Il termine "stravagante" è sinonimo di "eccentrico", che è sinonimo di "bizzarro", che è sinonimo di "strano", che è sinonimo di "alquanto singolare", che a sua volta è sinonimo di giapponese. Sì, proprio quei giapponesi dagli occhi a mandorla, la statura bassa, i capelli lisci e corvini. Ogni volta che scopro qualcosa in più su questo popolo rimango esterrefatta, nel bene o nel male. Ultimamente, poi, sono sempre più affascinata dalla cultura del Sol Levante, da noi così distante e diversa: anche criticarla mi appare sbagliato, là vigono regole e costumi completamente estranei ai nostri. Qualcosa che qua può sembrare inammissibile, là magari è ritenuto giusto, e viceversa. Rimane il fatto che i picchi di stramberia raggiungono livelli inaspettati.
I giapponesi fanno il funerale alle loro scarpe, perché secondo loro queste sono le compagne inseparabili di una vita: il rito consiste in un enorme falò che brucia decvolletée, stringate e mocassini. [Lacrime agli occhi e voce singhiozzante che dice: "Erano così calde, sono state delle brave pantofole..."]
Nei ristoranti giapponesi, la maggior parte delle volte, ogni tavolo è fornito di una griglia per cucinare la carne; questo perché a molti giapponesi piace cucinare la carne per conto proprio persino al ristorante, in quanto secondo loro il parlare va di pari passo col cucinare. [Cioè, se io vado al ristorante si presuppone che, almeno per stavolta, non abbia la minima intenzione di cucinare. Però è vero, quando cucino e ho qualcuno vicino, la mia vena logorroica prende il sopravvento.]
I giapponesi sono terrorizzati dall'aggravarsi di malattie anche innocue, come un banale raffreddore. Non appena si ammalano, si infilano una mascherina bianca per ridurre il contagio e per non peggiorare la situazione: la mascherina viene tolta solamente di notte. [Penso che un Efferalgan sia comunque più comodo e più gradevole, anche dal punto di vista estetico.]
In Giappone si può fumare ovunque, ma davvero ovunque, tranne che per strada. [Ora, dico io, in strada almeno c'è ricambio di ossigeno, e il fumo passivo è sicuramente smorzato dall'aria aperta. E poi si usano le mascherine...]
Hanno prodotto il budino da bere (Purin Shake), il crème caramel più grande del mondo, mangiano pesce palla (fugu) nonostante sia pericolosissimo per la tetrodotossina presente nel fegato e nelle ovaie dell'animale. [Mangia che ti passa]
BaaKodo Atama cioè "Testa a codice a barre" è come i giapponesi prendono in giro chi ha pochi capelli e si fa il riporto. [Abbiamo trovato un nuovo soprannome ad un certo premier!]
Hanno dei ristoranti in cui, pagando un prezzo fisso, si può mangiare senza limitazioni, se non di tempo. [Ci restano due minuti per finire il riso al curry, gli spaghetti di soba e gli onigiri, forza, ce la possiamo fare!]
In Giappone gli ombrelli non sono considerati proprietà privata, bensì beni della comunità, di cui ci si può appropriare liberamente. [Quindi portarlo sempre con sé, oppure porci l'etichetta: "A chi ruba quest'ombrello, veleno nel pesce palla di stasera"]
Gli impiegati statali giapponesi non possono rimanere più di tre anni nello stesso posto. [Non affezionarsi al collega, meglio alla stampante o al cactus vicino al cestino, sarà più facile rimpiangerlo]
Insomma, io non so se riuscirei a vivere a lungo in Giappone, o comunque sarebbe difficile per me abituarmi a quella vita. Mica tanto perché mancano i cestini per strada o perché nei bagni pubblici non esistono salviette con cui asciugarsi le mani, quanto per... LEI. La vera Sovrana nipponica. HELLO KITTY. A quanto ho capito, è veramente dappertutto, anche sulla carta igienica e in macelleria fatta di cotechino. Quella gattina obesa io non l'ho mai sopportata, mentre là è una specie di divinità. Oltretutto lei ha posato per Vogue Giappone e io no, non è mica giusto.
Per suggellare le mie nippo-considerazioni, vi offro questo cheesecake, leggero ed impalpabile come una nuvola, da accompagnare con della marmellata preferibilmente fatta in casa.
Arigatò!
Japanese Cheesecake
Ingredienti
125 g formaggio fresco (Philadelphia)
50 g burro
3 uova
80 g zucchero
50 ml latte
10 g amido di mais (maizena)
30 g farina
un cucchiaino di succo di limone
una puntina di lievito per dolci
una puntina di sale
Procedimento
Porre il burro ed il formaggio a temperatura ambiente in una ciotola. Servendosi delle fruste elettriche, lavorarli fino ad avere una crema densa, ma liscia. A questo punto unire il latte, i tuorli, il succo di limone, mescolando continuamente con un cucchiaio. Incorporare poi la farina setacciata, la maizena e il sale. Montare gli albumi insieme al lievito finché siano quasi sodi, quindi unire gradualmente lo zucchero, fino ad ottenere degli albumi ben compatti. Incorporarli delicatamente, mescolando dal basso verso l'alto, al composto a base di formaggio preparato in precedenza. Per finire, versare l'impasto in uno stampo foderato di carta da forno dal diametro di 22 cm. Sistemare lo stampo dentro una teglia più grande, versare un paio di dita di acqua in questa seconda teglia e infornare il tutto a 150° per 80 minuti circa, fino a quando la superficie non si sia scurita. Lasciar intiepidire e sfornare su una gratella per dolci, facendo particolare attenzione mentre si sposta il dolce.
domenica 29 marzo 2009
Mai dire Banzai!
sabato 28 marzo 2009
Dritto e rovescio, dritto e rovescio, dritto e...
