Da perfetta fashion-victim quale sono, ossessionata da moda, style, trend, riviste patinate, frù-frù, fiocchi e nouvelle vogue, passerei volentieri ore - ma che dico! - pomeriggi interi in negozi di scarpe, abiti, accessori e chincaglierie. A provarmi guardaroba interi, a sfilare su tacchi troppo alti con abiti troppo corti, a provare l'ebbrezza della "modella per un giorno". Nel preciso momento in cui varco la soglia di un negozio di questo tipo, inevitabilmente, non avverto più il tempo che scorre: potrei tranquillamente stare a disquisire con la commessa se il pitonato sta bene col velluto, o se sono tornati di moda i pantaloni a zampa anni '70, senza premurarmi dei minuti che passano inesorabili. Mi sento frivola come Becky Bloomwood della Kinsella: potrei giurare anch'io di aver visto una volta un manichino invitarmi ad entrare dalla vetrina di un negozio! (Aveva addotto delle motivazioni valide, e mi aveva offerto tè e biscotti, come potevo rifiutare?) Solitamente, poi, sono una persona abbastanza oculata: so quello che posso permettermi, e non vado a spendere follie, se non ne vale veramente la pena. Poi arrivano loro: i raptus da shopping. Come in preda ad una febbre che mi prende improvvisa, offuscandomi la mente e rendendomi incapace di ragionare lucidamente, compro. Questa volta però comprare non significa "spendere soldi ragionevolmente per qualcosa di effettivamente utile", ma piuttosto "buttare soldi per qualcosa che non porterai mai" . Sì, a volte capita, soprattutto dopo i periodi di grande stress, o quando si è tristi. È come una liberazione andarsene in giro da newyorkese mancata con buste di ogni tipo tra le mani. Quanto, a volte, mi sembra di assomigliare ad una delle protagoniste di "Sex And the City": vorrei parlare di rossetti sbocconcellando nigiri, ma in realtà me ne vado in giro coi capelli disfatti e sconvolti, il trench aperto al vento, e le ballerine che fanno male ai piedi. Adesso mi affascinano anche i negozi di oggettistica e arredamento, e solo ora riesco a comprendere quando mia madre, in particolar modo quando si trovava in compagnia delle sue amiche, costringeva me, piccola tartina annoiata, a soffermarsi di fronte a svariate vetrine, mentre il mio unico desiderio era quello di un cono alla nocciola e di una corsa al parco, lasciando perdere tutto il resto. Mio padre aveva così trovato in me un'alleata, che perdeva la testa solamente dentro i negozi di cancelleria (evidenziatori, quaderni, penne e matitine colorate mi facevano impazzire quasi più di un set di abiti per bambole firmato Corolle). Insieme aspettavamo mia madre fuori, sbuffando a ritmo alternato. Quando poi venivamo coinvolti, era una tragedia. Trovavo noiosissimo provarmi pile su pile di magliette e pantaloni, e tutt'oggi mio padre fa le storie anche solo se ha da andare a comprare un paio di jeans. E poi c'è stata la svolta, che inevitabilmente prende tutto l'universo femminile: è come se un chip ci fosse stato trapiantato nel cervello alla nascita,e sia programmato per entrare in funzione nella pubertà, rendendo noi donne inclini al comprare, all'abbigliamento, al make-up e ai negozi in generale. Adesso capisco mia madre e perché, per fare i 40 metri del Corso Italia, quando erano aperti i negozi, impiegava minimo un'ora e mezzo. Quindi, nella top list dei miei negozi preferiti, abbiamo al primo posto quelli legati al futile mondo della moda; medaglia d'argento alle librerie; ma chi si aggiudica il terzo posto del podio? La boulangérie, mais oui! Tipico negozio francese, la boulangérie è diversa dai forni italiani: diffonde il suo profumo di pane per tutta la strada, affascina il turista incuriosito con le sue prelibatezze oltralpe. Sì, perché se l'Italia è famosa per pasta e pizza, alla Francia dobbiamo pasta choux, pain au chocolat, croissants e macarons (tanto amore a Pierre Hermé!). Quest'estate, a Parigi, mi sono comprata una baguette friabile e lunghissima solamente per provare la tipica gioia del turista di infilarsela sotto il braccio, nonostante il caldo colossale, e di andare in giro fiera del mio panificato, trasformatosi per l'occasione in un pericolo pubblico (nevessitavo solamente di un basco e di una bicicletta, e poi potevo cambiare nome all'anagrafe in Belle, Amélie, o Tartine Gourmande). È che quelle piccole botteghe che fanno venire l'acquolina in bocca, è come se mi riportassero indietro nel tempo, come se ci fossero sempre state, anche nel Medioevo e nell'Illuminismo. Se penso alla Francia, penso ad una grande boulangérie, in cui Sarkò è un baguettino vecchio di due giorni, la Carlà un bonet travestito da bignet, Depardieu un croissant pieno zeppo di crema, Zidane un panino un po' duretto. Ecco, esistessero anche in Italia negozi così, farei una carta di credito dedicata esclusivamente a pagnotte e dolcetti. O magari, conciliando le cose, che ne dite di un abito fatto di bignè alla panna?
