde. Lo scrittore Clement Clark Moore, invece, nel suo racconto "Una visita di San Nicola" (1848), lo aveva descritto come un elfo. Sebbene sia stata una multinazionale, la Coca-Cola, a diffondere la figura del rubicondo grassone dalla barba bianca vestito di rosso, tolga buona parte della poeticità a questa romantica novella, rimane il fatto che, a mio parere, Babbo Natale è una figura che deve necessariamente rimanere parte integrante dell'immaginario collettivo e dei ricordi d'infanzia (anche più di Sailor Moon o Denver). Innanzitutto, per un bambino è emozionante scrivere la letterina da spedire al Polo Nord in cui chiedere ciò che desidera a questo simpatico vecchietto: io, per esempio, ero oggetto del potere coercitivo di mia mamma che mi faceva chiedere, senza che me ne accorgessi, quello che lei aveva già in programma di comprarmi, conforme al budget dell'anno, ma comunque sempre in accordo coi miei gusti (ricorderò sempre di quando non desideravo altro che una Serenity dalla gonna rotante, che riusciva a ballare come una trottola impazzita se posta sul pavimento: quell'anno ricevetti il camper di Tanya). Poi è dolce pensare che, mentre si dorme, l'anziano signore in questione si calerà con la sua slitta trainata da renne, scenderà dal camino anche se in casa si è provvisti solamente di una stufa elettrica e del camino neanche l'ombra, riuscendo ad infilarvi la panza tanta e senza slogarsi e/o rompersi nessuna articolazione, e depositerà sotto l'albero i doni richiesti, per poi recarsi da un altro bambino. Per quanto mi riguarda, avevo sempre l'influenza per Natale (e anche in occasione delle gite scolastiche, merito del mio fattore C, ma questa è un'altra storia): tenere fotografie mi ritraggono sempre con due gote rossissime e lo sguardo lucido di febbre. Il più delle volte scartavo i regali la sera della Vigilia: per me Babbo Natale arrivava prima, almeno risparmiava un po' di tempo. Prima o poi, però, arriva per tutti il momento della verità (non conosco quarantenni che pensano di non ricevere niente da Babbo Natale solo perché sono cattivi con i colleghi). Traumatico è il momento in cui il bimbo comincia a ragionare e a rendersi conto che Babbo Natale è... una bufala! Una ciofeca! Un piacevole inganno! Per me accadde all'età di 7 anni e mezzo: una sera, dopo cena, distesa sul letto dei miei a leggere con mia madre accanto, cominciai a fare delle congetture. Com'era possibile che questo personaggio - tra l'altro abbastanza avanti con gli anni, non presentasse problemi di prostata e affaticamento e riuscisse, in una sola notte, a fare il giro del mondo portando regali ad ogni bambino? E le renne? Come facevano le renne a volare (non avevo mai incontrato nessun quadrupede in grado di spiccare il volo, l'esperienza insegna)? Piano piano, vedendo mia madre vacillare e sogghignare di fronte alle mie frequenti domande, arrivai alla più ovvia conclusione: Babbo Natale non esiste. Crollano miseramente di conseguenza anche la pluririspettata Fatina dei Denti e la Befana, mentre misteriosamente l'Uomo Nero continua a far parte degli incubi infantili (e non: a volte guardo ancora sotto il letto). Pensare che sono sempre stati i genitori - di soppiatto, a disporre accuratamente i regali sotto l'albero è straziante (ma anche venire a sapere che la dolcissima cugina di tua mamma si metteva un naso e un porro finto, una parrucca, dei vecchi abiti consunti e, ringobbita e con la voce falsata, si improvvisava una burbera Befana). Pensare ai regali di Natale diventa piacevole, ma non c'è più quell'attesa snervante, quella speranza di poter vedere almeno un piccolo rollo di grasso della rinomata pancia rossa, o la punta di uno stivale. Piano piano si comincia a diventare noi, i nuovi Babbo Natale: parenti e amici da soddisfare con regali più o meno costosi (un'altra rilevante questione potrebbe essere: come fa Babbo Natale a permettersi tutto quel materiale da distribuire agli elfi - sicuramente sottopagati, affinché fabbrichino i doni richiesti?). Per quanto mi riguarda, non aspetto neanche più la Vigilia o il giorno di Natale per scartare i regali. Quest'anno, per esempio, Babbo Natale è arrivato per me un mese prima, portandomi un Macbook portatile nuovo di zecca. A queste condizioni, non crederci più, diventa quasi sopportabile.
