mercoledì 30 dicembre 2009

Buon anno! - Zodiaco Gastronomico 2010


Domani finisce l'anno: ne comincia un altro con tutte le aspettative, i sogni, i progetti, i desideri che comporta sempre un nuovo inizio. Questione controversa, più del cubo di Rubik o del mistero di Fatima, è dove passare il Capodanno, il secondo prima e quello dopo della mezzanotte del 31 dicembre 2009. Dove brindare al 2010, dove esagerare con lo spumante, dove ridere ed essere felici. Sì, perché l'imperativo di ogni Capodanno, sembra appunto quello di divertirsi per forza. Vengono organizzate feste di ogni tipo, si prenotano voli low cost per Barcellona o Parigi o Londra, si preparano cenoni, ci si circonda di gente che conosciamo più o meno bene, o che non conosciamo affatto. Risultato? Solitamente i bagordi del 31 dicembre non sono tanto meglio di altre feste che vengono organizzate nel corso dell'anno, anzi (io, per esempio, non mi diverto mai esageratamente quella notte); molte volte accadono anche tristi e drammatiche situazioni dovute a petardi e fuochi d'artificio male impiegati, al caos che si crea nelle città, alla malsana idea di divertimento che hanno alcune persone. Tuttavia, tutto il mondo impazzisce per l'evento, fioccano buoni propositi che quasi mai verranno perseguiti, si levano i calici e si brinda all'anno che verrà: che cosa ci porterà il 2010? Sebbene le prospettive non siano tra le più rosee, auguriamoci il meglio. Sempre e solo il meglio.

Per augurarvi un buon anno, ho pensato a questo Zodiaco Gastronomico di mia invenzione, in cui potrete trovare l'oroscopo per il nuovo anno e le caratteristiche del vostro segno, abbinate alla ricetta del mio blog che vi si addice di più. Auguri!

Ariete: anno in cui raccogliere i frutti del 2009, non mancheranno piacevoli sorprese nel campo del lavoro e per quanto riguarda l'amore e le persone che ti stanno vicino sarai per loro un valido punto di riferimento e non dovrai farne a meno.

L'individuo Ariete ha bisogno di agire e di organizzare, è originale e rifiuta di venire organizzato o dominato da altri. Può essere egoista, è coraggioso e apprende rapidamente; non è un buon diplomatico, e talvolta è troppo orgoglioso. Ha una grande forza e riesce a rialzarsi da ogni situazione.
All'Ariete dedico quindi un piatto di sostanza, il mio polpettone.

Toro: segno che nell'anno 2010 godrà di un influsso positivo in tutti i campi, a cominciare dal lavoro per proseguire con l'amore. Non lasciarsi scappare le occasioni che quest'anno non mancheranno, e cogliete l'occasione per espandere il vostro ambiente di relazioni.

E' un segno molto stabile in cui sono presenti testardaggine e molta possessività. La sua più grande virtù è la pazienza come anche la costanza. Il nato nel segno del Toro è tenacissimo nel perseguire uno scopo, Sono individui leali, pur con qualche debolezza: la natura possessiva, la totale mancanza di autocritica che lo porta ad una sorta di presunzione.
Per il Toro un piatto genuino e vero: spaghetti alla chitarra con carciofi e pomodorini ciliegia.

Gemelli: in ripresa da un 2009 non proprio felice. Il nuovo anno sarà più dolce del precedente anche se non propriamente perfetto, dovrai riacquistare la fiducia che ti era venuta meno. Dovrete saper riallacciare vecchie relazioni con quello di nuovo che avrete appreso dall'esperienza. Godrete di una buona salute, ma non approfittatene troppo.

I Gemelli sono irrequieti, ragionano molto rapidamente e sono troppo impazienti di conoscere tutto e in fretta. Sono in grado di fare più cose rispetto a quelle che stanno pensando nel medesimo istante, possiedono un'ottima dialettica che spesso li aiuta a mascherare i propri difetti e carenze. I Gemelli amano le oasi di pace e di riposo e l'aria fresca. Una delle peculiarità dei Gemelli è la seguente: quando è dominato da un'idea si mette subito all'opera per metterla in pratica, senza riflettere sulle conseguenze che possono avere le sue azioni o sulla moralità di queste. Sono a volte un po' troppo presuntuosi e nervosi.
Nella loro oasi, i Gemelli, gradiranno sicuramente gustare un bel piatto di insalata di seppie.

Cancro: il 2010 porterà qualche sorpresa non sempre positiva e del turbamento, il campo lavorativo richiederà maggiore impegno e in amore raccoglierai i frutti del 2009, che, se avrete saputo mantenere la calma nei momenti meno facili, potrebbero essere tanti e non di poca rilevanza.

Questo è il segno della maternità, della tenacia, del sentimento profondo, della malinconia e della irascibilità. E' un segno difficile ed a volte misterioso. Vive fra due mondi, quello esterno visto come pericoloso e temuto, e quello interno, pieno di memorie, di fantasia, di sentimenti. E' in equilibrio stabile tra questi due mondi: quando la realtà si fa troppo sgradevole, si rifugia nel domani sperando che i suoi sogni possano divenire realtà. Il domani è la sua protezione. Queste persone, sotto un'apparente flemma ed imperturbabilità, nascondono un carattere taciturno ma inquieto, riflessivo. Caratteri distintivi del segno sono: una grande dolcezza, fedeltà (nei confronti degli amici per lo più), doti intuitive e buona memoria. Il carattere mutevole è proverbiale, tipico per loro essere meteoropatici ed instabili come pochi altri.
Per i Cancro, un bel piatto di gnocchi da mangiare in famiglia.

Leone: si avvereranno i progetti sui quali si era tanto lavorato, grazie ad una maggiore maturità finalmente acquisita. Scelte oculate da fare per quanto riguarda il denaro, mentre gli affetti vivranno dell'inerzia positiva dello scorso anno.

Il Leone è il segno del potere. Denota volontà e determinazione unite a gentilezza. Questo segno ha un ego fortemente pronunciato che tende ad eccellere in ogni circostanza. I nativi del segno sono dirigenti nati, ma non amano vincere con troppa facilità; sono consapevoli del proprio valore ed amano essere apprezzati. Esteriorizzazione, ambizione, autorità, vitalità, fierezza, lealtà e magnanimità sono le sue caratteristiche di base. Tutte queste sono caratteristiche che riguardano solo la vita terrena ed hanno tutte un denominatore comune: la volontà, intesa nel senso più completo del termine. La stessa volontà, se negativizzata, porta a passione, facilità alla collera, orgoglio, tirannia, ricerca della gloria a tutti i costi, la tendenza a drammatizzare, anche a recitare (nella vita). Ciò che quasi stupisce nei nati sotto il segno del Leone è la straordinaria sicurezza di sé. Il Leone, inoltre, è il segno dell'educazione, dei bambini, della gloria, della celebrità artistica.
Per il Leone, un piatto dal gusto deciso e definito, l'insalata di pollo con peperoni e mandorle.

Vergine: un anno 2010 veramente positivo per questo segno; da cogliere l'occasione per fare progetti di lungo termine su più versanti: investimenti affettivi ma anche progetti di lavoro. Un 2010 pieno di fortuna, ma dovete cercare di non trascurare la vostra salute che nel corso dell'inverno potrebbe portarvi qualche sorpresa, che dovrete cercare di non somatizzare troppo. Oroscopo 2010 nel complesso davvero molto positivo.

I nati sotto il segno della Vergine sono molto altruisti, coscienziosi ed amano il lavoro preciso, sono molto analitici e spesso eccessivamente critici. La caratteristica costante e generalizzata della Vergine è il suo senso pratico accomunato al dubbio ed all'inquietudine, all'intelligenza, sempre razionale e critica, che fa da elemento catalizzatore. Al Vergine piace generalmente l'atteggiamento da vittima ma è modesto, ha buon senso ed è malinconico, un po' in difetto di fantasia si riscatta con l'ambizione ma difficilmente accetta l'opinione altrui. Il Vergine detesta agire con precipitazione: non imponetegli mai di agire in fretta, deve avere il tempo di esaminare tutto con freddezza, con pazienza, con meticolosità, difficile da sopportare per chi non si trova nella sua stessa dimensione.
Al segno della Vergine dedico un dessert dal gusto pulito, le madeleines.

Bilancia: anno non troppo difficile, passerà tanto in fretta che nemmeno ve ne accorgerete, ma richiederà pazienza e perseveranza. Non avventurarsi in nuovi campi e cercare di vivere delle rendite del 2009. Attenzione e cautela saranno indispensabili. Ma il vostro oroscopo 2010 nel complesso è senza dubbio positivo.