A parte per l'incantevole Jonathan Rhys Meyers, coi suoi occhi verdi e il suo savoir faire; a parte perché la regia è di Woody Allen, a mio parere genio indiscusso della cinematografia e degli aforismi; a parte per la presenza della Marilyn moderna Scarlett Johansson, attrice indiscussamente brava; a parte perché è girato a Londra, una delle mie città europee preferite; a parte questo smisurato elenco di motivi, Match Point è uno dei miei film preferiti. L'ho già visto tre volte, e lo guarderei volentieri una quarta. Solitamente non mi sbilancio mai per un film: visto una volta mi basta. Match Point invece è come una scatola di cioccolatini al peperoncino: uno tira l'altro, non importa quanto poi la lingua bruci, ma il gusto che lascia in bocca è l'importante. E ogni volta che lo guardo ne traggo conclusioni nuove. Delle filosofie di vita, per intendersi: il film è dissacrante, mostra tutta l'ipocrisia e l'egoismo di cui la società di oggi è capace. È guardare in uno specchio e vedere che ci è spuntato un brufolo enorme in fronte, che non possiamo togliere, ma solo mascherare con del fondotinta, per poco tempo però. Più ci penso, e più condivido il leitmotiv della pellicola in questione:
Nella vita non conta il talento, conta solo la fortuna.
Cinica. Icastica. Dissacarante. Chiamatemi come volete, ma secondo me Woody, coi suoi occhialoni pesanti a fondo di bicchiere, ha capito tutto. In realtà già gli antichi Greci erano un pezzo avanti, mica tanto per la democrazia, i poemi e le acropoli, quanto per la divinità che adoravano più di ogni altra Era o Atene: la Tyche. Questa era proprio la personificazione della nostra Fortuna. Se una città cadeva in guerra o in carestia, era perché la Tyche aveva voluto così. Le stesse divinità avevano sicuramente più poteri degli esseri umani, ma dipendevano sempre dal vincolo della Tyche: la Sorte, insomma, era qualcosa a cui non si poteva andare contro, eroi e titani inclusi. Per esempio, se troviamo subito il parcheggio per l'auto in centro a Milano, non lo dobbiamo mica al servo sterzo, bensì alla fortuna. "Così però è riduttivo", obietterete voi. "Il talento conta eccome, la vita non è mica una partita di tennis", già mi sembra di sentire le vostre parole, inaciditi dalle parole di questa tartina che non ha capito niente di niente. Mi spiego meglio, allora. Mettiamo caso che uno studente si trovi ad affrontare un esame molto impegnativo e complicato. Mettiamo anche che lo studente non solo sia personalmente dotato, ma che si impegni e si dia da fare costantemente. Lo studente, che chiameremo per comodità Ildebrando, la mattina dell'esame si sveglia, pronto ad affrontarlo, conscio di aver studiato il più possibile. È un test a domande aperte. Vuoi per l'ansia, vuoi perché succede a tutti, Ildebrando ha un vuoto di memoria, e non si ricorda come riescano i catalizzatori ad abbassare l'energia di attivazione di una reazione cineticamente sfavorita. Il povero Ildebrando pensa anche che, in un programma così vasto, è quasi impossibile che gli capiti proprio quella domanda, che sarebbe proprio Sfortunato, per quanto si è dato da fare. E invece, ecco che all'esercizio numero 5, spunta la domanda: "Spiega in che modo agiscono i catalizzatori". Ildebrando si dispera, cerca di ricordarsi, ma l'agitazione prevale su di lui, non riuscendo a farlo ragionare bene. Eppure si ricorda il disegno, il numero della pagina del libro, ma non gli sovviene la risposta. Ildebrando scrive qualche parola dettata dal buon senso e dalle altre conoscenze nella chimica inorganica, ma questa domanda gli costerà il 30, se non il 28 agognati e meritati. Questo per farvi capire che la fortuna va sopra il talento: Ildebrando oggi è un chimico affermato, talentuoso e geniale, sta per fare una scoperta che ci rivoluzionerà la vita, ma in quella precisa occasione è stato proprio sfortunato. A mio parere, lo stesso fatto di avere del talento, è dettato dalla fortuna. Il semplice talento non può bastare. Metti un uomo talentuoso, con delle capacità fuori dalla norma; se non è baciato dalla Fortuna perché in quel preciso momento aveva l'alitosi ed è nato in una famiglia che, per esempio, non può permettersi di pagargli gli studi, rimarrà un uomo talentuoso con un lavoro comune, mentre potrebbe mettere al servizio degli altri e della società la sua particolare attitudine per qualcosa (che sia nel campo dell'ingegneria aerospaziale, che sia nel campo di fragole). Per concludere, la vita è un concentrato, di cui il 90% è Succo della Fortuna, e il 10% Passato di Talento.