In ogni caso, se gli inguaribili romantici volessero lasciare comunque qualcosa da sgranocchiare al canuto amico di cui ho appena parlato, consiglio di preparare questi favolosi biscottini al cioccolato, che stanno ormai spopolando su tutti i foodblogs. La ricetta è quella di Sigrid: delizioso il contrasto tra la crosta croccante e l'interno morbido e scioglievole. Consiglio di sostituire il famigerato bicchiere di latte di accompagnamento con una tazzina di caffè espresso: l'accoppiata è vincente, e penso che anche Babbo Natale ve ne sarà grato.
Chocolate Crinkle Cookies
Ingredienti
175 g farina
175 g cioccolato fondente
150 g zucchero
55 g burro
2 uova medie
mezzo cucchiaino di lievito per dolci
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
mezzo cucchiaino di sale
60 g zucchero a velo
Procedimento
Far sciogliere, a bagnomaria, il cioccolato insieme al burro. Sbattere le uova insieme allo zucchero, per due minuti, poi aggiungere il cioccolato fuso, l’estratto di vaniglia, e incorporare finalmente la farina, il lievito e il sale. Quando il composto è omogeneo, metterlo al frigorifero per almeno due ore. Riprendere l’impasto, e formare delle palline di 3-4cm di diametro. Versare lo zucchero a velo in una ciotolina e passarci le palline di impasto prima di disporle su una teglia da forno rivestita con carta da forno (nota di tartina: lo zucchero a velo che si attacca all'impasto deve essere abbondante, sennò tende a sparire in cottura). Con il fondo di un bicchiere, schiacciare le palline in modo da ottenere dei biscotti di mezzo cm di spessore, e infornare per 10-15 minuti a 180°. Lasciar raffreddare su una griglia.
lunedì 30 novembre 2009
Il decalogo dei foodbloggers - Frollini allo zucchero
Non appena si apre un proprio foodblog, occorre seguire attentamente i 10 comandamenti dei foodbloggers, da me appena decretati:
1. Non avrai altro chef all'infuori di me. Col primo post che inaugura una prolifica serie a seguire, i parenti e i cari del foodblogger in questione devono farsi consapevoli che, da ora in poi, il suddetto comincerà a cucinare senza sosta, che la cucina è di sua proprietà, che si ritroveranno, volenti o nolenti, ad assaggiare una sterminata varietà di ricette (e magari ad ingrassare).
2. Non nominare il nome di Sigrid Verbert invano. È lei la capostipite di tutti quei foodblogs di cucina che prolificano come una colonia di funghi: ricette e fotografie impeccabili, un libro appena pubblicato. Inoltre, tener ben presenti i nomi dei più rinomati guru e rappresentanti di cucina: da Pierre Hermé, il pasticcere francese dei noti macarons, a Ferran Adrià, rappresentante della nuova cucina molecolare; da Anthony Bourdain, conosciuto per il suo libro "Kitchen Confidential" a Nigella Lawson, figlia di un lord e cuoca apprezzatissima d'oltremanica; dallo chef francese Christophe Felder alle riviste di cucina di Donna Hay.
3. Ricordati di santificare le feste. Che si tratti del Natale o della Pasqua, di un compleanno o del buffet per una festa di laurea, di un tè con le amiche o della merenda del pargolo, gioire per la ricorrenza in arrivo e sfruttarla per imbastire una tavola da gourmet, dando sfogo alle proprie competenze eno-gastronomiche.