I nati sotto il segno della Bilancia ricercano l'equilibrio sopra ogni cosa. Agiscono nel modo migliore nei rapporti sociali, sono molto pratici, disinvolti e senza pregiudizi, oltre a possedere molto charme. Sono strateghi nati e possono rivelarsi completamente impersonali. I Bilancia sono generalmente di aspetto piacevole ed amano la ricchezza e il successo. Il segno della Bilancia un po' pigro e svogliato, ama i complimenti, gli piacciono il lusso e le comodità, ama circondarsi di oggetti costosi e di tutto ciò che è raffinato.
Per la raffinata Bilancia, un equilibrio di gusto e di colore: bicchierini di panna cotta e gelatina di fragole.

Scorpione: tante saranno le occasioni da non lasciarsi sfuggire, da saper cogliere l'anno 2010 fortunato che porterà con sè tante sorprese sfruttate solo con un'adeguata apertura mentale. Non lasciatevi sfuggire buone occasioni per pigrizia o per paura della novità: ogni lasciata è persa, e il 2010 ve lo dimostrerà.

I nati sotto il segno dello Scorpione sono pieni di risorse, profondi, seri ed hanno un forte magnetismo fisico. Sono spesso autoritari e possiedono la capacità di scoprire il punto debole degli altri. Sono inclini alla mancanza di tatto, anche se poi si sorprendono quando risulta evidente che hanno offeso qualcuno. Sono molto possessivi e capaci di provare intense emozioni. Un'altra tipica caratteristica del segno è la volontà, così come la permalosità. Una grande qualità del segno è, invece, la spinta a non lasciare nulla d'intentato per cercare di superare sé stessi ed arrivare alla conoscenza.
Allo Scorpione consiglio di esplorare, nell'universo del gusto, il riso al curry con gamberetti e germogli di soia.

Sagittario: le grandi fortune del precedente anno 2009 non si ripeteranno nel 2010 e sarà fondamentale sapersi riadattare alla normalità. Saper affrontare la sfortuna con la maturata esperienza del passato, ma non siamo poi così drammatici, il vostro oroscopo 2010 può essere interpretato come un semplice ritorno alla vita di ogni giorno, in particolare dal terzo semestre dell'anno.

I nati sotto il segno del Sagittario sono pieni di fiducia, felici, allegri e molto schietti. Hanno una mente molto attiva, ma sono inclini alla distrazione, in quanto mancano di disciplina e non amano concentrarsi su qualcosa troppo a lungo. Sono grandi sportivi, amanti degli animali, dei viaggi e delle lunghe camminate. Caratteristiche comuni del segno sono l'ottimismo, la fiducia in se stessi, l'entusiasmo, la vitalità, l'intuizione, lo sprezzo del pericolo, l'indipendenza, la saggezza; è un carattere complessivamente ottimista, che ha in sé la capacità di essere un ottimo conversatore ma un pessimo ascoltatore.
Per iniziare da veri ottimisti la giornata, niente di meglio per i Sagittario una fetta della soffice e deliziosa torta di ricotta.

Capricorno: il 2010 è un occasione per andare incontro al futuro e dimenticare il passato. Cambiamenti che porteranno molta felicità, prosperità, e voglia di vivere la vita, come magari avreste voluto fare nel 2009 ma non sempre vi è stato possibile. La vostra situazione sentimentale potrebbe trovare la svolta nel secondo semestre 2010.

I nati sotto il segno del Capricorno sono notoriamente dei grandi diplomatici. Sanno essere responsabili, ma anche materialistici e spesso pessimistici. Tendono ad essere un po' snob, desiderosi di raggiungere il vertice sociale e grazie alla loro infinita pazienza, sanno anche come coltivare le persone giuste che li aiutino a realizzare i loro scopi. L'ambizione di raggiungere vette sociali è sempre in ogni caso presente in questo segno ed obbedisce a due forti imperativi: orgoglio e sete di potere.
Per mantenere le loro amicizie, suggerisco ai Capricorno di consumare in compagnia muffins ai pomodori secchi.

Acquario: concentratevi sui piaceri della vita e dimenticate la non troppa fortuna dell'anno 2009. Questo è un anno per riflettere e pensare al vostro futuro, ma non mancheranno buone occasioni per mostrare agli altri chi siete. La vostra situazione lavorativa andrà migliorando nettamente a partire dal secondo trimestre dell'anno.

Il potere degli Acquario proviene dall'intelletto. Sono distaccati, impersonali e credono nella giustizia sociale. Sono generalmente stabili, ma sono inclini ad improvvisare cambiamenti di opinioni, idee, pensieri e piani. Hanno un grande bisogno di libertà e di conseguenza possono assolvere meglio al loro destino nei rapporti basati sull'amicizia. Nella loro personalità è presente una qualità ingannevole e sognatrice e mostrano inoltre un senso di rispetto e di logica. L'Acquario è anche il segno della solitudine e di conseguenza i nativi si ritrovano sempre un po' isolati. Gli Acquario sono onesti e fedeli e in genere godono di buona salute. Chi appartiene a questo segno accomuna all'originalità ed all'indipendenza, anche un'anormalità spinta all'eccesso, che può causare violente oscillazioni d'umore e rendere possibile l'assurdo, l'imprevisto e l'imprevedibile. La permalosità è peculiare del segno; l'individuo cerca sempre di affermare la sua libertà d'essere e d'agire.
Per gli Acquario un dessert originale e dall'audace accostamento di sapori: tartellette lau citron meringuée.

Pesci: un 2010 ricco di fortuna che darà tante soddisfazioni dal lato affettivo; tante soddisfazioni saranno date dagli amici anche se la vostra razionalità sarà messa alla prova, e le fortune che vi capiteranno saranno difficili da valutare.

Ai Pesci manca la capacità di stabilire e fissare una direzione. Sono emotivi e sensibili e possono essere influenzati sia in modo positivo che non. Poiché sono molto comprensivi e credono nella bontà del prossimo, spesso riescono ad essere pratici e realisti. Dato che tendono ad autodistruggersi, sono vulnerabili e mancano di meccanismi di autodifesa. Sono inoltre riservati, non è possibile conoscerli intimamente e di rado conoscono se stessi. Il carattere dei nati sotto il segno dei Pesci è abbastanza contraddittorio e spesso addirittura incomprensibile per chi non abbia la stessa mentalità. Questo segno presenta individui molto sensibili allo slancio ed al sacrificio, che hanno in sé un grande desiderio di aiutare gli altri ed anche individui che cedono ad un'eccessiva dose di fatalismo e di pigrizia, all'amore per la vita facile.
Ai Pesci dedico le rose del deserto, biscotti semplici da realizzare, ma dal successo garantito.

lunedì 28 dicembre 2009

Il ritardo del Bianconiglio - Palline di ricotta, praga e olive

Terminato anche il giorno di Natale, piovono feste a cadere, una dopo l'altra, una dietro l'altra, come le gambe di un millepiedi o, se si vuole essere più raffinati, come le perle di una lunga collana. S. Stefano, Capodanno, l'Epifania passano così come sono venute, in un attimo. Se tanta è l'aspettativa per le feste natalizie (si inizia ad addobbare già a novembre, i panettoni sono in offerta sugli scaffali del supermercato già a fine ottobre), poi quasi non ci accorgiamo di come tutto finisce così in fretta. Il pranzo di Natale, il cui menu è stato accuratamente preparato settimane prima, viene praticamente divorato, e in due ore già si è sparecchiato e i pochi avanzi rimasti sono in frigorifero, mentre i parenti si sono dileguati pieni di doni. Per quanto mi riguarda, il mio Spirito del Natale mi abbandona già il 25: dopo questa data non sono già più tanto in clima di festa. I giorni passano tutti uguali: la famiglia è riunita a casa, si mangia torrone e pandoro, si guardano film, si esce. Nel periodo delle festività natalizie, si perde un po' la cognizione del tempo. Ogni giorno sembra una domenica come tutte le altre. Il problema è che io odio la domenica, è il giorno che meno sopporto della settimana, quello in cui ci si riprende dai bagordi del sabato sera, quello che si passa in casa ciondolando, quello in cui, quando giocavo a pallavolo, toccava mettersi la tuta e partire per palestre impensabili e giocare una partita; e, quando facevo il liceo, toccava studiare tutto il giorno, cercando di avvantaggiarsi per la settimana; e, quando giocavo a pallavolo e facevo il liceo, toccava fare le due cose contemporaneamente. Adesso ciondolo per casa senza riuscire a fare tanto, e per me il calendario ha perso di valore (per capire che giorno siamo penso sempre al fatto che il Natale quest'anno è venuto di venerdì, poi procedo; non so quanto però possa durare questo stratagemma). La relatività del tempo, il fatto che sia una convenzione prettamente umana (e nonostante questo, è una questione che ha attanagliato da sempre l'uomo e che continuerà a farlo), si svelano in questo periodo come non mai. Cinque minuti possono essere un attimo se si aspetta che la nostra tisana di melissa e passiflora sia pronta; un'eternità se trascorsi in una fila chilometrica di automobili (c'è la prospettiva di molti altri cinque minuti a seguire). Un'ora può essere piacevolissima se trascorsa con gli amici in un bar; interminabile se si tratta di una lezione di biochimica. La concezione del tempo varia da individuo ad individuo, da situazione a situazione. Ma il tempo passa lo stesso, anche se a volte non ce ne rendiamo conto, mentre altre ce ne accorgiamo troppo. Il tempo se ne frega se uno è in ritardo, se uno desidera che quel momento non finisca più: quindi non rimane altro che organizzarlo al meglio, non potendo ovviamente fermare il suo incedere così incalzante. E tra pochi giorni finisce un altro anno, ma guarda un po'. Allora si ripensa all'anno passato, e pare che sia successo tutto in un secondo, altro che 365 giorni! E, quando sarà nuovamente Natale, il pensiero verrà spontaneo: già Natale? Ma se mi sembra ieri che toglievo gli addobbi dall'albero?