Quando la pallina colpisce la rete, bisogna solo sperare che non cada all'indietro, ma che la oltrepassi, e la vittoria è assicurata.
Sentitevi fortunati, perché oggi ho deciso di postare un secondo piatto. Evento per me, cuoca dedita a dolci, sfizi e primi piatti, piuttosto insolito.
Spiedini di carne
Ingredienti (per 6 spiedini)
2 hg petto di pollo
2hg petto di tacchino
4 salsicce
75 g pangrattato
rosmarino, salvia, prezzemolo
sale
aceto
olio
bastoncini per spiedi
Procedimento
Preparare un impasto unendo al pangrattato un rametto di rosmarino, qualche foglia di salvia e un mazzetto di prezzemolo tritati finemente. Aggiungere un po' di aceto e di olio e amalgamare.
Tagliare i petti di pollo e di tacchino a bocconcini, salare e pepare quanto basta. Spellare le salsicce e realizzare delle palline, condendo con poco sale. Passare i tre tipi di carne nell'impasto di erbette precedentemente preparato, avendo cura di premere leggermente per farlo aderire meglio.
Infilzare i bocconcini nello spiedino di legno, infine far cuocere nella griglia già calda per circa mezz'ora, o fino a che saranno dorati (dipende dalla griglia usata.)
domenica 22 marzo 2009
Revival
A mio parere il detto "Chi cerca trova" non è del tutto veritiero. Capita molte volte, infatti, che chi cerca non trova quello che desiderava: a seconda dei casi, può trovare di meglio o, ahimè, di peggio. Ad esempio, se si è perso un anellino di argento ai parchi pubblici ci si potrebbe imbattere, durante la sua ricerca, in una collana di perle come in un escremento di cane (io appartengo più alla seconda categoria). Molte volte, invece, capita che chi cerca trova qualcos'altro che non si sarebbe aspettato di trovare, o qualcosa che aveva dato per perso da tempo, o ancora qualcosa che non si ricordava di possedere. Giorni fa mi sono messa a rovistare nei piccoli cassetti del salotto, che contengono una quantità esagerata di... cassette. Non sto parlando di cassette di frutta, e neanche di VHS, piuttosto delle vecchie e care musicassette, le compact cassette, insomma quelle che oggi sono state sostituite di sana pianta dai CD, quelle con il nastro che io mi divertivo a srotolare, quelle su cui potevi registrare le tue imbarazzanti performance musicali e poi riregistrarci sopra, facendo finta di niente. Dopo aver riesumato la cassetta originale di Céline Dion che avevo fuso in corrispondenza della traccia My heart will go on (erano i tempi di Di Caprio e del Titanic), sono partita alla disperata ricerca delle varie Hit Mania Dance, con cui mi smannavo in balli convulsi d'estate, ai villaggi turistici e poi a casa, dove potevo riproporre le mosse abilmente apprese. Come avrete intuito dall'inizio del post, non ho assolutamente trovato alcuna delle cassette che cercavo, bensì una che mai mi sarei aspettata di trovare: "Le più belle canzoni di Cristina D'Avena", vol. 2 L'ho immediatamente infilata nel registratore, e ne sono uscite le canzoni che hanno accompagnato i pomeriggi della mia infanzia, quando, mentre facevo merenda, mi appostavo alla televisione e seguivo tutti i cartoni giapponesi possibili. C'è Mila e Shiro, con le giocatrici di pallavolo che stanno mezz'ora in aria a pensare dove schiacciare la palla, se stanno bene con la nuova divisa e cosa mangeranno per cena. C'è Pollon, che con la sua dubbia "Sembra talco, ma non è, serve a darti l'allegria!" diventa la pusher dell'Olimpo. C'è O-o-o-occhi di gatto, con le tre sorelle che han fatto un patto. C'è L'Incantevole Creamy, che con il suo Parimpampù si trasformava nella Britney Spears di Tokyo. E poi c'è Lycia, con l'odioso gatto Giuliano e Mirko, che si è spalmato in testa metà barattolo di maionese e metà barattolo di ketchup. C'è Piccoli problemi di cuore, con le mille seghe mentali di Miki. C'è Là sui monti con Annette, dove il cielo è sempre blu. Sebbene manchi Sailor Moon, di cui io non mi sono persa neppure una puntata (avevo anche lo scettro, ma mi chiedevo come mai nessuno riuscisse a riconoscerla quando si trasformava), la cassetta trovata è per me preziosa. (Ovviamente non vi rivelerò che l'ho messa a tutto volume cantando a squarciagola e saltando per la stanza con foga, sarebbe troppo imbarazzante. Ehm...)
Cristina D'Avena oggi ha 45 anni e non dimostra minimamente l'età che ha. Se mi metto a remixare Doraemon, dite che posso ritardare il botulino?
