L'esaltazione della partenza, le aspettative di un viaggio - o di un trasloco, o di un trasferimento, o di una gita campestre, il brivido di intraprendere una nuova esperienza che potrebbe essere rivelatrice e/o illuminante, sono frenati sempre da un particolare non trascurabile e neanche di poco conto: la valigia (sacca, borsa, zaino che sia). Soprattutto per noi donne, ridursi a portare l'essenziale, è più traumatico di un salto nel vuoto; e non funziona come nei film, in cui basta sedersi sopra la valigia e questa clack, si chiude autonomamente. No, nella realtà mutande, reggiseni, magliette, scarpe e trousse, non vogliono proprio trovare un ordine logico all'interno della valigia, ma si distribuiscono in malo modo e caoticamente: solitamente il deodorante si apre, il fard si rompe e i vestiti diventano tutta una piega. Poi c'è sempre il timore di aver dimenticato qualcosa, e sorge proprio nel momento in cui siamo riusciti a stipare il nostro armadio nel trolley, chiudendolo a fatica. Allora si riapre, e si va alla disperata ricerca della cosa che ci era venuta in mente, la quale giaceva innocente tra i 20 pacchetti di fazzoletti e le pantofole da camera. Quando ci si appresta a fare un viaggio che implichi prendere un aeroplano, la mia paura più grande è quella che la mia valigia vada persa. Tutti i miei vestiti, i miei accessori, le mie cose! Non hanno solamente un valore economico, ma anche affettivo e simbolico. Cadrei nella disperazione più totale, anche se sento che succede di frequente. Per esempio, è successo anche a Lindsay Lohan, ma credo che per lei non sia stato poi un grande problema perdere la sua Louis Vuitton, e neanche ricomprare tutto ciò che vi era dentro. A me getterebbe nello sconforto, invece: probabilmente resterei lì a fissare il nastro trasportatore con infinita angoscia finché la security non mi porterebbe via. Comunque sia, stasera non dovrò prendere un aereo, bensì un treno. Tralasciando gli enormi disagi che anch'esso può provocare, almeno sono sicura che la mia valigia da un quintale e mezzo sarà sempre con me. Ecco, la valigia. Siamo alla questione principale: vestiti ordinatamente ripiegati, scarpe imbustate e cibi impacchettati giacciono sul mio letto placidi e tranquilli. Credo sia giunto il momento di cercare di infilarli in valigia, oppure potrei anche decidere, quando sarò a Firenze fino a venerdì, di indossare gli stessi abiti di oggi. Sarei trasgressiva, anticonvenzionale e menefreghista. Ma anche no.
Oggi si viaggia anche in cucina con la ricetta di un dolce squisito, proveniente dall'ultimo numero di Sale&Pepe, la cui ricetta ha origini texane.
Ci leggiamo/scriviamo venerdì ;)
Cobbler di pere alla cannella
Ingredienti:
250 g farina 00
160 g zucchero
200 g burro (io l'ho diminuito, portandolo a 150 g)
4 dl late
6 pere William
un limone
un cucchiaino di cannella in polvere
10 g lievito vanigliato
Procedimento:
Sbucciare le pere, eliminare il torsolo, ridurre ognuna in 6 spicchi e bagnarle con il succo del limone per evitare che anneriscano. Setacciare la farina e il lievito in una ciotola capiente e aggiungere 120 g di zucchero. Unire quindi 120 g di burro (io 100) molto morbido e lavorare il tutto con la punta delle dita in modo da ottenere un composto di briciole. Incorporare il latte, poco alla volta, mescolando con un cucchiaio di legno finché l'impasto sarà morbido ed omogeneo. Mettere il burro rimasto (io 50 g) in uno stampo di 20x24 cm di lato e passarlo in forno caldo a 180° finché si sarà sciolto. Afferrare lo stampo con una presina e inclinarlo in modo che il burro ne ricopra bene il fondo e le pareti. Versare subito l'impasto nello stampo e allinearvi sopra le pere. Mescolare lo zucchero rimasto con la cannella, distribuirlo sulla frutta e cuocere il cobbler in forno caldo a 180° per 45 minuti. Servire a piacere tiepido o freddo.