La ricetta di oggi, invece, è velocissima a prescindere da ogni relativismo temporale, e di una facilità disarmante. Tuttavia si rivela un ottimo contributo per un aperitivo o per un antipasto. Le palline risultano più compatte e gradevoli se messe in frigorifero, quindi il consiglio è di prepararle la sera prima se si ha intenzione di offrirle per pranzo; la mattina se invece si vogliono offrire la sera.

Palline di ricotta, praga e olive

Ingredienti

200 g ricotta fresca
150 g prosciutto praga
80 g olive nere
sale

Procedimento

Tritare con il mixer il prosciutto insieme alle olive. Aggiungere il trito alla ricotta (farla prima scolare bene, in modo che le palline risultino sode e compatte), unire un pizzico di sale e mescolare bene. Con le mani, formare delle palline, infilzarle con uno stuzzicadenti e porle in frigorifero.

martedì 22 dicembre 2009

Buon Nachele! - Bon bon di cioccolato plastico

Natale

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

- Giuseppe Ungaretti


Col Natale ormai alle porte, non posso che farvi tanti auguri.
Auguri a chi mi segue e commenta i miei post, frutto di ricette e divagazioni personali.
Auguri a chi mi segue, anche se in silenzio (come facevo io prima di aprire il blog a febbraio).
Auguri agli/alle altri/e foodbloggers, e a tutte le loro ricette che danno spunti e fanno venire l'acquolina in bocca.
Auguri a chi del cibo ne fa un'arte.
Auguri a chi teme il cibo, che possa imparare ad apprezzarlo.
Auguri a chi metterà a disposizione la casa per il cenone della Vigilia o per il pranzone del Natale e che ha già deciso il menu per l'occasione. Tanti auguri anche a chi ha da trovarlo ancora (come me e mia mamma).
Auguri a chi ha ancora dei regali sotto l'albero, perché io li ho già aperti tutti.
Auguri a chi festeggia il Natale come evento religioso, a chi lo festeggia come momento familiare, a chi lo festeggia come occasione per dedicarsi al prossimo.
Auguri a chi non ha tanta voglia di fare il bagno tra i parenti il 25 dicembre, ma che alla fine si troverà bene.
Auguri a chi sarà costretto a giocare a Tombola tutto il giorno, magari coi fagioli al posto dei tasselli, perché questo proprio no, non si augurerebbe a nessuno :P

Oggi la ricetta dei simpaticissimi bon-bons di Fiordilatte, il cui impasto è decisamente versatile e pronto a mille impieghi. Più sodi dei tartufini, sono ottimi se accompagnati dal caffè, o semplicemente come elemento decorativo dei vostri pacchetti o delle vostre tavole.

Ci rileggiamo dopo Natale!

Bon bon di cioccolato plastico

Ingredienti

100 g cioccolato fondente
30 g glucosio (io non ne avevo, e l'ho sostituito con il miele)
15 g sciroppo di zucchero
3 cucchiaini di caffè solubile
zuccherini colorati (ma anche granella di nocciole, o cocco grattugiato, o zucchero a velo)

Procedimento

Preparare lo sciroppo di zucchero: mettere in una pentola 20 g di acqua e 20 g di zucchero, portare quasi a bollore. Sciogliere in questo sciroppo 3 cucchiaini di caffè solubile (evitare i liquori che rovinano il cioccolato fuso). Fondere il cioccolato e aggiungere il glucosio (il miele per me) e 15 g dello sciroppo caldo (in questo ordine mi raccomando! sarà più facile). Mescolare bene. Lasciare riposare il cioccolato una notte in un luogo fresco.
Il giorno dopo prendere il composto, formare delle palline, quindi rotolarle nelle codette di zucchero colorate premendo leggermente e poi infilzarle con uno stuzzicadenti (mi sembrano più carine da vedere e mangiare! concordo con Giada!). Per questa fase, utilizzare un paio di guanti di lattice per non sporcarvi troppo e per evitare di sciogliere eccessivamente il cioccolato con il calore delle mani. Si possono anche usare gli stampi in policarbonato: in questo caso, prendere un po' di composto, spolverarlo di zucchero a velo, spolverare anche lo stampo e premere la pallina al suo interno. Livellare il tutto, girare lo stampo e dargli un colpo secco cosicché il cioccolatino si stacchi.
In ogni caso, lasciare poi riposare i bon bon per qualche ora.
In alternativa, si può rovesciare il composto caldo su un foglio di carta forno, appoggiarvi sopra un altro foglio di carta forno e stenderlo con il matterello per ottenere una lastra. Fare riposare questa lastra per una notte e poi tagliarla come più vi piace: a quadratini, oppure servendosi degli stampini per biscotti si può dargli le forme più disparate (simpaticissima l'idea di infilzarli poi in uno stecco da spiedo realizzando così dei lecca-lecca di cioccolato). Spolverare di zucchero a velo.

sabato 19 dicembre 2009

Da tartina con amore - Biscotti al cocco e cioccolato bianco

A meno di una settimana al Natale (già meno di una settimana?!), sono ancora molte le cose a cui pensare: il menu del cenone, del pranzone e del merendone (a proposito, si accetta qualunque idea in casa tartina, ancora abbiamo da decidere gli antipasti!); gli addobbi (ritardatari, apprestatevi a mettere su un alberello decente! Sono invece da abolire quegli orribili Babbo Natale di plastica che si arrampicano su per le terrazze dei condomini, che più che diffondere lo spirito natalizio fanno venire le lacrime agli occhi per la tristezza); i regali, i presenti, le strenne natalizie. Tutti adorabili sinonimi per andare ad indicare pacchetti colorati tenuti insieme da nastri e fiocchi che è ormai consuetudine scambiarsi il 25 dicembre (o insomma, nei pressi di questa data). Anzi, oggi come oggi la parola Natale viene automaticamente associata al regalo, allo spendere, al consumismo. Sono finiti i tempi di a Natale si è tutti più buoni: diamo il benvenuto all'era di a Natale si dilapida il conto in banca. Infatti, mentre prima donare qualcosa era un atto di generosità e una dimostrazione di affetto verso le persone a cui si teneva veramente, adesso è diventato quasi un obbligo, una forzata consuetudine. Si partecipa alla colletta per regalare un perizoma leopardato alla collega che invece strozzeremmo volentieri con quel filo di tessuto; si regala al compagno di classe che vedremmo bene in una scuola tibetana per asceti un'orrenda candela a forma di putto alato assai inquietante. Quando arriva il Natale, diventa infinita la lista di persone a cui fare un pensierino, finendo per farlo anche a gente che proprio non sopportiamo: l'atto del regalare si trasforma quasi in un obbligo a cui adempiamo per pura cortesia. Un po' come quando festeggiamo il nostro diciottesimo anno di età e facciamo una grande festa a cui invitiamo anche gente che ci sta antipatica. Come caldeggio un ritorno alle feste con pochi intimi, con le persone a cui siamo realmente affezionati, incito anche il ritorno al donare solo a chi ci sta a cuore: ipocrita è fare un pensiero a chi poi parliamo dietro le spalle. Un'altra avvilente questione è la scelta del regalo. I telegiornali supportano l'acquisto di regali improponibili, capaci di prosciugare risparmi e conti in banca: massaggi e acque termali, le ultime novità in campo tecnologico, fughe d'amore negli hotel italiani. I regali proposti dalla Parodi la sera sono più o meno gli stessi tutti gli anni, se ci fate caso. Minimo comun denominatore è che denotano mancanza di originalità, costano un sacco e non significano niente. Quanto è più sincero e sentito regalare per esempio qualcosa che si è fatto con le proprie mani? Significa innanzitutto che il regalo è veramente pensato, poi che è fatto col cuore piuttosto che col portafoglio. E di sicuro troverà maggiore apprezzamento un dono di questo tipo rispetto a una seduta di fanghiglie da appiccicarsi al volto. Importante è anche fare un regalo mirato a chi si vuole bene: se vostra madre desidera tantissimo uno schiaccianoci nuovo perché a forza di rompere il guscio col coltello ha rischiato svariate volte di amputarsi il dito indice, avete già trovato il vostro regalo. E non importa se non è un profumo (banale!) o un set per le unghie o qualcos'altro di estremamente raffinato, perché la cosa fondamentale è che voi l'avete ascoltata, e avete compreso le sue reali esigenze accontentandola. E poi, anche se il dono fatto non è pari alle aspettative di chi lo riceve, non importa: sarà ugualmente apprezzato se fatto con passione e affetto, perché ricevere è bello, ma dare lo è a volte di più.