Panna cotta alle arance rosse
Ingredienti
per la panna cotta:
200 ml panna liquida
150 ml latte
100 g zucchero
15 g colla pesce (3 fogli)
2 arance rosse (qualità Tarocco)
per guarnire:
20 g cioccolato fondente al 70%
Procedimento
Versare in un pentolino la panna e il latte. Unire anche lo zucchero e la scorza grattugiata di un'arancia. Quando inizia a bollire, filtrarlo con un colino ed aggiungere la colla di pesce precedentemente tenuta in ammollo per 10 minuti e poi strizzata. Mescolare e lasciar raffreddare. Quando il liquido sarà freddo, versarvi il succo delle due arance spremute, dopo averlo filtrato. Mescolare bene e versare nei bicchierini o nelle coppette. Porre in frigorifero per almeno 4 ore (meglio se una notte intera).
Per le guarnizioni, far sciogliere il cioccolato fondente, quindi creare con il cucchiaino dei ghirigori sulla carta da forno. Porre in frigorifero a raffreddare per 2 ore circa.
Quand'è il momento di servire, staccare delicatamente i decori di cioccolato e infilzarli nella panna cotta, unendo magari delle scorzette d'arancia candite.
sabato 21 marzo 2009
Orgoglio e.
La parola pregiudicare è facilmente scomponibile in pre e giudicare. Solamente questa facile separazione permette di coglierne immediatamente il significato, anche per un italiano che è andato a vivere molti anni fa in Australia, ci ha trascorso l'intera sua vita ed è tornato ricordandosi solamente le formule di saluto/congedo. Per chi invece è andato a vivere in Groenlandia, ci penso io: pregiudicare significa "giudicare prima". Prima di cosa? Prima di conoscere come stanno realmente le cose, rispondo all'italo-groenlandese. Non solamente al tempo della fortunata Elizabeth Bennet e del bel tenebroso Mr. Darcy, le persone avevano la tendenza a pregiudicare, o a giudicare dalle apparenze; anche, e forse soprattutto, al giorno d'oggi il Pregiudizio sembra essere la nuova moda, accanto alle tute e agli harem pants. Mi spiego meglio. A volte le persone hanno dei pregiudizi che non implicano necessariamente che sottendano qualcosa di malvagio o immensamente crudele: questi sono i Pregiudizi Inconsapevoli. Faccio un esempio: una vostra amica vi sottopone, per l'ora del tè, dei piccoli dolcetti deformi, di un colorino poco allettante e duretti al tatto. La vostra prima impressione si sfogherà sicuramente in una smorfia di disgusto, e il vostro primo pensiero sarà sicuramente "Perché non ho fatto i muffins io come al solito?" Magari invece, assaggiandone uno, potreste scoprire che il dolcetto in questione è in realtà delizioso, che si chiama Brut e bon , e che andrà a sostituire nel vostro cuore la tanto amata Torta della Nonna. Poi ci sono i Pregiudizi Acidi, come può essere il commento pungente all'arrivo di una nuova collega, che si rivela racchia e grossa come Ugly Betty. Magari quella persona nasconde un animo bellissimo, e potrebbe diventare la vostra migliore amica, anche se non compra tronchetti di Prada. In questo caso il pregiudizio vi occluderà anche la possibilità di conoscere una nuova persona solo perché non è attraente esteriormente. A volte però i pregiudizi possono essere ben fondati. Ad esempio, se l'agenzia turistica sbaglia a prenotare e vi ritrovate ad alloggiare in un ostello sperduto situato nel ghetto più malfamato di Caracas (vicino al bar del Pampero), forse il vostro pregiudizio che vi porta a non uscire la sera è giusto, e vi eviterà di ritrovarvi con 200 euro in meno e con brutta gente intorno. A mio parere, però, i peggio sono i Pregiudizi Maligni&Stupidi&Ignoranti. Purtroppo sono anche i più diffusi. Occorre un esempio che è successo davvero, e che ancora, se ci ripenso, mi lascia a bocca aperta, ma non per lo stupore, piuttosto per l'indignazione. Insomma, ogni volta che ripenso all'evento mi viene da pensare in che mondo viviamo. Quest'inverno, in casa mia, si sono scoperti i Fagioli Neri (o messicani). Non li avevamo mai assaggiati, ma, non appena abbiamo ingurgitato la prima cucchiaiata, è stato amore a primo morso. Sono, secondo me, i legumi più buoni di tutti, e non sto esagerando. Scodelle su scodelle di tale prelibatezza hanno accompagnato molte mie cene in questa fredda stagione. Ecco, è successo questo: quando mia madre è andata a ricomprarli dal "Frutta&Verdura" di fiducia, non li ha ritrovati. Chiedendo alla commerciante (anch'essa di fiducia), ha saputo che erano andati a ruba, e che, per il momento, non li avevano riforniti. Fin qui tutto bene. A parte il dispiacere di non poter godere del tanto adorato fagiuolo a prezzo ragionevole e provenienza certa, sembrava tutto normale. Senonché. Esatto, senonché la commerciante ha aggiunto perplessa: "Che poi, chissà come fanno ad andare così a ruba! Io e la mia famiglia, per esempio, non ce la facciamo neanche ad assaggiarli, quei fagioli così neri!" Una esclamazione di questo tipo può farci riflettere su tante cose: sulla società razzista in cui viviamo, intollerante e bigotta, discriminante addirittura anche verso una cibaria per il solo colore che ricorda quello di un'etnia; su come i pregiudizi si possano rivelare totalmente infondati e sbagliati, talvolta crudeli; su quanto i fagioli neri siano gustosi e sull'animosità con cui ve li consiglio caldamente.