4. Onora la frusta e il matterello. Amare e rispettare gli strumenti della cucina, imparando ad impiegarli al meglio della loro funzionalità, pulendoli con cura dopo averli utilizzati e riponendoli nel loro luogo di appartenenza.
5. Non utilizzare ingredienti scadenti e/o fuori stagione. Cercare sempre di usare, nella preparazione dei nostri cibi, gli ingredienti più genuini e biologici che abbiamo, meglio se non sottoposti ad alcun tipo di trattamento e coltivati da noi in persona, rispettandone il corso naturale. Il burro al posto della margarina, le fragole solamente a primavera e le arance solamente d'inverno, le spinaci in foglia e non surgelate... ecc.
6. Non lasciarsi prendere dallo sconforto. Se il soufflé si affloscia miseramente su se stesso non appena tolto dal forno, se non si riesce a trovare al mercato quel grammo di "pepe mantecato ai 24 sapori dei Pirenei" indispensabile per eseguire la ricetta dello "spezzatino di pollo australiano al sapore di menta con fave gratinate all'atmosfera di pepe mantecato", se hanno tolto dalla produzione quei meravigliosi stampi di silicone a forma di gasteropode Eudolium crosseanum (una conchiglia rara del Mediterraneo), non bisogna scoraggiarsi, ma perseverare provando a risolvere i problemi in questione e trovando soluzioni alternative (che ne pensate di uno stampo a forma di cervo volante?).
7. Non rubare. Assolutamente vietato è plagiare le ricette degli altri: se ci si accinge a postare una ricetta o una fotografia scovate in un altro blog, segnalarne immediatamente il nome. Rispetto e cortesia sono indispensabili per mantenere un comportamento corretto nei confronti degli altri foodbloggers.
8. Non dire falsa testimonianza. Comportarsi correttamente con le cavie dei nostri esperimenti in cucina e con gli altri foodbloggers, rivelando i segreti del successo del nostro piatto e condividendoli con gli altri, così da spargere la Buona Novella in giro per il mondo.
9. Non dimenticare di fotografare ogni piatto. Passare oltre le lamentele dei commensali, che vedranno sottrarsi il risotto fumante da sotto il naso perché abbiamo da metterlo in una posizione luminosa, sistemarlo con cura tra stoffe colorate per ricreare l'immagine di un fiore che sboccia e fotografarlo con impostazione "macro" servendosi della nostra digitale compatta o Canon che sia e scattando circa 25 foto prese da angolazioni diverse. Il risotto verrà restituito ghiacciato e incollato, ma la fotografia da mettere sotto il nome della ricetta sarà pronta per essere ritoccata con Photoshop.
10. Non desiderare i foodblogs altrui. Ogni blog di cucina è bello a suo modo, perché nobile è l'intento con cui questo viene aperto. Quindi non invidiare i blogs dei "colleghi", dall'header più accattivante, dalle foto più seducenti e dalle ricette più ricercate e complesse: tutti i foodblogs vanno apprezzati, seguiti e ammirati, e ciascuna ricetta postata dev'essere fonte di ispirazione.
Concorde al terzo comandamento, vi lascio la ricetta di biscottini friabili, golosi e rapidi: qualità che ne fanno, se impacchettati con cura, un grazioso e ottimo dono in occasione di questo Natale.
Frollini allo zucchero
Ingredienti
250 g farina 00
65 g zucchero a velo
55 g burro
65 g latte
6 g lievito per dolci
un uovo
un pizzico di sale
un pizzico di vanillina
zucchero semolato
Procedimento
In una ciotola lavorare la farina, lo zucchero, il burro leggermente ammorbidito, il lievito, il sale e la vanillina, impastandoli con il latte. Quando si sarà ottenuta una pasta liscia e compatta, porre in frigorifero per almeno un'ora. Riprendere l'impasto e stendere una sfoglia sottile, tagliando dei biscotti della forma preferita e disporli su una teglia rivestita da carta da forno. Spennellare i biscotti con l'uovo sbattuto diluito con poca acqua e spolverizzarli di zucchero semolato. Cuocere in forno preriscaldato a 175° per 10-12 minuti.