Accanto alla sciarpa realizzata coi propri ferri mentre si è spaparanzati sul divano del salotto, nella top-list dei regalini home-made, ci sono sicuramente i prodotti culinari: conserve, marmellate, cioccolatini, salse e biscotti. Che cosa c'è di meglio del delicato profumo del cocco e della dolcezza sprigionata dal cioccolato bianco su biscottini dalla friabile consistenza?
Con questa ricetta partecipo alla simpatica iniziativa di Paoletta del blog Anice&Cannella, Io a Natale regalo questi.


Biscotti al cocco e cioccolato bianco

Ingredienti

per la pasta frolla:
300 g farina 00
200 g burro
120 g zucchero
100 g cocco grattugiato
2 tuorli d'uovo
un pizzico di sale

per la copertura:
200 g cioccolato bianco
100 g cocco grattugiato

Procedimento

Sbattere i tuorli con lo zucchero, quindi unire il burro fuso. Aggiungere anche la farina mescolata col cocco e impastare, fino ad ottenere una palla da avvolgere con pellicola trasparente e da porre in frigorifero per un'ora circa. Riprendere la pasta e stenderla col mattarello: con le formine prescelte, ritagliare dei biscotti da porre su una teglia rivestita da carta da forno. Infornare a 180° per 10-12 minuti circa, finché si saranno dorati leggermente. Quando saranno pronti, sfornare e lasciare raffreddare. Una volta freddi, zupparli nel cioccolato bianco fuso e passarli nel cocco grattugiato.

giovedì 17 dicembre 2009

Quel lieve tuo candor - Crostata con mele e crema pasticcera

Una terribile morsa di freddo, proveniente dalla Siberia, sta attanagliando l'Italia e - almeno così ci dice il Colonnello Giuliacci durante il Meteo della sera, anche tutta l'Europa. A meno di una settimana a Natale diventa insostenibile stare ad aspettare l'autobus per più di 5 minuti, non indossare la famigerata canotta di lana, che tanto piace alla mamma, e i collant ascellari antistupro e non attaccarsi a termosifoni e/o stufette quando si è dentro le mura domestiche. Nel nostro Bel Paese ha già cominciato a nevicare, persino a basse quote. L'immagine della casetta immersa nella neve, col fumo che esce dal caminetto e le finestre illuminate, il caminetto acceso, una scodella di zuppa calda tra le mani, la coperta di pile sulle ginocchia, circondati dalla famiglia e dal gatto che si struscia sulle nostre ginocchia è edificante ed estremamente romantica (se ci aggiungiamo anche una ghirlanda di pungitopo appesa alla porta diventa una perfetta cartolina di Natale). Guardare i cristalli di neve che, lievemente e lentamente, si depositano sul suolo, è pure alquanto rilassante. Indossare sciarpa, guanti e stivali e andare fuori a fare a pallate di neve, regredendo all'età di 5 anni, è onirico ed emozionante. Per carità, tutto ciò non lo metto in dubbio. Ma, realisticamente parlando, rompendo l'illusione data da queste immagini frutto di racconti natalizi e di pubblicità di biscotti Mulino Bianco, è alquanto improbabile. Coi tempi di oggi, in cui tutti vanno di fretta, in cui si ha mille cose a cui pensare, una nevicata può essere letale. Probabilmente l'avversione per la neve mi è stata trasmessa da mia madre, sempre occupata più a soffermarsi sui disagi che tale agente atmosferico può provocare, piuttosto che sul suo lato romantico (vedi sopra). In effetti però, una nevicata come si deve, non quella neve che si scioglie non appena tocca terra creando quella poltiglia fangosa orripilante, ma una bella neve soda, candida e compatta come un albume ben montato e abbastanza alta, non è proprio il massimo della comodità per quanto riguarda i trasporti. Chi ha da intraprendere un viaggio è sicuramente timoroso di farlo se la strada è ricoperta dalla neve: esistono le catene per l'automobile, ma tutto è più rallentato e pericoloso e una continua scocciatura. Non mi sto riferendo solamente al viaggio da fare per arrivare al supermercato per comprare il salmone affumicato del cenone della Vigilia, piuttosto a chi ha da viaggiare per lavoro, a chi deve necessariamente spostarsi per questioni di salute o per andare a trovare dei parenti. Inoltre c'è anche da dire che, mentre gli altri Paesi europei sono tutti più organizzati, in Italia, come per ogni lavoro, è tutta una disorganizzazione, e prima che passi il Comune a spargere il sale per liberare le strade si può aspettare anche fino al prossimo mese, quando la neve si sarà sciolta da sola e inizieranno a spuntare le prime gemme. Un altro motivo complice del mio astio verso la neve, è sicuramente il fatto che io non sono mai stata in montagna. No, non ci sono mai stata. Non ho mai messo ai piedi un paio di sci, non ho mai bevuto cioccolata calda in un cottage, non o mai preso la funivia. Mai in tutta la mia vita, mentre i miei amici e conoscenti, almeno una volta questa esperienza l'hanno provata: tuttavia non ci aspiro proprio, alla Settimana Bianca preferisco di gran lunga un week-end trascorso in qualche capitale oltralpe. Comunque sia, penso che il mio imbarazzo quasi, il mio pudore per non aver mai sperimentato un'attività così comune (e anche ammetterlo quando tutti ti guardano sbalorditi, come se avessi messo su le antenne, che so, o fossi diventata verde), fomenti la mia reticenza verso un paesaggio innevato come si deve, anche là dove è più frequente che ci siano gelo e neve, piuttosto che pascoli verdi e climi temperati. Diciamo che gli sport invernali non sono proprio il mio forte: anche sulla pista da pattinaggio che viene puntualmente improvvisata in ogni città italiana in concomitanza con l'arrivo del Luna Park, ho fatto le mie discrete magre figure. Una volta, una giapponese imbranata, cadendo si appigliò a me, facendomi franare a mo' di valanga in terra, e rendendomi il sedere una lastra ghiacciata. Esperienza terrificante, è dall'età di dieci anni che non mi infilo un paio di pattini per andare sul ghiaccio (che tra l'altro mi lasciavano delle vesciche sui piedi grandi come crateri lunari e dolorosissime). Insomma, per quanto mi riguarda, ben vengano pupazzi di neve e paesaggi imbiancati, purché restino almeno a 300 km da me (tollerabili quelli su biglietti d'auguri, fotografie e quadretti idilliaci virtuali e non).

Come una lieve nevicata lo zucchero a velo si posa sul dessert che vi propongo oggi: scenografico, ma anche gustoso q.b. La frolla croccante, la crema avvolgente (vi consiglio di provare questa nuova ricetta che ho sperimentato per la crostata: totale assenza di grumi e un gusto fantastico) e la consistenza umidiccia delle mele, rendono irresistibile questa crostata tipicamente invernale.

Crostata con mele e crema pasticcera

Ingredienti

per la pasta frolla (delle sorelle Simili):
200 g farina 00
100 g burro
50 g zucchero a velo
2 tuorli
poca acqua fredda
una bustina di vanillina/scorza di limone grattugiata (a piacere, io ho messo la scorza di limone)

per la crema:
500 g latte
150 g zucchero
2 tuorli d'uovo
40 g farina
estratto di vaniglia (o una bustina di vanillina)

per la copertura:
2 mele Golden
(poca marmellata di albicocche)

Procedimento

per la pasta frolla:
Mettere il burro freddo di frigo tagliato a pezzetti sulla farina disposta a fontana, quindi sbriciolarlo velocemente con le dita (passandolo tra pollice e indice) insieme alla farina. Appena il composto diventa una specie di farina, disporlo a fontana e porvi al centro i tuorli d'uovo e lo zucchero a velo. Con una forchetta, sbattere le uova con lo zucchero: inizialmente senza aggiungere farina, poi incorporandola piano piano al composto. Usando una spatola, lavorare velocemente l'impasto, sollevandolo dai lati e premendo bene verso il centro. Se fosse troppo secco, aggiungere qualche cucchiaio di acqua (circa 3). Continuare a lavorare l'impasto con la spatola, senza mai toccarlo con le mani: infine, quando avrà raggiunto la giusta consistenza, farlo rotolare sul tavolo col palmo della mano, senza stringerlo. Avvolgere il panetto nella pellicola e mettere in frigorifero per mezz'ora o più.

per la crema pasticcera:
In un pentolino versare il latte, metà dello zucchero e la vaniglia, quindi lasciare scaldare sul fuoco. A parte sbattere leggermente i tuorli con il restante zucchero, aggiungendo poi l'amido di mais setacciato. Quando il latte sarà caldo, ma non avrà raggiunto l'ebollizione, versarlo a filo nei tuorli sbattuti, mescolare bene e versare di nuovo il tutto nel pentolino. Cuocere a fuoco basso, mescolando continuamente con la frusta per non far attaccare il composto. Quando avrà raggiunto la consistenza desiderata, togliere dal fuoco e lasciar intiepidire.