Poiché questo risotto che sto per proporvi è un piatto che ci ha accompagnato per tutto l'inverno, ne approfitto per partecipare al contest "Cattura questa stagione: inverno", bandito dal blog Pasta, amore e fantasia e sponsorizzato dalla celeberrima Compagnia del Cavatappi.
Visto che poi, l'inverno mica è ancora finito! Oggi che dovrebbe essere l'equinozio di primavera sembra di essere in una di quelle palline piene di neve finta che, se le agiti un po', scatenano una tempesta di cristalli di polistirolo.
Quindi, un'ultima coccola invernale per riscaldare queste sere.
Riso e fagioli neri
Ingredienti (per 2 persone)
200 g riso Arborio
100 g fagioli neri
2 spicchi d'aglio
1 scalogno
2 carote
1 costa di sedano
olio extravergine di oliva
sale
Procedimento
La sera prima, mettere a bagno i fagioli in una pentola, in modo che l'acqua li copra abbondantemente. La mattina, aggiungere un cucchiaio di sale e gli spicchi d'aglio, mettere sul fuoco, portare a ebollizione e far cuocere per almeno 2 ore e un quarto; se occorre, unire ancora acqua. Mescolate di tanto in tanto.
Preparare il riso, mettendo lo scalogno tritato in una padella con dell'olio. A fuoco basso, fare appassire appena lo scalogno, quindi unire la costa di sedano e le carote a pezzettini piccoli e far andare per altri due minuti. Unire il riso, facendolo tostare per due minuti circa. Alzare un po' la fiamma e far cuocere il riso, aggiungendo mano a mano i fagioli e il loro liquido di cottura ancora caldo quanto basta, in modo che venga assorbito dal riso. Trascorso il tempo di cottura del riso riportato sulla confezione, aggiungere un filo di olio a crudo, mescolare e servire.
domenica 15 marzo 2009
Optical
Molte persone tendono a vedere tutto bianco o tutto nero. Questo non significa che possiedono degli occhiali speciali dalle lenti colorate: prima di tutto perché sarebbe sconveniente andare a sbattere contro il primo palo della luce per la strada, in secondo luogo perché non sono di moda (non ancora). Significa invece che molte persone tendono a vedere tutto positivamente o tutto negativamente. Chi vede tutto bianco, vede anche il bicchiere mezzo pieno; chi vede tutto nero, lo vede mezzo vuoto. È avere una diversa prospettiva, e un diverso approccio alla vita. Sembra poi che, ultimamente, le vie di mezzo non esistano più. Il buon vecchio grigio è stato eliminato dai colori di stagione, per non parlare dei colori!, e tutto sembra estremizzarsi eccessivamente. Se, ad esempio, a qualcuno si buca la ruota dell'automobile, a quel qualcuno sembrerà di avere la sfiga peggiore del mondo, soprattutto se, nel frattempo, si mette anche a piovere. Quel qualcuno non penserà certamente che esistono sfortune peggiori, terribili al confronto. Se ad un altro, nel frattempo, capita di vincere 5 euro al Superenalotto, questo penserà di essere estremamente fortunato, mentre sappiamo tutti che molte persone se la passano meglio di lui. Il cervello umano sembra funzionare un po' come un codice binario, ed ha la tendenza ad etichettare tutto: i sentimenti, gli eventi, le persone. Buono o cattivo, brutto o bello. La verità è che il mondo è invece ricco di sfaccettature, e che dovremmo smettere di vedere tutto in un modo o tutto in un altro. Da esperienze brutte può nascere anche qualcosa di estremamente positivo, sembra un paradosso, ma è così. Non ci troviamo in una favola, dove il Cattivo è sempre riconoscibile, e di solito è una strega e svende mele Stayman avvelenate. So anche bene che la divisione tra Bene e Male è ancestrale, ma, coi tempi che corrono, dovremmo imparare a vederle, quelle sfumature di mezzo. E non pensare di avere sempre ragione, di arroccarci irremovibili nelle nostre convinzioni, ma cercare di ascoltare ogni punto di vista, non traendo conclusioni affrettate e rivedendo le nostre posizioni. Ovviamente parla una che si indigna solamente se qualcuno si prova a muovere una minima critica o a dare un suggerimento sul piatto che ha preparato. Basta un "Secondo me manca un pizzico di sale...", che la mia arcata sopracciliare assume la forma di un angolo di 30°, le narici si stringono sibilanti, la bocca si contrae, e quello che ne esce sono le seguenti parole "Ho seguito la ricetta, e poi mi sembra che sia perfetto!" e poi le temibili conseguenze che la mia reazione può scatenare. Ecco, secondo la teoria del grigio, in questi casi dovrei semplicemente prendere atto che manca quel pizzico di nitrato di sodio, che la prossima volta dovrei aggiungerlo, che quel povero avventuriero che ha fatto quel commento ha semplicemente espresso il suo parere.