Per suggellare lo sconfinato amore che nutro (è proprio il caso di dirlo) per le boulangérie, vi offro oggi la ricetta del pain aux raisins, presa dal blog Anice&Cannella, e ormai provata, approvata, comprovata e riprovata da tartina & family. Sentito poi come è più musicale di pane con le uvette? Le girelle con crema e uvette rimangono comunque ugualmente deliziose, un must a colazione come a merenda.
Pain aux raisins
Ingredienti
per l'impasto:
g 250 farina Manitoba (preferibilmente marca Lo Conte)
g 250 farina 00 (preferibilmente marca Coop)
g 75 zucchero
g 5 sale
g 75 di strutto (o burro)
g 20 di lievito di birra
170 ml di acqua
170 ml di latte
scorza di arancia o limone
1 tuorlo d'uovo
1 cucchiaino di miele
per decorare:
1 albume
3 cucchiai di acqua
2 cucchiai di zucchero
per farcire:
uvetta 2 o 3 pugnetti
crema pasticcera (ne basta 1/2 dose)
Procedimento
Far sciogliere il lievito nel latte intiepidito, quindi unire anche il resto degli ingredienti. Impastare finché si ottiene un composto che si stacca bene dalle dita, per almeno 15 minuti circa. Porre a lievitare per un'ora e mezzo in luogo tiepido, quindi formare le girelle senza lavorare eccessivamente l'impasto
, stendendo la pasta col mattarello e riducendola ad uno spessore di circa mezzo cm. Dopo averla stesa, versare su tutta la superficie un velo di crema pasticcera, e spargere su di essa l'uvetta precedentemente ammollata in acqua tiepida. Arrotolare la sfoglia fino in fondo, poi tagliare le girelle di uno spessore di circa 1,5/2 cm. Allinearle distanziate sulla placca da forno rivestita da carta da forno, spennellarle con l'albume e lasciarle lievitare ancora per un'ora e mezzo. Infornare a 180° per 15 minuti circa, finché saranno perfettamente dorate.
Per lucidarle, preparare in un pentolino uno sciroppo composto da acqua e zucchero, fatto bollire per qualche minuto; spennellare appena sfornate.
sabato 25 aprile 2009
I love shopping (and eating) maître pâtisserie
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6 commenti:
Tesoro, grazie per esser passata da me!
Carinissimo il tuo mondo, il nome è simpaticissimo! :-)
Un bacio immenso a presto!
A me piacerebbe un top di macarons, possibilmente rosa fragola. Un po' in stile Dior...
Molto carino e divertente il post di oggi, sembra un soffio di fresca brezza. Ma tu sei sempre brava!
Prima o poi dovrò provarla questa ricetta, mi perseguita!!!
Buon fine settimana cara Tarti!
@pagnottella: Grazie mille ^_^
Ti aspetto!:*
@Carol: Oddio, mi hai fatto morire col tuo commento!
Grazie, carissima.
Sìsìsì, la devi assolutamente provare, ti entusiasmerà con la sua infinita briosciaggine. Bacione!
Appena ho messo piede sul suolo francese, mia figlia mi è venuta incontro con un pain au chocolat formato famiglia. Che vergogna, me lo sono divorato tutto!!!
Hai ragione les bolulangeries sono "divine".
Personalmente adoro anche quelle liguri, con le loro montagne di focacce :P
Bisogna che mi do un contegno perchè sto lievitando come una brioche :(
E come si fa a resistere in una boulangerie? Impossibile, sacrilegio, peccato atroce e non perdonabile! Le boulangerie sono il luogo del vizio, nel quale perdersi e , perchè no, tornare un po' tutti bimbi golosi. Che meravigliosi i tuoi pain aux raisins, fantastici! un bacione
@eli: Ahahaha Che commento ricco di metafore pasticcere :°)
@le pupille gustative: Esatto, nelle boulangérie si apre un mondo di infinite possibilità sensoriali *_* Gusto, tatto, olfatto, vista, è tutto perfetto!
E ora che ci penso, anche il rumore di un croissant che si spezza è piacevole... ahah
Grazie cara! Bacio
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