Prendere la pasta frolla dal frigo e disporla sulla carta da forno che poi andrà sullo stampo (del diametro di 24 o 26 cm). Poiché risulterà piuttosto dura all'inizio, darle dei colpi col mattarello, appiattendola il più possibile; stenderla solo alla fine. Disporre la carta da forno sulla teglia e rifinire i bordi. Praticare sulla base dei buchi con una forchetta, porvi sopra un foglio di carta da forno e dei legumi secchi, e cuocerla in bianco in forno preriscaldato a 200° per 10 minuti circa.
Quando sarà pronta, toglierla dal forno, eliminare legumi e carta, e versarvi sopra la crema pasticcera.
Sbucciare le mele e tagliarle a spicchi sottili, passandoli per poco nell'acqua affinché non anneriscano (oppure usare del succo di limone). Disporre gli spicchi sulla crema, dandogli una forma circolare.
Cuocere la crostata in forno già caldo a 180° per 35 minuti circa. Dopo averla sfornata, se si vuole rendere lucido l'aspetto delle fettine di mela, spennellare un po' di marmellata di albicocche; altrimenti, lasciare raffreddare e spolverizzare di zucchero a velo. Porre la crostata in frigorifero per almeno due ore prima di servirla.

martedì 15 dicembre 2009

Hakuna Matata - Polpettone


Polpettone, originally uploaded by la tartina.

Puntuale come il palinsesto Mediaset dicembrino (che prevede almeno una volta Mamma ho perso l'aereo 1 e 2 e Il Grinch) e i panettoni e i pandori sugli scaffali del supermercato (pregevole il pacchetto comprendente anche lo spumante Gancia), arriva ogni anno, insieme al Natale, il film Disney dell'anno. Veri e propri capolavori cinematografici sono stati partoriti dalle geniali menti degli sceneggiatori Disney, per allietare bimbi e famiglie annesse, provvisti di buste giganti di pop-corn e spaparanzati sui seggiolini del multisala. Mi ricordo che il fim Disney era da me atteso più o meno come l'arrivo di Babbo Natale: addirittura, la prima volta che misi piede in un cinema, fu per andare a vedere La Bella e la Bestia. Quelle storie hanno fomentato la mia - già di per sé, fervida fantasia: oltre che giocare con bambole e Playmobil, improvvisavo anche da sola dei veri e propri sketch, impersonando alternativamente principe Filippo/principessa Aurora (vedi La Bella Addormentata nel bosco), trovandomi però in estrema difficoltà al momento del bacio con risveglio; non mi sono fatta mancare neppure la Barbie/Pocahontas e il bel Ken/John Smith, biondazzo che all'epoca fece più strage di cuori di Leonardo Di Caprio in Titanic. Quelle canzoni hanno allietato le mie sedute al bagno e le mie docce: ancora mi ricordo le strofe del "Cerchio della vita", cantata da Ivana Spagna per il Re Leone(ancora dubbio l'inizio "Naaagoregnaaa obadìì obadààà" ... ), e le bellissime canzoni della Bella e la Bestia con tanto di teiere e candelabri danzanti. Quelle sceneggiature mi hanno fatto conoscere, inconsapevolmente in un primo tempo, la trama di tanti classici della letteratura, come Il Gobbo di Notre-Dame o Canto di Natale (magistrale l'interpretazione di Zio Paperone nella parte dell'avido ed egoista Scrooge) e forse, a parte la mia gatta Clementina, gli unici animali che ho realmente amato sono proprio quelli della Disney: che tenerezza i micini degli Aristogatti, per non parlare di Lilli e il Vagabondo (avevo anche i loro peluche, con cui intrattenevo simpatiche conversazioni)! Per non parlare poi degli insegnamenti di altruismo, coraggio e lealtà che i bambini possono apprendere dalle trame dei film in questione. Tuttavia, c'è da dire che, negli ultimi tempi, con l'avvento della tecnologia digitale, la Disney si è lasciata un po' prendere da manie tridimensionali: sempre più frequenti sono film da vedere con gli appositi occhiali per il 3D che lasciano un gran mal di testa, i disegni sono esclusivamente frutto della grafica in pixel e megapixel, le storie sono inconsistenti e scontate (per esempio, a me Atlantis non è piaciuto proprio). Mentre prima mi ero promessa di non perdermi neanche un film Disney sebbene l'età rendesse la cosa un po' patetica e fosse stato meglio cedere il posto in sala ai più piccoli, penso che la nuova piega presa dai colossal disneyani mi abbia dissuaso dal mio nobile intento di tenere alto il vessillo della mia romantica immaginazione . Sono però rimasta piacevolmente sorpresa quando, l'altro giorno, ho visto su un giornale la pubblicità del film Disney previsto per questo Natale: La Principessa e il Ranocchio. Innanzitutto, positivo è il fatto che i creatori siano quelli di La Sirenetta e di Aladdin. Poi, che la protagonista sia, dopo tante storie di avventura e di mistero, una principessa: le principesse Disney erano per me delle eroine, un po' come per qualcuno Giovanna D'Arco o Audrey Hepburn. Belle era la mia preferita (sognavo una biblioteca come quella che le regala la Bestia!), ma adoravo anche Aurora (probabilmente provando un po' di invidia per i suoi meravigliosi riccioli biondi e per quelle fatine che le stavano sempre intorno), Jasmine (era riuscita ad addomesticare una tigre), Pocahontas (lo spirito selvaggio che non riesce a coronare la sua storia d'amore, sequel a parte, ma si sa, i sequel sono sempre più scadenti) e Cenerentola; Ariel mi stava decisamente simpatica (col suo "arriccia-spiccia"); Biancaneve non era proprio nelle mie grazie per il suo poco spiccato acume (e paradossalmente sono paragonata a lei di aspetto, o perlomeno quando avevo i capelli a caschetto!) La nuova principessa si chiama Tiana, è una donna che sogna una carriera (aprire un ristorante, guarda caso), determinata, mancina, ma soprattutto... afro-americana! Il nuovo film segna una svolta, in quanto la principessa è nera, e i creatori giurano di averci pensato ben prima che comparisse in scena il ben noto Barak Obama con la moglie Michelle (i tempi richiesti per un film di animazione sono infatti molto lunghi, si parla di anni). La storia è quella celebre dei Grimm, ma rivisitata: arrivato nella New Orleans degli anni '20 in cerca di jazz, il principe Naveen viene tramutato in ranocchio da uno stregone. Convinto che debba ricevere il bacio di una principessa per tornare alle sue sembianze umane, convince Tiana a farsi baciare, ma così facendo è lei stessa a trasformarsi in rana. Mentre la Disney è stata tacciata di razzismo perché Tiana da umile serva riesce a riscattarsi dimostrando di essere una principessa (che poi succede sempre così, basti pensare a Cenerentola o a Belle), secondo me si tratta di un segno dei tempi che cambiano, e non posso che fare altro che appoggiare la scelta dei realizzatori della pellicola. Sapete una cosa? Quasi quasi quest'anno rispetto la tradizione... :)

In memoria del piatto di spaghetti mangiato da Lilli e il Vagabondo, che spostano le polpettine del ragù con il naso e si baciano grazie ad un complice filo di pastasciutta, vi posto oggi la ricetta del polpettone di mia mamma. Un piatto versatile che incontra i gusti di tutti, anche quelli dei bambini più capricciosi e diffidenti verso il cibo.