Con la speranza che impariamo ad ascoltare di più gli altri, senza estremizzare troppo, vi lascio questi dolcetti in cui, ebbene sì, bianco e nero coesistono senza problemi.
Muffins marmorizzati
Ingredienti
80 g burro
125 g zucchero
2 uova
250 g farina
2 cucchiaini di lievito per dolci
35 g cacao amaro
1 bustina di vanillina
latte q.b.
Procedimento
sabato 14 marzo 2009
Io non posso restare seduto in disparte, né arte né parte - Spaghetti alla chitarra con carciofi e pomodorini ciliegia
Ricominciamo.
(Tra una settimana ne riparliamo, magari, eh?)
Spaghetti alla chitarra fatti in casa con carciofi e pomodorini ciliegia
Ingredienti
per gli spaghetti alla chitarra:
4 uova
1 cucchiaio di olio di oliva
farina q.b. (più o meno 400-500 etti)
per il condimento:
2 scalogni
4 carciofi
1 etto di pomodorini ciliegini
olio extravergine di oliva
sale
parmigiano reggiano grattugiato
Procedimento
per gli spaghetti alla chitarra:
In una terrina, porre la farina a fontana, poi sbattere dentro a questa le uova e l'olio. Lavorare l'impasto finché diventa omogeneo ed elastico (aggiungere della farina, se necessario). Formare con esso 4 sferette, e lasciarle riposare per una mezz'ora. Trascorso questo tempo, riprenderle, disporle sulla spianatoia infarinata e, con il mattarello, tirare delle sfoglie rettangolari, molto allungate e non troppo sottili. Porre ciascuna di esse sull'apposita chitarra, quindi passarci sopra il mattarello pigiando, senza farlo rullare. Porre gli spaghetti in un vassoio infarinato.
per il condimento:
In una padella, versare dell'olio ed aggiungere gli scalogni tritati finemente. Farli appassire a fuoco basso, quindi aggiungere anche i carciofi precedentemente mondati ed un pizzico di sale, e alzare leggermente la fiamma. Far cuocere i cuori di carciofo per 5 minuti circa. Aggiungere anche i pomodorini, facendo cuocere per altri 5 minuti.
Lessare gli spaghetti alla chitarra in abbondante acqua salata, facendoli cuocere per 3 minuti circa. Farli saltare nella padella del condimento, unendovi anche il parmigiano reggiano e facendo amalgamare così la pasta al condimento.
domenica 8 marzo 2009
Pink Power
A tutte voi, dedico questi dolcetti, da me inventati, che richiedono una preparazione un po' lunga e laboriosa, ma dal risultato decisamente soddisfacente.
Delizie rosa
Ingredienti
per la base:
4 uova
250 g farina
250 g zucchero
2 cucchiaini di lievito per dolci
scorza grattugiata di un limone
marmellata di more
per il ripieno:
200 g frutti di bosco
5 cucchiai di zucchero
6 cucchiai di acqua
per la mousse:
250 ml panna liquida
375 ml yogurt ai frutti di bosco
4 cucchiai di zucchero a velo
1 bustina di vanillina
12 g fogli di colla di pesce
per il topping:
marmellata di more
frutti di bosco
zucchero
Procedimento
Preparare, meglio se il giorno prima, il pan di spagna: con le fruste elettriche montare a lungo, per almeno 15 minuti (è questo il segreto per la perfetta riuscita di un buon pan di spagna), le uova con lo zucchero. Quando il composto scenderà "a nastro", unire anche la farina setacciata, il lievito e la scorza. Mescolare e porre in una teglia (rettangolare, 40x20 cm); servendosi di un cucchiaino, formare con la marmellata di more delle strisce ondulate abbastanza spesse, come a voler decorare l'impasto. Infornare per 30 minuti in forno preriscaldato a 180°. Quando sarà pronto, lasciare raffreddare.
Porre gli stampini rotondi sulla carta da forno. Spolverare il pan di spagna con abbondante zucchero a velo (in modo che la marmellata non si attacchi agli stampini), quindi, con un coltello, tagliare delle strisce di pasta di1,5 cm di altezza. Tagliare poi le strisce in rettangolini. Porre i rettangolini dentro gli stampi, in modo che l'esterno (la parte decorata con la marmellata), stia a contatto degli stampi. Porre del pan di spagna anche alla base del cerchio formato.
In un pentolino, riscaldare i frutti di bosco (anche surgelati), lo zucchero e l'acqua per un minuto circa. Con un cucchiaio, porli sopra la base di pan di spagna precedentemente creata, bagnandolo molto con il liquido. Fare una leggera pressione sul pan di spagna e sui frutti di bosco, in modo da compattare la base e abbassarla.
Preparare la mousse, mescolando lo yogurt allo zucchero a velo e alla vanillina. Tenere in ammollo per 10 minuti la colla di pesce, quindi strizzarla e farla sciogliere in un pentolino con 2 cucchiai di acqua. Aggiungerla allo yogurt, ed infine unire anche la panna semimontata. Versare la mousse nelle basi, livellandone infine la superficie.