Polpettone

Ingredienti per 4 persone

400 g macinato magro di vitello
8 fette di pancarrè (oppure, per delle varianti più light 2 etti di ricotta o 4 fette di pancarrè con 1 etto di spinaci o bietole lessate)
un bicchiere di latte
1 mazzetto di prezzemolo
1 uovo
4 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato
1 pizzico di noce moscata
sale e pepe
una noce di burro
pangrattato

Procedimento

Privare le fette di pancarrè della crosta, ammollarle nel latte e strizzarle leggermente. Unire l'uovo e sbatterlo insieme al pane ormai ridotto in poltiglia. Aggiungere sale e pepe a piacimento, la noce moscata e il prezzemolo tagliato finemente, infine il macinato; amalgamare bene il tutto. Imburrare una teglia di 22 cm di diametro e cospargerla di pangrattato, quindi porvi sopra l'impasto e livellarlo. Cospargere nuovamente di pangrattato e far cuocere in forno preriscaldato a 200° per 25 min ca. Dopo averlo sfornato, tagliare a losanghe e servire.
Con lo stesso impasto possono essere realizzate delle polpette da cuocere in forno o fritte, o delle polpettine da aggiungere al pomodoro come condimento per la pasta.

sabato 12 dicembre 2009

A due a due - Plum cake al miele e yogurt greco

Ci sono quelle coppie inossidabili che mai per niente al mondo potrebbero separarsi, o avere lo stesso valore se poste da sole. Prendiamo, per esempio, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini: lei una lumaca rugosa dai capelli posticci, dagli enormi occhiali e dalla battuta pronta; lui un tenero e anziano anellide. Insieme: un'accoppiata vincente, storica nella televisione italiana, unita fino alla fine. Oppure Sherlock Holmes e Watson: lo scaltro investigatore e il suo coinquilino/amico che lo accompagna in tutte le sue avventure. Per non parlare di Topolino e Minnie, Asterix e Obelix e Ugo e Pina Fantozzi. Sono quelle coppie che staranno insieme per tutta la loro esistenza, e di cui ultimamente sentiamo la mancanza nella vita di tutti i giorni. Ormai rare sono le coppie destinate a non separarsi, ad affrontare ogni momento di rottura con forza, trovando appoggio e conforto vicendevolmente. Passando oltre, ci sono anche quelle coppie che si esaltano a vicenda, che si completano stando insieme, ma i cui singoli elementi possono essere concepiti benissimo anche fuori dal contesto della coppia. Prendiamo il connubio cioccolato&arancia, ormai super collaudato dal settore della cucina e della profumeria. I due gusti, stando insieme, acquistano un altro spessore. Tuttavia sono infingardi e traditori: il cioccolato sta stupendamente anche col peperoncino, l'arancia con la cannella. I tradimenti sono all'ordine del giorno. Jennifer Aniston e Brad Pitt, per esempio, sembravano appartenere alla prima categoria: adesso il bel Brad se la fa con l'Angelina però - mica scemi! Sempre più frequenti sono rotture e separazioni, molte volte anche per motivi futili e sciocchi, su cui si potrebbe benissimo passare oltre. Giovani coppie che si sposano troppo presto, per poi divorziare dopo pochi mesi. Se c'entra il tradimento, però, diventa un'offesa alla propria autostima. Tradimento non solo sessuale: ancora peggio può essere un tradimento affettivo, o culturale, o di pensiero. Sentirsi più libera di parlare col collega di lavoro piuttosto che con il partner, tradire la fiducia di un'amica. Infine, ci sono le coppie antagoniste, i cui componenti, pur essendo in contrasto, trovano completezza in questo rapporto tormentato. Chi sarebbe stato Achille se non ci fosse stato Ettore? Un eroe acheo tra i tanti, non certamente uno dei maggiori personaggi dell'"Iliade". E Federer trova maggiore gloria nello sconfiggere Nadal in una partita a tennis, invece che una delle Williams. O, più semplicemente, nell'ambito scolastico o lavorativo: se siamo in competenza con qualcuno, siamo spinti comunque a fare sempre del nostro meglio e a superare noi stessi.
I rapporti in una coppia, dunque, possono essere molteplici: bello è trovare quell'elemento che ci completa, che sia un uomo, che sia un paio di scarpe, tuttavia va sempre tenuto presente il detto "meglio soli che male accompagnati".

Oggi la ricetta di un cake nato dalla mia torbida mente e dall'unione di due ingredienti che costituiscono ormai una coppia di fatto: lo yogurt greco e il miele. La dolcezza del miele si sposa alla perfezione con il sapore acidulo dello yogurt, e la sua viscosa consistenza con la compattezza propria del prodotto caseario tipico della Grecia. Ho pensato, non sbagliandomi, che sarebbero stati bene anche in compagnia di uova, farina e zucchero e che avrebbero così rappresentato un'accoppiata vincente per la colazione.


Plum cake al miele e yogurt greco

Ingredienti

250 g farina 00
200 g yogurt greco Total 0%
100 g zucchero di canna
2 cucchiai colmi di miele d'acacia (o millefiori)
70-80 g latte
2 uova
50 g burro
mezza bustina di lievito per dolci
un pizzico di sale
una bustina di vanillina

50 g zucchero raffinato

Procedimento

Lavorare bene con la frusta, in una terrina, le uova e lo zucchero di canna. Quindi aggiungere anche lo yogurt greco, il burro fuso e il miele, amalgamando bene. Unire, poco alla volta, la farina setacciata col lievito, il sale, la vanillina e il latte (aggiungerne ancora se l'impasto non dovesse sembrare abbastanza morbido), continuando a mescolare. Ungere di burro uno stampo da plum cake, e ricoprirlo con lo zucchero raffinato, facendo in modo che aderisca alle pareti. Versarvi l'impasto appena preparato ed infornare in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti circa (vale la celeberrima prova-stecchino).

martedì 8 dicembre 2009

Serviamo il numero... - Strudel di ricotta alle mele


Strudel di ricotta alle mele, originally uploaded by la tartina.

Tra le mansioni tipiche del "mondo dei grandi"c'è sicuramente quella di fare la spesa: quando, da piccola, mia madre mi piazzava sul seggiolino del carrello riservato ai bambini, osservavo quegli scaffali con enorme curiosità, molte vole infilando di soppiatto barattoli impropri quando la mia progenitrice era occupata a fare altro. Il mondo del super o iper o rionale mercato che sia, mi ha da sempre affascinato: l'oculata scelta tra migliaia di prodotti, nuovi gusti da sperimentare. Tutto ciò non sembrava tanto una necessità, quanto un piacere. Adesso, fare la spesa, è un'incombenza in più che devo necessariamente svolgere quando torno a Firenze. Procacciarsi il cibo è comunque un bisogno che risale alla comparsa del primo uomo sulla terra, per non parlare delle specie animali che ci hanno preceduto. Se in antichità le armi da utilizzare erano lance, frecce e una buona dose di coraggio per poter affrontare un mammuth di mastodontiche dimensioni, adesso dobbiamo munirci di carrello, sacchetto della spesa (preferibilmente la sacca di tela, ecologica e riutilizzabile) e borsello. Ingrediente fondamentale per affrontare Coop, Esselunga, Penny Market, Ikea, Obi che sia, è anche un'esagerata quantità di pazienza. Il supermercato si è trasformato praticamente in una vera e propria giungla sociale. Non appena si varca la soglia provvista di porte a scorrimento automatico, ci si trovano di fronte le più disparate tipologie di persone. C'è la signora anziana che si sofferma di fronte agli yogurt, chiedendosi se quelli alla prugna saranno più efficaci per migliorare la sua peristalsi. C'è il vecchino che si sistema gli occhiali sul naso cercando di decifrare la lista della spesa scrittagli dalla moglie o dalla figlia,e che si piazza preciso in mezzo al corridoio impedendovi l'accesso ai mandarini. C'è la mamma coi pargoli viziati al seguito, che non si preoccupa se questi corrono, strepitano e urlano facendo deragliare il vostro carrello; il più delle volte questi esserini poco simpatici si prendono la licenza di trangugiare merendine appena prelevate dal banco-frigo, senza che i genitori si preoccupino di impedirglielo. C'è il single incallito, ormai fedele ai soliti prodotti: tra questi, estate e inverno, sono presenti wurstel e buste di cibi precotti. C'è la rompiscatole, che strazia i poveri operatori impegnati a trasportare casse di banane o a riporre i barattoli di fagioli al loro posto, facendosi finta di non accorgersi dei quanto mai esplicativi pannelli posti su ogni riparto ad indicare che cosa vi si può trovare. C'è il/la furbo/a che vuole saltare la fila a tutti i costi, anche se ci si trova alle casse veloci: il più delle volte sono gli stessi che vi passano davanti alle poste o in banca. C'è la Famiglia: mamma, babbo, figli, nonni, cugini e zii tutti insieme al supermercato, come fosse una gita fuori-porta. Invadono interi corridoi come una mandria di bufali, e se si è nei paraggi occorre scappare immediatamente oppure incunearsi nello scaffale più vicino. C'è l'amante degli animali, che riempie il carrello di mangimi e bocconcini al salmone aromatizzati alla paprika, che si preoccupa più del suo amico a quattro (o due) zampe (o pinne) che di se stesso. C'è l'attenta alla linea, in dieta perenne, che va spedita al reparto "prodotti salutistici" e che poi sta le ore a guardare (senza toccare, sia chiaro!) quello che offrono i reparti "gelati" e "caramelle, snack e merendine", anelando ad un briciolo di biscotto al cioccolato. E infine c'è il foodblogger, perenne indeciso per cui fare la spesa è un'arte, che si chiede se per una volta può sgarrare, e comprare la vanillina invece dell'estratto naturale di vaniglia che è tanto più buono e sano, ma che costa circa il triplo di più. E il riso basmati forse è meglio comprarlo ad un NaturaSì? E c'è differenza tra il pepe in grani e quello da macinare? Ecco, il foodblogger che va a fare la spesa deve mettere in conto che per le prossime due ore non sarà reperibile.