Porre il tutto a raffreddare in frigorifero per almeno 5 ore, meglio se una notte intera.
Sformare i dolcetti facendo pressione con le dita sulla base e sfilando via lo stampino. Porre nei pattini da portata e decorare con un cucchiaino di marmellata di more e alcuni frutti di bosco leggermente zuccherati.
sabato 7 marzo 2009
Goodbye, my lovers - Riso al curry, gamberetti e germogli di soia
I Kleenex li trovate vicino alla stampante.
Riso al curry, gamberetti e germogli di soia
Ingredienti (per 2 persone)
260 g riso Basmati
200 g gamberetti
germogli di soia
curry
1 spicchio d'aglio
olio extravergine di oliva
sale q.b.
Procedimento
In una padella, tritare l'aglio a pezzetti piccolissimi e aggiungere l'olio. Cuocere a fuoco basso, finché l'aglio si imbiondisce e inizia a soffriggere. A questo punto, unire i germogli di soia e il curry, entrambi a piacimento (per il curry consiglio 2 cucchiai abbondanti), alzare un po' la fiamma e far cuocere per 3 minuti circa. Unire quindi i gamberetti (se congelati, direttamente dalla busta) e un pizzico di sale, e far cuocere per altri 2-3 minuti circa.
Nel frattempo, lessare il riso in acqua bollente.
Quindi scolarlo, ed unirlo al condimento, facendolo saltare in padella.
venerdì 6 marzo 2009
Il Paese dei Balocchi
Pici al tartufo (dei Sapori del Sole) con sughetto di funghi e ricotta e chips di parmigiano reggiano
Ingredienti
250 g pici al tartufo
170 g funghi misti surgelati
120 g ricotta
1 spicchio d'aglio
olio extravergine di oliva
sale&pepe q.b.
parmigiano reggiano
Procedimento
per la pasta:
In una padella, versare dell'olio e aggiungere lo spicchio d'aglio tagliato a metà. Far andare a fuoco lento fino a quando l'aglio comincia ad imbiondirsi. A questo punto, gettarvi i funghi (prelevati direttamente dalla busta, senza scongelarli) con una tazza d'acqua. Salare e pepare a piacimento, quindi chiudere il coperchio e far cuocere a fuoco medio per 10-15 minuti circa. Trascorso questo tempo, alzare il coperchio e unire la ricotta: quando sarà completamente sciolta, formando una cremina coi funghi, spegnere il fuoco. Lessare i pici al tartufo in acqua salata (il tempo di cottura lunghissimo, 22 minuti, è il prezzo da pagare per la loro genuinità), quindi scolarli e farli saltare per qualche minuto nella padella del condimento, ricordandosi di aggiungere anche poca acqua di cottura. Unire del parmigiano reggiano mentre si fanno saltare in padella, in modo che questo si sciolga, amalgamandosi alla pasta.
per le chips di parmigiano reggiano:
Grattugiare del parmigiano e metterlo da parte, quindi scaldare un padellino antiaderente. Quando sarà sufficientemente caldo, porvi sopra uno stampino da biscotto della forma prescelta e, aiutandosi con un cucchiaino, buttare del parmigiano nel padellino, stando attenti a non uscire dai contorni dello stampo. Far cuocere per 2 minuti circa, cercando di non far bruciare il parmigiano. Servendosi di una presina, prelevare lo stampo e porlo su un piatto a raffreddare: se il parmigiano continua a sfrigolare, è normale, in quanto indurirà solo raffreddandosi. Quando lo stampino sarà tiepido da poter essere maneggiato con le mani, con la punta di un coltello fare una leggera pressione sui contorni della chip, ossia nelle parti in cui è rimasta attaccata allo stampino. Vedrete che si staccherà senza problemi.
Servire la pasta nei piatti da portata, e ricordarsi di aggiungere le chips solo all'ultimo, in modo da mantenere la loro croccantezza.
mercoledì 4 marzo 2009
Il popolo ha fame? Allora dategli le brioches!
Ingredienti
per l'impasto:
350 g farina 00
150 g farina Manitoba
80 g zucchero
scorza grattugiata di un’arancia
1 uovo
75 g burro
275 ml latte tiepido
20 g lievito di birra
un pizzico di sale
per rifinire:
1 uovo
zucchero a velo
acqua
Procedimento
Setacciare le farine e disporle sul piano da lavoro. Al centro del mucchio praticare una buca e versarvi il lievito sciolto in un po’ del latte tiepido, lo zucchero, la scorza d’arancia, l’uovo, il sale e il burro sciolto, ma tiepido. Amalgamare il tutto con l’aiuto di una forchetta, aggiungendo poco per volta il restante latte tiepido. Lavorare l’impasto sul tavolo per almeno 10 minuti; poi metterlo in una terrina infarinata , coprirlo con del cellophane e porre a lievitare in luogo tiepido fino a quando il suo volume sarà raddoppiato (1 ora circa).Trascorso questo tempo, riprendere l'impasto, stenderlo col mattarello e tagliare dei triangoli isosceli allungati: porre alla base un nocciolino di marmellata del gusto prescelto, poi arrotolare strettamente. Porre i cornetti su una teglia rivestita da carta da forno, stando bene attenti a fare in modo che la punta rimanga "sotto" il cornetto, in modo che non si alzi in cottura (producendo qualcosa di esteticamente ridicolo). Porre a lievitare la teglia, una seconda volta, coperta, per 20-20 minuti circa.