Oggi vi lascio la ricetta di una sorta di esperimento: ho messo insieme le ricette più svariate in circolazione (sul web e non) dello strudel, tipico dolce invernale, che mi riporta la memoria a quei deliziosi mercatini natalizi del Trentino Alto-Adige, ottenendo un esito sicuramente positivo. Ho optato per un impasto alla ricotta e un ripieno alle mele, piuttosto fedele alla tradizione. Il fatto è che ero davvero indecisa... sono o non sono una foodblogger?


Strudel di ricotta alle mele

Ingredienti

per la pasta:
100 g farina 00
85 g zucchero a velo
100 g ricotta
75 g burro
un cucchiaino di lievito per dolci
una bustina di vanillina

per il ripieno:
3 mele Golden
60 g zucchero di canna
50 g uvetta sultanina
30 g pinoli
3 cucchiai colmi di pangrattato
scorza di un limone e succo di una metà
un pizzico di cannella

per spennellare:
30 g burro

Procedimento

per l'impasto:
Passare al mixer la farina, lo zucchero e il burro. Unire anche la ricotta, il lievito e la vanillina. Frullare fino ad avere un composto omogeneo, formare una palla (se risultasse troppo morbida, incorporare un po' di farina), avvolgerla nella pellicola trasparente e riporre in frigorifero per almeno un'ora prima di stenderla.

per il ripieno:
Porre le uvette a rinvenire in una tazza di acqua tiepida. Nel frattempo, sbucciar e tagliare le mele a pezzi non troppo sottili, quindi bagnarle col succo del limone. Fare imbiondire il pangrattato sul fuoco con una noce di burro (per 2 minuti circa); aggiungervi la scorza del limone, la cannella e lo zucchero. Mescolare e unire anche le mele e le uvette ben strizzate.

Stendere la pasta, che deve risultare sottile, su un foglio di carta da forno ben infarinato. Disporvi sopra il ripieno in modo omogeneo, quindi, facendo attenzione a non rompere la pasta, avvolgerla con cautela, fino ad ottenere un "rotolo" da spennellare col burro fuso, dopo averlo posto sulla teglia rivestita da carta da forno. Infornare a 180° per 40-45 minuti circa. Aspettare che diventi tiepido, quindi spolverizzare di zucchero a velo e servire.

domenica 6 dicembre 2009

Caro Babbo Natale... - Chocolate Crinkle Cookies


Chocolate Crinkle Cookies, originally uploaded by la tartina.

Babbo Natale nasce in realtà come San Nicola, vescovo bizantino vissuto nel IV secolo, che si dice abbia regalato a tre fanciulle la dote affinché potessero sposarsi, anziché andare a prostituirsi. Diffusasi questa leggenda nel Medioevo, cominciò a diventare abituale lo scambiarsi dei doni nel giorno dedicato al santo (6 dicembre): successivamente l'usanza si spostò al giorno di Natale, e il santo divenne una figura popolare non solo nei paesi protestanti (assumendo altri nomi, come quello di Santa Klaus), ma anche in Europa. Va ricordato però che, fino a quel momento, Santa Klaus aka Babbo Natale era un essere alto, magro e macilento, vestito con una tunica verde. Lo scrittore Clement Clark Moore, invece, nel suo racconto "Una visita di San Nicola" (1848), lo aveva descritto come un elfo. Sebbene sia stata una multinazionale, la Coca-Cola, a diffondere la figura del rubicondo grassone dalla barba bianca vestito di rosso, tolga buona parte della poeticità a questa romantica novella, rimane il fatto che, a mio parere, Babbo Natale è una figura che deve necessariamente rimanere parte integrante dell'immaginario collettivo e dei ricordi d'infanzia (anche più di Sailor Moon o Denver). Innanzitutto, per un bambino è emozionante scrivere la letterina da spedire al Polo Nord in cui chiedere ciò che desidera a questo simpatico vecchietto: io, per esempio, ero oggetto del potere coercitivo di mia mamma che mi faceva chiedere, senza che me ne accorgessi, quello che lei aveva già in programma di comprarmi, conforme al budget dell'anno, ma comunque sempre in accordo coi miei gusti (ricorderò sempre di quando non desideravo altro che una Serenity dalla gonna rotante, che riusciva a ballare come una trottola impazzita se posta sul pavimento: quell'anno ricevetti il camper di Tanya). Poi è dolce pensare che, mentre si dorme, l'anziano signore in questione si calerà con la sua slitta trainata da renne, scenderà dal camino anche se in casa si è provvisti solamente di una stufa elettrica e del camino neanche l'ombra, riuscendo ad infilarvi la panza tanta e senza slogarsi e/o rompersi nessuna articolazione, e depositerà sotto l'albero i doni richiesti, per poi recarsi da un altro bambino. Per quanto mi riguarda, avevo sempre l'influenza per Natale (e anche in occasione delle gite scolastiche, merito del mio fattore C, ma questa è un'altra storia): tenere fotografie mi ritraggono sempre con due gote rossissime e lo sguardo lucido di febbre. Il più delle volte scartavo i regali la sera della Vigilia: per me Babbo Natale arrivava prima, almeno risparmiava un po' di tempo. Prima o poi, però, arriva per tutti il momento della verità (non conosco quarantenni che pensano di non ricevere niente da Babbo Natale solo perché sono cattivi con i colleghi). Traumatico è il momento in cui il bimbo comincia a ragionare e a rendersi conto che Babbo Natale è... una bufala! Una ciofeca! Un piacevole inganno! Per me accadde all'età di 7 anni e mezzo: una sera, dopo cena, distesa sul letto dei miei a leggere con mia madre accanto, cominciai a fare delle congetture. Com'era possibile che questo personaggio - tra l'altro abbastanza avanti con gli anni, non presentasse problemi di prostata e affaticamento e riuscisse, in una sola notte, a fare il giro del mondo portando regali ad ogni bambino? E le renne? Come facevano le renne a volare (non avevo mai incontrato nessun quadrupede in grado di spiccare il volo, l'esperienza insegna)? Piano piano, vedendo mia madre vacillare e sogghignare di fronte alle mie frequenti domande, arrivai alla più ovvia conclusione: Babbo Natale non esiste. Crollano miseramente di conseguenza anche la pluririspettata Fatina dei Denti e la Befana, mentre misteriosamente l'Uomo Nero continua a far parte degli incubi infantili (e non: a volte guardo ancora sotto il letto). Pensare che sono sempre stati i genitori - di soppiatto, a disporre accuratamente i regali sotto l'albero è straziante (ma anche venire a sapere che la dolcissima cugina di tua mamma si metteva un naso e un porro finto, una parrucca, dei vecchi abiti consunti e, ringobbita e con la voce falsata, si improvvisava una burbera Befana). Pensare ai regali di Natale diventa piacevole, ma non c'è più quell'attesa snervante, quella speranza di poter vedere almeno un piccolo rollo di grasso della rinomata pancia rossa, o la punta di uno stivale. Piano piano si comincia a diventare noi, i nuovi Babbo Natale: parenti e amici da soddisfare con regali più o meno costosi (un'altra rilevante questione potrebbe essere: come fa Babbo Natale a permettersi tutto quel materiale da distribuire agli elfi - sicuramente sottopagati, affinché fabbrichino i doni richiesti?). Per quanto mi riguarda, non aspetto neanche più la Vigilia o il giorno di Natale per scartare i regali. Quest'anno, per esempio, Babbo Natale è arrivato per me un mese prima, portandomi un Macbook portatile nuovo di zecca. A queste condizioni, non crederci più, diventa quasi sopportabile.

In ogni caso, se gli inguaribili romantici volessero lasciare comunque qualcosa da sgranocchiare al canuto amico di cui ho appena parlato, consiglio di preparare questi favolosi biscottini al cioccolato, che stanno ormai spopolando su tutti i foodblogs. La ricetta è quella di Sigrid: delizioso il contrasto tra la crosta croccante e l'interno morbido e scioglievole. Consiglio di sostituire il famigerato bicchiere di latte di accompagnamento con una tazzina di caffè espresso: l'accoppiata è vincente, e penso che anche Babbo Natale ve ne sarà grato.