Quindi, spennellare i cornetti con l'uovo sbattuto e infornare per circa 10-12 minuti in forno preriscaldato (statico o ventilato) a 180°. Non appena sfornate, lasciarli raffreddare, poi decorarli con una glassa ottenuta mescolando dello zucchero a velo con poche gocce d'acqua.piesse: è un luogo comune anche che Maria Antonietta abbia detto "Il popolo ha fame? Allora dategli le brioches!" La regina era viziata e presuntuosa, ma di fronte ad una folla in tumulto mai avrebbe trovato il coraggio di pronunciare tali parole. Poi va da sé che sia stata ugualmente decapitata, ma questa è un'altra storia.
martedì 3 marzo 2009
Armatevi e partite
1. lo avessero chiesto agli effettivi proprietari;
2. avessero poi inserito la fonte, la sorgente da dove avevano palesemente copiaeincollato le ricette.
Per evitare che in futuro non accadano più casi di plagio, mi unisco anch'io alla lotta dei foodbloggers, appena arrivata in questo mondo che, come quello reale, ha anche i suoi lati negativi:
Per ulteriori informazioni, vi consiglio di andare a leggere il post di Stella di Sale.
Grazie per l'attenzione, ci tenevo a far sapere che anch'io sono con voi!
R.I.P.
Si dice che Donna, padella e lume sono gran consumo. Messo fuori uso il lume, rimane la padella, per cui, in cerca di un nuovo elettronico amico, si ripiega sul risotto.
Ingredienti (per 2 persone)
250 g riso Carnaroli
2 scalogni
450 g zucca
brodo vegetale caldo
due rametti di rosmarino
olio, sale & pepe bianco
burro e parmigiano per mantecare
Procedimento
Pulire la zucca e tagliarla a cubetti, più o meno grandi, in modo che i primi rimangano integri in cottura, e che i secondi, invece, si sciolgano; mettere da parte. Versare dell'olio in una padella, aggiungere gli scalogni tritati finemente, e farli appassire a fuoco basso. Quindi, aggiungere la zucca precedentemente tagliata e unire sale e pepe bianco, alzando un po' il fuoco. Far cuocere la zucca per almeno 5 minuti, poi aggiungere il riso e farlo tostare per 2-3 minuti circa, girandolo ripetutamente. Quindi, aggiungere 3 ramaioli di brodo vegetale caldo, chiudere la padella col coperchio e lasciarlo cuocere. Mano a mano, continuare la cottura, aggiungendo altro brodo caldo. A metà cottura unire anche i rametti di rosmarino: se non si vuole che gli aghi della pianta aromatica si disperdano nel riso, tenere i rametti legati con uno spago, e solo all'ultimo toglierli del tutto. Quando il riso è cotto, spegnere il fuoco, e mantecarlo con una nocina di burro e del parmigiano abbondante. Lasciarlo lì per 2 minuti circa, in modo che il tutto si amalgami, quindi servire.
lunedì 2 marzo 2009
Cosa farò da grande?
Ingredienti
150 g farina 00
50 g farina di cocco
200 g zucchero
80 g burro
3 albumi
1/2 bicchiere di latte
1/2 bustina di lievito per dolci
1 limone
zucchero a velo
Procedimento
In una ciotola mescolare farina, latte, il burro sciolto, la buccia grattugiata del limone e il suo succo, infine il lievito. Quindi aggiungere il cocco e mescolare bene. Montare gli albumi a neve fermissima, aggiungendo poco alla volta lo zucchero, come per voler fare una meringa. Unire gli albumi al composto precedentemente preparato con una spatola, mescolando piano dal basso verso l'alto. Versare il tutto negli appositi stampini, e infornare a 180° per 35-40 minuti circa. Una volta freddi, preparare la glassa, sciogliendo lo zucchero a velo con qualche goccia di succo di limone: quando raggiunge una consistenza solida, ma colante, far scendere la glassa sui pasticcini.
domenica 1 marzo 2009
Kàos e kòsmos - tentativo n°4?
Piadina
Ingredienti (per 4 piadine)
250 g farina 00
120 g acqua tiepida
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva (oppure 40 g di strutto)
mezzo cucchiaino di sale
Procedimento
In una terrina mescolare la farina con il sale, aggiungere poco alla volta l'acqua tiepida e l'olio e impastare velocemente, fino ad ottenere un composto ben amalgamato. Quindi, dividerlo in parti uguali e stenderlo con il mattarello in sfoglie sottili di circa 25 cm di diametro. Mettere la sfoglia in una padella antiaderente calda e farla cuocere per circa 1 minuto e mezzo/2 per lato, bucherellando le bolle d'aria che si formano durante la cottura. Farcire e gustare.