Chocolate Crinkle Cookies

Ingredienti

175 g farina
175 g cioccolato fondente
150 g zucchero
55 g burro
2 uova medie
mezzo cucchiaino di lievito per dolci
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
mezzo cucchiaino di sale
60 g zucchero a velo

Procedimento

Far sciogliere, a bagnomaria, il cioccolato insieme al burro. Sbattere le uova insieme allo zucchero, per due minuti, poi aggiungere il cioccolato fuso, l’estratto di vaniglia, e incorporare finalmente la farina, il lievito e il sale. Quando il composto è omogeneo, metterlo al frigorifero per almeno due ore. Riprendere l’impasto, e formare delle palline di 3-4cm di diametro. Versare lo zucchero a velo in una ciotolina e passarci le palline di impasto prima di disporle su una teglia da forno rivestita con carta da forno (nota di tartina: lo zucchero a velo che si attacca all'impasto deve essere abbondante, sennò tende a sparire in cottura). Con il fondo di un bicchiere, schiacciare le palline in modo da ottenere dei biscotti di mezzo cm di spessore, e infornare per 10-15 minuti a 180°. Lasciar raffreddare su una griglia.

venerdì 4 dicembre 2009

Avoir le cafard - Quiche con patate, funghi e prosciutto

Esistono quelle giornate in cui si farebbe meglio a rimanere a letto, coccolati ed avvolti dalle calde coperte, piuttosto che svegliarsi col piede sbagliato. Per me oggi è proprio una di quelle tipiche giornate-no. Sveglia un quarto alle sette per andare a lezione, dopo aver fatto colazione e tirato fuori il sacco della spazzatura da portare urgentemente fuori (l'organico crea sempre dei seri problemi olfattivi nel sottolavello), mi sono accorta di un liquido marroncino sgorgante dallo stesso colpevole sacco. Con la paura di prendere una qualche infezione non curabile, mi sono armata di fogli su fogli di scottex e sgrassatore e ho pulito l'inquietante secrezione. Lo dovevo prendere come un segnale nefasto, e invece no. Da buona scettica, ho proseguito con le mie mansioni. Dopo una veloce truccatina e un'accuratissima piastratura ai capelli (era commovente come se ne stavano lisci e lucenti sulle mie spalle!), ho deciso di mettere gli occhiali, visto che sono nuovi e mi metto sempre le lenti a contatto. Mai scelte potevano essere così infelici: il portone di vetro del condominio ha mostrato a me armata di ben due sacchi dell'immondizia in mano (di cui uno sicuramente radioattivo, ricordo) e una borsa, il diluvio imperversante fuori, con tanto di cielo buio e apocalittico. Una volta fuori, con un guanto solo, la mano nuda che reggeva l'ombrello e i sacchi tra le braccia, un vento gelido mi ha sferzato il viso: gli occhiali si sono riempiti di goccioline, gli occhi hanno cominciato a lacrimare e il naso a colare. Facendo acrobazie impensabili per le mie capacità motorie, sono riuscita a scaraventare i sacchi negli appositi cassettoni e a trotterellare alla fermata dell'autobus. È seguito un impervio tragitto dalla fermata dell'autobus all'università: ho scansato pozze alte 3 metri con scarsi risultati, che era quasi meglio se andavo in canoa. Misteriosamente, i miei stivaletti di pelle caldi e ben sigillati, si sono riempiti d'acqua. Sentivo distintamente l'acqua che stava inzuppando i collant anti-stupro contro il freddo assassino della giornata. Arrivata a lezione, mi sono precipitata in bagno, per vedere la mia condizione: un disastro. I capelli erano diventati una matassa informe e aggrovigliata, opaca e contorta, la sciarpa pendeva da un lato sfidando la legge di gravità, la mia faccia non lasciava presagire niente di buono. Tralasciamo il "no, ma stai bene!" della compagna priva di giudizio critico trovata dentro al bagno (tutti gli altri commentavano con un laconico "Sarà l'umidità...", guardandomi impietositi). Come se non bastasse, poiché la professoressa è arrivata con mezz'ora di ritardo, la lezione di biologia si è protratta e, giustamente, mi ha fatto perdere l'autobus. Ho dovuto aspettare mezz'ora al gelo, in mezzo alla tempesta. Critico è stato il momento in cui, con tanto di valigia, due borse, ombrello e sacco della spazzatura annesso (non me la sentivo di lasciare lì a decomporsi tutti quei rifiuti), è arrivato il momento di lasciare l'appartamento per tornare a casa. Probabilmente qualcuno si è davvero accanito contro di me oggi, perché si è spezzata la chiave all'interno della serratura. Utilizzando le unghie a mo' di pinzetta, sono riuscita ad estrarre la parte incriminata e a fuggire alla fermata dell'autobus per raggiungere la stazione. La situazione all'interno del mezzo era già abbastanza critica (sembravo una sfollata nevrotica, cercando di rimanere in equilibrio armata di tutta quella roba), ma è diventata insostenibile quando l'autobus si è imbottigliato nel traffico, per colpa di 3 semafori disposti in sequenza che rimanevano rossi per 10 minuti e diventavano verdi per 2 secondi, giusto il tempo di far passare una bicicletta. Ancor più insostenibile è diventata quando uno sgradevole odore ha cominciato a diffondersi per il ristretto abitacolo (ancora non sono sicura se fossero delle flatulenze provenienti dalla coppia di vecchietti affetti da senile aerofagia alla mia destra o il risultato di un lavaggio decisamente poco accurato o addirittura inesistente del pakistano alla mia sinistra). Boccheggiando e cercando di captare il poco ossigeno rimasto, coi capelli infilati nella sciarpa come una cuffia da piscina e ormai abbandonati al loro triste destino, ho preso coscienza della triste situazione: concluso quell'interminabile viaggio, ho avuto solamente 5 minuti per entrare in stazione (il semaforo per pedoni, una volta scesa dall'autobus, è di conseguenza diventato rosso), acquistare il biglietto, obliterarlo e prendere il treno. Treno che è sempre in ritardo, ma che almeno per stavolta, ha pensato bene di essere in orario (era una congiura?). Infilandomi sul primo vagone, mi sono fatta chilometri di corridoio con le valigie, cercando un misero posto. Non sto neanche a dire che l'ho trovato solamente quando ero a metà viaggio e che diluviava anche quando sono scesa dal treno. Ah, dimenticavo. Proprio ora mi sono accorta di aver dimenticato il mio prezioso braccialetto porta-fortuna sul tavolo della cucina a Firenze e che, a causa del ponte dell'Immacolata, non lo potrò riprendere fino a mercoledì. Non sarà mica un altro presagio?

Oggi la ricetta di una quiche deliziosa, perfetta come piatto unico o da tagliare a cubetti per l'aperitivo o come antipasto; è buona sia calda, sia fredda, quindi estremamente versatile. E, aspetto da non sottovalutare, molto leggera rispetto alle torte salate che prevedono l'utilizzo della pasta sfoglia confezionata (personalmente il suo gusto tende a risultare stucchevole a lungo andare, quindi finalmente mi sono decisa a provare la pasta da quiche di monsieur Felder, davvero fenomenale) e della panna (la ricetta-rivelazione è quella di Camomilla). Via su, anche se la luna è storta, la quiche è riuscita bene :)


Quiche con patate, funghi e prosciutto

Ingredienti

per la pâte à quiche:
200 g di farina 00
5 g di sale
90 g burro a pezzetti
1 uovo
20 g di acqua

per il ripieno:
300 g funghi
3 patate (500 g circa)
uno spicchio d'aglio
70 g prosciutto salato
1 uovo
100 ml yogurt bianco non zuccherato
100 ml latte
4 cucchiai di parmigiano grattugiato
un ciuffetto di prezzemolo
pangrattato
olio extravergine di oliva
sale, pepe

Procedimento

per la pâte à quiche:
Lavorare la farina con il sale e il burro freddo, finché non saranno perfettamente amalgamati. Unire anche l'uovo leggermente sbattuto e l'acqua e impastare fino ad ottenere un composto omogeneo. Coprire con pellicola trasparente e porre in frigorifero per 2 ore.

per il ripieno:
Pulire le patate, sbucciarle e lessarle in acqua bollente salata. Scolarle non appena l'acqua riprende il bollore, quindi tagliarle a pezzetti e passarle nel pangrattato.
Far saltare i funghi spezzettati in padella con olio e aglio; salare e pepare. Lasciarli asciugare bene dall'acqua che formeranno in cottura, toglierli dal fuoco ed aggiungere il prezzemolo tritato. Unire i funghi alle patate ormai fredde, e infine anche il prosciutto tagliato a striscioline.

Stendere la pasta da quiche in una tortiera di 26 cm di diametro rivestita da carta da forno, in modo che sia spessa circa 3 mm. Bucherellarla e versarvi sopra il composto di patate, funghi e prosciutto. In un'altra ciotola sbattere l'uovo con lo yogurt, il latte e il parmigiano, regolando di sale e pepe. Unire al composto precedente e infornare la torta salata in forno preriscaldato a 180° per 35-40 minuti.


p.s.: il titolo del post si riferisce ad un detto francese che traduce il nostro "giornata nera". Avoir le cafard però, letteralmente, significa "Avere lo scarafaggio".